Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27437 del 01/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 01/12/2020, (ud. 10/11/2020, dep. 01/12/2020), n.27437

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29866-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.C., n.q. di socio della Soc. (OMISSIS) SNC, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato FILIPPO FREDA;

– controricorrente –

contro

G.A., V.U.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4012/2/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 02/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO

RAGONESI.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione tributaria provinciale di Avellino con sentenza n. 1676/16, sez. 1, rigettava il ricorso proposto da (OMISSIS) snc e dai soci G.C. e G.A. avverso l’avviso di accertamento (OMISSIS) per irpef.

Avverso detta decisione la curatela del fallimento (OMISSIS) snc e G.A. proponevano appello innanzi alla CTR Campania che, con sentenza 4012/2017, accoglieva l’impugnazione.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di un motivo con memoria.

Ha resistito con controricorso G.C. n.q. di socio della fallita società.

La causa è stata discussa in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate lamenta che, in violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, erroneamente la sentenza impugnata ha escluso la sussistenza del maggior reddito d’impresa accertato in via presuntiva da essa Agenzia sulla base di ricavi non contabilizzati accertati a seguito di un processo verbale da cui era emersa per l’anno 2008 una gestione dell’attività anomale del tutto antieconomica.

Il motivo appare inammissibile e per certi versi manifestamente infondato.

Invero la sentenza, dopo avere rilevato come l’unica circostanza posta alla base dell’accertamento era l’antieconomicità della gestione imprenditoriale, ha escluso la sussistenza della stessa sulla base di un esame delle risultanze processuali.

In particolare, la sentenza ha accertato che nell’anno 2008 la società aveva una abnorme quantità di giacenze di magazzino che ha proceduto a liquidate con una vendita straordinaria della merce più obsoleta e con delle vendite in stock con sconti di circa il 40% che hanno consentito una riduzione di 2/3 delle giacenze pluriennali a fronte di una perdita di gestione di circa 71 mila Euro.

Ha ulteriormente osservato che in tale contesto l’Ufficio non ha tenuto conto delle vendite in saldo e di quelle in stock.

Ha, inoltre, desunto, come ulteriore elemento a sostegno del proprio assunto, la circostanza che la società era stata dichiarata fallita nel 2014 a riprova dello stato di difficoltà economica in cui effettivamente versava negli anni precedenti.

In conclusione, ha ritenuto che la veridicità delle scritture contabili non risultava contestabile e che, quindi, non vi erano elementi per dimostrare la frode.

Tale motivazione appare adeguata in quanto basata sull’esame delle risultanze processuali e su considerazioni conformi a comuni principi di logica in relazione non già ad astratti principi, ma alla effettiva concreta situazione dell’impresa e delle sue difficoltà gestionali.

A fronte di detta motivazione l’Ufficio ripropone, le proprie deduzioni avanzate nella fase di merito riportando brani degli scritti difensivi, deducendo in particolare che la percentuale di ricarico applicata dalla società era di molti punti percentuale inferiore a quella mediamente applicata nel settore di riferimento e che ciò rendeva inattendibili le risultanze delle scritture contabili e rendeva fondate le presunzioni poste a base dell’accertamento.

Le doglianze in questione appaiono, invero, investire il merito della decisione chiedendo a questa Corte un inammissibile accertamento in fatto con rivisitazione e rivalutazione delle risultanze processuali.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso; condanna l’Amministrazione ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 45.000,00 oltre spese forfettarie 15% ed accessori.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2020

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