Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27441 del 29/12/2016
Cassazione civile, sez. VI, 29/12/2016, (ud. 08/11/2016, dep.29/12/2016), n. 27441
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9186/2014 proposto da:
MINISTERO DELLA SALUTE, (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
D.B.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
MARZIALE 7 B, presso lo studio dell’avvocato AMALIA RE, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUIGI DELUCCHI, giusta
procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 481/2013 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, del
24/10/2013 depositata il 12/11/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio
dell’08/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;
udito l’Avvocato Letizia Luciana (delega verbale) difensore della
controricorrente che si riporta agli scritti.
Fatto
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
La Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza di primo grado che in accoglimento del ricorso proposto da D.B.A. aveva accertato che la stessa per effetto di una pregressa epatite C connessa ad emotrasfusione aveva riportato un danno irreversibile ascrivibile alla categoria 8^ della tabella A allegata al D.P.R. n. 834 del 1981 e dunque aveva diritto a percepire l’indennizzo previsto dalla L. n. 210 del 1992, art. 2, commi 1 e 2, alla rivalutazione dell’indennità integrativa speciale ed alla corresponsione degli accessori dovuti per legge sui ratei maturati della prestazione. Ricorre il Ministero della Salute sulla base di un unico articolato motivo con il quale denuncia la violazione del D.P.R. n. 834 del 1981, art. 11 e dell’art. 115 c.p.c., oltre che e la violazione falsa applicazione della L. n. 210 del 1992, art. 1, comma 3 e della L. n. 210 del 1992, art. 4, nonchè della tabella A allegata al D.P.R. n. 834 del 1981, tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Resiste con controricorso la D.B..
Tanto premesso il ricorso è manifestamente infondato e deve essere rigettato con ordinanza in Camera di consiglio.
Le sezioni unite della cassazione, con la sentenza n. 8064 del 2010, hanno stabilito che “la L. 25 febbraio 1992, n. 210, art. 1, comma 3, letto unitamente al successivo art. 4, comma 4, deve interpretarsi nel senso che prevede un indennizzo in favore di coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali sempre che tali danni possano inquadrarsi, pur alla stregua di un mero canone di equivalenza, e non già secondo un criterio di rigida corrispondenza tabellare, in una delle infermità classificate in una delle otto categorie di cui alla tabella B annessa al testo unico approvato con D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, come sostituita dalla tabella A allegata al D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834, rientrando nella discrezionalità del legislatore, compatibile con il principio di solidarietà (art. 2 Cost.) e con il diritto a misure di assistenza sociale (art. 38 Cost.), la previsione di una soglia minima di indennizzabilità del danno permanente alla salute nel caso di trattamenti sanitari non prescritti dalla legge o da provvedimenti dell’autorità sanitaria”.
Se pertanto un danno temporaneo (e come tale reversibile) non da luogo all’indennizzo in esame nè nel caso di trattamenti sanitari prescritti per legge, quali le vaccinazioni obbligatorie, nè in quello di trattamenti ordinari, quali emotrasfusioni e somministrazione di emoderivati, ove tuttavia il danno sia permanente (e quindi irreversibile) e risulti catalogabile o parametrabile ad una delle otto categorie della richiamata tabella A, deve ritenersi integrato il presupposto per l’insorgenza del diritto all’indennizzo.
Orbene nel caso in esame la Corte territoriale, pur avendo registrato che per effetto dei trattamenti ai quali la D.B. si era sottoposta vi era stata una remissione virologica dell’infezione da virus C, tuttavia ha verificato la permanenza di un danno alla salute, accertato dal consulente e ritenuto ascrivibile all’ottava categoria della Tabella A allegata al D.P.R. n. 834 del 1981.
Con accertamento di merito, non censurabile in sede di legittimità, è stato quindi ritenuto integrato il requisito necessario per ottenere il beneficio azionato in conformità con le regole dettate dalla Cassazione che anche con la sentenza n. 17158 del 2008, richiamata dall’amministrazione ricorrente, ha inteso delimitare la possibilità di riconoscere l’indennizzo ex L. n. 210 del 1992, non in presenza di una infermità di qualsiasi natura, e quindi di un danno alla salute con conseguenze non conclamate e non avvertibili anche nella vita lavorativa quotidiana, ma limitandolo ai casi in cui la patologia accertata fosse classificabile tra quelle indicate nella tabella A (anche in via parametrica come affermato dalle sezioni unite più sopra richiamate).
In conclusione poichè nel caso in esame il consulente, alle cui conclusioni ha aderito la corte di merito, ha accertato l’esistenza di una patologia inquadrabile appunto nell’ottava categoria di detta tabella correttamente è stata confermata l’esistenza del diritto della D.B. al chiesto indennizzo.
Per tutto quanto sopra considerato il ricorso, manifestamente infondato deve essere respinto.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
PQM
La Corte, rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 3000,00 per compensi professionali, Euro 100,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie ed accessori dovuti per legge.
Così deciso in Roma, il 8 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2016