Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27438 del 20/11/2017


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Civile Ord. Sez. U Num. 27438 Anno 2017
Presidente: CANZIO GIOVANNI
Relatore: TRIA LUCIA

Data pubblicazione: 20/11/2017

ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 14117-2016 proposto da:
MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– ricorrente contro

VINCENTI SALVATORE, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato ANDREA BAVA;
– con troricorrente avverso la sentenza n. 35/2016 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
24/10/2017 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.
RICCARDO FUZIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati Giancarlo Pampanelli per l’Avvocatura Generale dello
Stato ed Andrea Bava.
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che, con sentenza n. 147/2015 il Tribunale di Trieste ha
accolto la domanda proposta da Salvatore Vincenti al fine di ottenere
i benefici previsti in favore delle vittime del dovere e dei soggetti ad
esse equiparati, con adeguamento dell’importo dell’assegno vitalizio
in misura pari ad euro 500,00 al mese e rivalutazione delle
percentuali di invalidità, di cui all’art. 6 della legge 3 agosto 2004, n.
206;
che la Corte d’appello di Trieste, con sentenza depositata il 31
marzo 2016, ha respinto l’appello del Ministero della Difesa,
confermando la sentenza di primo grado e precisando, per quel che
qui interessa, che:
a) la presente controversia è devoluta alla giurisdizione del
giudice ordinario, attenendo ad un diritto soggettivo di tipo
assistenziale;
b) al Vincenti, quale vittima del dovere, spetta l’assegno vitalizio
mensile di uguale ammontare rispetto all’analogo assegno attribuito
alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata;

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depositata il 31/03/2016.

c) è da escludere che la rivalutazione delle percentuali di
invalidità, di cui all’art. 6 della legge n. 206 del 2004, sia da riferire
soltanto alle prestazioni già liquidate e indennizzate al momento
dell’entrata in vigore della legge stessa e non anche alla presente
fattispecie, nella quale la prestazione è stata richiesta nel 2009 e

lesioni subite nel 1992), perché questo equivarrebbe a differenziare il
trattamento di eventi simili sulla unica base del “casuale fattore
temporale”;
d) invece, ogni valutazione al riguardo va effettuata con canoni
omogenei e quindi facendo applicazione del d.P.R. n. 181 del 2009,
che è volto a dettare una disciplina univoca e generale, per
l’applicazione dell’art. 6 della legge n. 206 del 2004 (Cass. 27 maggio
2014, n. 11834);
e) infine, va rilevata la carenza di interesse sul punto da parte
del Ministero della Difesa, in quanto la percentuale di invalidità
permanente stimata dal CTU in primo grado nella misura del 35% è
sufficiente al riconoscimento di quanto richiesto dal Vincenti, sicché
l’eventuale esclusione del danno morale e di quello biologico, sarebbe
ininfluente;
che per la cassazione di tale sentenza il Ministero della Difesa ha
proposto ricorso per tre motivi, con i quali ha, rispettivamente,
denunciato: 1) in relazione all’art. 360, n. 1, cod. proc. civ.,
violazione dell’art. 63, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art.
133, comma 1, del c.p.a. di cui al d.lgs. n. 104 del 2010, per difetto
di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice
amministrativo, in ragione della natura della posizione giuridica
soggettiva azionata (interesse legittimo), di cui i giudici del merito
non avrebbero tenuto conto (primo motivo); 2) in relazione all’art.
360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 1,
comma 562, della legge n. 266 del 2005 e dell’art. 4 del d.P.R. n. 234

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corrisposta solo a partire dal 23 novembre 2010 (anche se a fronte di

del 2006, sull’assunto della erroneità della disposta attribuzione
dell’assegno vitalizio nella misura di euro 500,00 mensili (secondo
motivo); 3) in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e
falsa applicazione dell’art. 6 della legge n. 206 del 2004 e del d.P.R.
n. 181 del 2009, in quanto la rivalutazione delle percentuali di

nella specie perché riguarda solo le indennità già liquidate e
indennizzate quando è entrata in vigore la legge n. 206 cit. (cioè il 26
agosto 2004), mentre il Vincenti ha ottenuto la liquidazione del
beneficio il 23 novembre 2010 (terzo motivo);
che Salvatore Vincenti ha resistito con controricorso;
che il 4 ottobre 2017 il Ministero della Difesa, per il tramite
dell’Avvocatura generale dello Stato, ha depositato regolare atto di
rinunzia parziale al ricorso, per essere sopravvenute la sentenza delle
Sezioni Unite 13 settembre 2016, n. 23300 – nella quale è stato
chiarito che in relazione ai benefici di cui all’art. 1, comma 565, della
legge n. 266 del 2005 in favore delle vittime del dovere, il legislatore
ha configurato un diritto soggettivo, e non un interesse legittimo e
che tale diritto non rientra nell’ambito di quelli inerenti il rapporto di
lavoro subordinato dei dipendenti pubblici ed ha natura
prevalentemente assistenziale, sicché la competenza a conoscerne è
regolata dall’art. 442 cod. proc. civ. e la giurisdizione è del giudice
ordinario, quale giudice del lavoro e dell’assistenza sociale – e la
sentenza delle Sezioni Unite 27 marzo 2017, n. 7761, con la quale è
stato precisato che in favore delle vittime del dovere e dei soggetti ad
essi equiparati, l’ammontare dell’assegno vitalizio mensile è uguale a
quello dell’analogo assegno attribuito alle vittime del terrorismo e
della criminalità organizzata, essendo la legislazione primaria in
materia permeata da un simile intento perequativo ed in conformità
al principio di razionalità-equità di cui all’art. 3 Cost., come risulta dal

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invalidità prevista dal richiamato art. 6 non può trovare applicazione

”diritto vivente” rappresentato dalla costante giurisprudenza
amministrativa ed ordinaria;
che tali sopravvenienze hanno determinato il Ministero a
rinunciare ai primi due motivi di ricorso, insistendo per l’accoglimento
del terzo motivo;

depositato memorie ex art. 378 cod. proc. civ.
Considerato

che il suindicato atto di rinuncia è stato

regolarmente notificato alla controparte;
che la rinuncia è un atto unilaterale a carattere recettizio che,
una volta pervenuto a conoscenza della controparte, produce i propri
effetti a prescindere dalla accettazione – di cui, nella specie, non si ha
notizia – la quale rileva esclusivamente ai fini del regime delle spese;
che, peraltro, il sopravvenuto atto di rinuncia parziale al ricorso
del Ministero della Difesa determina l’estinzione del processo con
riguardo alle questioni oggetto dei primi due motivi di ricorso;
che, in particolare, tale estinzione riguarda anche la
contestazione della devoluzione della presente controversia al giudice
ordinario, affermata dalla Corte territoriale in conformità con
l’indirizzo interpretativo di questa Corte;
che, in conclusione, con la presa d’atto della rinuncia parziale del
Ministero ricorrente relativa pure al primo motivo del ricorso,
riguardante la questione di giurisdizione, si esaurisce l’esame delle
censure di competenza delle Sezioni Unite e quindi gli atti devono
essere rimessi, ai sensi dell’art. 142 disp. att. cod. proc. civ., alla
Sezione Lavoro della Corte, per l’ulteriore corso, ivi comprese le
spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte, a Sezioni Unite, dato atto della rinuncia del Ministero
ricorrente al primo motivo, concernente la giurisdizione, rimette la

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che in prossimità della presente udienza entrambe parti hanno

causa davanti alla Sezione Lavoro della Corte per l’ulteriore corso, ivi
comprese le spese del presente giudizio di cassazione.

IL CANCE
Paola Francesca

ERE
LI
ASys”:

Così deciso in Roma il 24 ottobre 2017.

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