Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27437 del 20/11/2017


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Civile Sent. Sez. U Num. 27437 Anno 2017
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: PERRINO ANGELINA MARIA

Data pubblicazione: 20/11/2017

SENTENZA
sul ricorso 16924-2015 proposto da:
A.M.I.U. GENOVA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliatosi in ROMA, VIA A. FARNESE 7,
presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO BERLIRI, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato ANTONIO LOVISOLO;
– ricorrente –

contro
PALLAVERA ENRICO, PITTALUGA LORENZO, CARIOTI ALDO, FOSSATI
SERGIO, DI GENNARO SANDRO, elettivamente domiciliatisi in ROMA,
VIA TEVERE 16, presso lo studio dell’avvocato GIANNA VALERI, che li
rappresenta e difende unitamente agli avvocati ENRICO IVALDI e

– con troricorrenti nonchè contro
FACCHIN OSCAR GIACOMO, FIORE DANILO, GINNANTE FULVIA,
RESCA ERMES, OTTOCHIAN MARIA GRAZIA;
– intimati avverso la sentenza n. 4163/2014 del TRIBUNALE di GENOVA,
depositata il 24/12/2014.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/10/2017 dal Consigliere ANGELINA-MARIA PERRINO;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’avvocato generale
MARCELLO MATERA, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatti di causa.
Un gruppo di utenti, in numero di dieci, chiese ed ottenne dal
giudice di pace di Genova la condanna della s.p.a. A.M.I.U. Genova a
restituire loro le somme indebitamente corrisposte a titolo di iva in
occasione del pagamento della Tariffa di igiene ambientale (TIA).
La Corte d’appello di Genova, adita dalla società, ha rigettato il
gravame. Ha al riguardo respinto l’eccezione di carenza di
giurisdizione, richiamando la giurisprudenza di queste sezioni unite
che ha escluso la configurabilità di un rapporto di natura tributaria
tra il consumatore finale ed il prestatore di servizio o fornitore; ha
respinto l’eccezione d’inammissibilità dell’appello ex art. 339 c.p.c.
limitatamente alla riproposizione dell’eccezione di prescrizione,

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oqà.

GIORGIO GIORGI;

trattandosi di una pronuncia resa dal giudice di pace secondo equità;
ha escluso l’acquiescenza eccepita dagli appellati e, nel merito, ha
negato che alla TIA possa essere applicata l’iva, affermando la piena
compatibilità della disciplina interna con quella unionale.
Contro questa sentenza propone ricorso la s.p.a. A.M.I.U. per

con la sesta la proposizione di una questione pregiudiziale alla Corte
di giustizia dell’Unione europea.
Cinque dei dieci utenti replicano con controricorso, che illustrano
con memoria; gli altri cinque non svolgono difese.
Ragioni della decisione.
1.- Col primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360, 10 co., n.
1, c.p.c., la società denuncia l’erroneità della sentenza impugnata, là
dove la Corte d’appello di Genova non ha dichiarato il proprio difetto
di giurisdizione in favore di quella del giudice tributario.
Il motivo, ammissibile, in quanto, contrariamente a quanto
sostenuto in controricorso, l’impugnazione in appello del
corrispondente punto della sentenza di primo grado ha impedito la
formazione del giudicato implicito sul punto, è però infondato.
1.1.- Va difatti ribadito l’orientamento già fissato da queste
sezioni unite (con ordinanza 28 gennaio 2011, n. 2064) in base al
quale, in tema di iva, spetta al giudice ordinario la giurisdizione in
ordine alla domanda proposta dal consumatore finale nei confronti
del professionista o dell’imprenditore che abbia effettuato la cessione
del bene o la prestazione del servizio per ottenere la restituzione
delle somme addebitategli in via di rivalsa.
Il soggetto passivo dell’imposta è difatti esclusivamente colui che
effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi; sicché la
controversia in questione non ha ad oggetto un rapporto tributario
tra contribuente ed amministrazione finanziaria, ma un rapporto di
natura privatistica tra soggetti privati, che comporta un mero

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ottenerne la cassazione, che affida a cinque censure, sollecitando

accertamento incidentale in ordine alla debenza ed all’ammontare
dell’imposta applicata in misura contestata.
Il che vale anche quando il debito iva sia totalmente contestato,
come appunto nell’ipotesi di indebita applicazione di tale imposta alla
tariffa comunale di igiene ambientale (Tia), poiché si tratta in ogni

del potere impositivo sussumibile nello schema potestà-soggezione,
proprio del rapporto tributario.
1.2.- Il principio è stato di recente ribadito anche con riguardo
alla controversia insorta tra il prestatore ed il destinatario della
prestazione, in ordine alla pretesa rivalsa dell’IVA esposta in fattura
(Cass., sez. un., 31 maggio 2017, n. 13721; 4 aprile 2016, n. 6451).
1.3.- Anche la giurisprudenza unionale non dubita che l’azione
esercitata, per il rimborso dell’imposta illegittimamente versata, dal
fruitore dei beni o dei servizi nei confronti del fornitore sia un’azione
di ripetizione d’indebito di rilevanza civilistica (vedi, in tema di iva,
Corte giust. 15 dicembre 2011, causa C-427/10, Banca popolare
antoniana veneta, punto 42 e, in tema di accise, Corte giust. 20
ottobre 2011, causa C-94/10, Danfoss).
1.4.- Sul piano sistematico, il principio si coordina con quello
reiteratamente affermato con riguardo alle controversie tra sostituto
d’imposta e sostituito.
Al riguardo, queste sezioni unite hanno già avuto molteplici
occasioni per affermare che le controversie relative al legittimo e
corretto esercizio del diritto di rivalsa delle ritenute alla fonte versate
direttamente dal sostituto, volontariamente o coattivamente, non
sono attratte alla giurisdizione del giudice tributario, ma rientrano in
quella del giudice ordinario.
Ciò perché si tratta di diritto esercitato dal sostituto verso il
sostituito nell’ambito di un rapporto di tipo privatistico, cui resta
estraneo l’esercizio del potere impositivo sussumibile nello schema

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caso di una controversia tra privati, alla quale è estraneo l’esercizio

potestà-soggezione, proprio del rapporto tributario, e nelle quali
manca di regola un atto qualificato rientrante nella tipologia
contemplata dall’elenco contenuto nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del
1992, anche nell’interpretazione estensiva che se ne fornisce (da
ultimo, Cass., sez. un., 15 settembre 2017, n. 21523).

pronuncia indicata dalla società in memoria (Cass., sez. un., ord. 11
luglio 2017, n. 17113), con la quale si è riconosciuta la giurisdizione
tributaria in ordine alla controversia tra utente ed ente addetto alla
riscossione concernente l’addizionale provinciale sulla tariffa integrata
ambientale (c.d. tia2), in ragione della natura tributaria di questa.
1.6- Irrilevanti sono al riguardo le considerazioni svolte a
sostegno del motivo relative alla sussistenza di atti impugnabili
dinanzi alle Commissioni tributarie ed al fatto che la società rientri
nel novero dei soggetti contemplati dall’art. 10 del d.lgs. n. 546/92.
Si è difatti al cospetto non già dell’impugnazione di un atto
impositivo, bensì di una domanda di rimborso proposta dal
consumatore finale nei confronti del fornitore del servizio.
2.- Col secondo, col terzo e col quarto motivo di ricorso, da
esaminare congiuntamente, perché riguardano tutti sotto diversi
profili la debenza dell’iva sulla Tia, la società lamenta:
– ex art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., la violazione o falsa
applicazione degli artt. 1, 2, 9, 25, 73 e 78 della direttiva n.
2006/112/CE; sostiene che in base ad essi sussista il presupposto
oggettivo dell’iva e che, in particolare, siano soggette ad iva anche le
prestazioni di servizi eseguite in base ad un atto autoritativo della
pubblica amministrazione -secondo motivo;
– ex art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., la violazione o falsa
applicazione del n. 127-sexiesdecies, Tabella A, allegato 1, al d.P.R.
n. 633/72, dell’art. 74, 4 0 co., del medesimo d.P.R., del d.m. 24
ottobre 2000, n. 370, degli artt. 4, 2° co., n. 1), 6 e 18 del suddetto

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1.5.- Estranea rispetto al tema del decidere è, invece, la

d.P.R. n. 633/72, dell’art. 6, 13° co., I. n. 133/99, là dove la Corte
d’appello di Genova ha trascurato che le norme in questione, violate
con la sentenza impugnata, non sono state dichiarate
incostituzionali, né abrogate dal legislatore -terzo motivo;
– ex art. 360, 1° co., n. 4, c.p.c., l’omessa pronuncia sulla

direttiva n. 2006/112/CE -quarto motivo.
La complessa censura è stata già risolta da queste sezioni unite
che, in relazione a vicenda in tutto analoga, hanno stabilito (con
sentenza 15 marzo 2016, n. 5078) che la Tia non sconta l’iva a
causa degli elementi autoritativi che la caratterizzano, elementi
costituiti dall’assenza di volontarietà nel rapporto fra gestore ed
utente, dalla totale predeterminazione dei costi da parte del soggetto
pubblico, nonché dall’assenza del rapporto sinallagmatico a base
dell’assoggettamento ad iva.
In quell’occasione, si è sottolineata l’irrilevanza della voce 127sexiesdecies dalla tabella A parte 3 del d.P.R. n. 633/72, relativa ai
beni e servizi soggetti all’aliquota del 10%, nonché del d.m. n.
370/2000, che, nel disciplinare le modalità di riscossione dell’IVA,
prevede all’art. 1 che

“Per le operazioni relative al servizio di

raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e assimilati,
di fognatura e depurazione, possono essere emesse bollette che
tengono luogo delle fatture, anche agli effetti di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 26 e
successive modificazioni, semprechè contengano tutti gli elementi di
cui all’articolo 21 del medesimo decreto”.
Ciò in quanto tali disposizioni sono applicabili nei casi in cui le
prestazioni in esame siano svolte

“con corrispettivo”;

elemento

assente, nel caso in esame.
2.1.- Con la sentenza citata sono state anche esaminate
normativa e giurisprudenza unionali a sostegno del principio di diritto

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dedotta inapplicabilità, nei confronti dell’esponente, dell’art. 13 della

affermato. Di qui la conseguenza che non v’è necessità, come già
evidenziato in quell’occasione, di proporre le questioni pregiudiziali
prospettate con la sesta censura.
3.- Infondato è, infine, il quinto motivo di ricorso, col quale, ex
art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., la società denuncia la violazione o falsa

sostenendo che la prescrizione estintiva costituisca un principio
regolatore della materia, con la conseguente appellabilità sul punto
della sentenza del giudice di pace.
Questa Corte ha già avuto occasione di dichiarare
l’inammissibilità, in quei casi del ricorso per cassazione,
giustappunto con riguardo ad una censura riguardante l’asserita
violazione dell’art. 2948 c.c. (Cass. 24 febbraio 2005, n. 3879; 28
gennaio 2005, n. 1756; 21 gennaio 2005, n. 1278); ha al riguardo
osservato che una tale doglianza non prospetta la violazione di un
“principio informatore” della materia “prescrizione dei diritti” (e cioè
della materia concernente l’estinzione dei diritti connessa al
trascorrere del tempo nell’inerzia del titolare), bensì, soltanto,
l’asserita violazione di una specifica disciplina di dettaglio dell’istituto
della prescrizione (quella dettata dall’art. 2948, 1° co., n. 4, c.c.).
3.1.- Correttamente, quindi, il giudice d’appello ha dichiarato
inammissibile il gravame proposto sul punto.
4.- In definitiva, il ricorso va rigettato e le spese seguono la
soccombenza in relazione alle parti costituite.
4.1- Sussistono i presupposti di applicazione dell’art. 13, comma
1 quater, del d.P.R. n. 115/02.

Per questi motivi

rigetta il ricorso e condanna la società a pagare le spese sostenute
dalle parti costituite, che liquida in euro 3000,00 per compensi, oltre
ad euro 200,00 per esborsi ed al 15% per spese forfettarie.

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applicazione degli artt. 339 c.p.c. e 2948, 1° co., n. 4, c.c.,

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/02, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso
art. 13.

L’estensore

11 P

Così deciso in Roma, in data 10 ottobre 2017.

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