Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27437 del 28/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 28/10/2019, (ud. 30/05/2019, dep. 28/10/2019), n.27437

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5176-2018 proposto da:

F.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA PISANA 13,

presso lo studio dell’avvocato CLAUDIA D’AMICO, rappresentato e

difeso dall’avvocato BARBARA LENISA;

– ricorrente –

contro

SELMABIPIEMME LEASING SPA, in persona del Procuratore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio

dell’avvocato ORLANDO SIVIERI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ANNA MARIA FABRIS;

– controricorrente –

contro

M.S.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1178/2017 del TRIBUNALE di VICENZA, depositata

il 07/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ENZO

VINCENTI.

Fatto

RITENUTO

che, con ricorso affidato a tre motivi, F.D., ha impugnato, a seguito dell’ordinanza di inammissibilità ex art. 348-bis c.p.c., della Corte di Appello di Venezia del 28/11/2017, la sentenza del Tribunale di Vicenza la quale accoglieva la domanda attorea, dichiarando l’inefficacia, ex art. 2901 c.c., nei confronti di Selmabipiemme Leasing S.p.A., della disposizione con cui, in virtù del verbale di separazione consensuale omologato dal Tribunale di Treviso con decreto del 11/01/2013 e trascritto dinanzi all’organo competente, F.D. trasferiva alla moglie M.S. la piena titolarità di beni immobili, con conseguente condanna in solido di quest’ultimo a rifondere le spese di lite a parte attorea;

che il Tribunale di Vicenza, per quanto in questa sede rileva, segnatamente osservava che: 1) sussistevano tutti i requisiti ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria: a) l’esistenza, indipendentemente dalla possibilità di parte convenuta di contestare ancora la validità del decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Trento a favore dell’odierno attore e non opposto per pattuizioni contra legem, di un credito, seppur litigioso, in capo a Palladio leasing S.p.A.; b) l’esistenza dell’eventus damni in quanto, potendo essere oggetto di azione revocatoria il trasferimento immobiliare effettuato da un coniuge ad un altro in ottemperanza ad obblighi assunti in sede di separazione consensuale omologata e non sussistendo le preclusioni di cui all’art. 2901 c.c., comma 3, il debitore con tale disposizione ha diminuito la garanzia patrimoniale per il creditore, rendendo più difficile far valere le ragioni creditorie; c) l’esistenza del consilium fraudis in capo al fideiussore, il quale, oltre alle qualità ricoperte all’interno della società di cui era garante, ha effettuato l’atto dispositivo in questione in un momento successivo alla manifestazione dell’intenzione di parte creditoria, essendo ben a conoscenza del pregiudizio che una tale cessione avrebbe comportato alle suddette ragioni creditorie; d) l’esistenza della partecipatio fraudis della moglie in virtù della vicinanza tra i due coniugi dovuta per la presenza di figli e per le vicende relative alla costituzione e risoluzione del fondo patrimoniale nel corso del 2012, inerente proprio agli stessi beni immobili oggetto della disposizione in questione;

che resiste con controricorso Selmabipiemme Leasing S.p.A., mentre non svolge alcuna attività difensiva l’intimata M.S.;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

a) con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 2901,1418,1421,1422,1815 c.c., del D.L. n. 394 del 2000, art. 1, convertito dalla L. n. 24 del 2001, art. 24, 111 Cost., commi 2 e 3, nonchè “l’omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia” ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver il Tribunale di Vicenza ritenuto sussistere il credito ai fini dell’azione revocatoria ordinaria, seppur litigioso, non cogliendo, in tal modo, la vera censura mossa dall’odierno ricorrente vertente sulla nullità del titolo – rilevabile d’ufficio in qualunque stato e grado del giudizio – su cui si fondava la ragione del credito stesso, in quanto si trattava di contratti di leasing contrari alle norme imperative in materia di usura;

a.1) il motivo è inammissibile in tutta la sua articolazione.

Anzitutto, quanto alla censura che attiene al vizio motivazionale dedotto alla stregua del paradigma di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, non più vigente e inapplicabile ratione temporis, mentre, alla stregua dell’attuale formulazione di detta norma processuale (applicabile nel presente giudizio di legittimità), il sindacato di questa Corte sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, nonchè all’omesso esame di fatti storici decisivi e discussi tra le parti (Cass., S.U., n. 8053/2014).

Quanto, poi, alla doglianza che postula l’insussistenza del credito per la nullità dei contratti di leasing in quanto contrari a norme imperative in materia di usura, essa è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, non essendo in grado di scalfire il principio – cui si conforma la sentenza impugnata – per cui il credito litigioso, che trovi fonte in un atto illecito o in un rapporto contrattuale contestato in separato giudizio, è idoneo a determinare l’insorgere della qualità di creditore abilitato all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto dispositivo compiuto dal debitore, con la conseguenza che non si dà ipotesi di sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c., in rapporto alla pendenza della controversia sul credito da accertare e per la cui conservazione è stata proposta domanda revocatoria, nè si configura un conflitto di giudicati tra la sentenza che, a tutela dell’allegato credito litigioso, dichiari inefficace l’atto di disposizione e la sentenza negativa sull’esistenza del credito (Cass., S.U., n. 9440/2004, Cass. n. 2673/2016, Cass. n. 3369/2019; là dove il precedenza citato in ricorso – Cass., S.U., n. 14828/2012 – non è pertinente rispetto all’azione revocatoria).

E ciò senza tener conto che il ricorrente neppure censura la ratio decidendi della sentenza impugnata che ha ritenuto ininfluenti le critiche a suo tempo mosse avverso la definitività del decreto ingiuntivo, la cui mancata opposizione, peraltro, ne determina gli effetti di giudicato preclusivi di successiva contestazione sul titolo negoziale a fondamento dell’ingiunzione (Cass. n. 28318/2017);

b) con il secondo mezzo è rilevata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 2901,2727 e 2729 c.c., nonchè l’omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver il Tribunale violato il divieto di “praesumptio de praesumptio” ritenendo sussistente la partecipati fraudis partendo da un fatto presunto – la vicinanza tra i coniugi – per desumere il fatto non noto della conoscenza degli ingenti debiti personali del marito nei confronti della Palladio Leasing S.p.A. e della crisi che della società di cui era titolare;

b.1) Il motivo è in parte inammissibile e in parte manifestamente infondato.

Inammissibile, alla stregua delle considerazioni svolte sub a.1), per quanto riguarda la doglianza che evoca l’art. 360 c.p.c., n. 5, nella formulazione non più vigente.

Manifestamente infondato in quanto nella sentenza impugnata la circostanza della consapevolezza della moglie del F., terzo acquirente, nel gennaio 2013, degli ingenti debiti del marito verso la società di leasing e della crisi della (OMISSIS) s.r.l. di cui lo stesso marito era legale rappresentante e socio unico, è stata desunta da dati reali ed effettivi non solo (e non tanto) in ragione del pur persistente rapporto di coniugio, in costanza di separazione personale, ma, segnatamente, in forza degli elementi (comprovati) della “presenza dei figli” e, soprattutto, delle “vicende relative alla costituzione e risoluzione del fondo patrimoniale, nel corso del 2012, inerente proprio ai beni immobili” oggetto di revocatoria (fondo costituito nel giugno 2012, risolto già il 5 dicembre 2012, là dove nello stretto torno di poco più di due mesi si aveva poi l’emissione dei decreti ingiuntivi – 20 dicembre 2012 -, la separazione personale dei coniugi con cessione degli unici immobili del F. alla moglie – 11 gennaio 2013 – e il fallimento della (OMISSIS) s.r.l. – (OMISSIS)), comportanti, indubbiamente, un rapporto specifico e reale tra debitore e terzo acquirente;

c) con il terzo mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., per aver erroneamente il primo giudice condannato esso F. e la M. in solido alla rifusione delle spese di lite pur in presenza di una questione nuova, quale era quella relativa alla natura di atto a titolo oneroso o gratuito dell’atto o negozio giuridico di trasferimento dei diritti in sede di separazione;

c. 1) il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, contrastando con il consolidato principio di diritto (rispetto al quale non si forniscono argomenti per mutare orientamento) secondo cui, in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi” (tra le molte, Cass. n. 15317/2013, Cass. n. 8421/2017, Cass. n. 24502/2017);

che il ricorso va, pertanto, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento, in favore della società contro ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo, mentre non occorre provvedere alla regolamentazione di dette spese nei confronti della parte intimata che non ha svolto attività difensiva in questa sede.

PQM

rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento, in favore di parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-3 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 30 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2019

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