Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27434 del 19/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 19/12/2011, (ud. 25/10/2011, dep. 19/12/2011), n.27434

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – rel. Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 22775-2010 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS) in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati CORETTI ANTONIETTA, EMANUELE DE ROSE, VINCENZO STUMPO,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE BRUNO

BUOZ2I 99, presso lo studio dell’avv. FABRIZIO CRISCUOLO,

rappresentato e difeso dall’avv. CIRO PIACQUADDIO, giusta mandato a

margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 2943/2009 della CORTE D’APPELLO di BARI del

22.9.09, depositata il 28/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PIETRO ZAPPIA;

udito per il ricorrente l’Avvocato Clementina Pulli (per delega avv.

Antonietta Coretti) che si riporta ai motivi del ricorso;

udito per il controricorrente e ricorrente incidentale l’Avvocato

Mercurio Mazzei (per delega avv. Ciro Piacquaddio) che chiede la

trattazione del ricorso in pubblica udienza.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO

FINOCCHI GHERSI che si riporta alla relazione scritta.

Fatto

IN FATTO ED IN DIRITTO

Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Lucera, depositato in data 28.12.2005, D.C.A. conveniva in giudizio l’Inps chiedendo venisse accertato il suo diritto alla differenza dell’indennità di disoccupazione già corrisposta, in relazione alle giornate effettuate nell’anno 2004; il ricorrente – premesso che il trattamento di disoccupazione era stato corrisposto dall’Istituto sulla base del salario medio convenzionale congelato all’anno 1995 – sosteneva che il medesimo trattamento doveva essere invece calcolato, ai sensi del D.Lgs. n. 146 del 1997, art. 4, sui minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva provinciale, con conseguente diritto alle differenze tra quanto spettante e quanto percepito.

Con sentenza n. 3888/2008 il giudice adito accoglieva la domanda e dichiarava il diritto del ricorrente al ricalcolo dell’indennità di disoccupazione agricola relativa all’anno in questione, sulla base delle retribuzioni previste dalla contrattazione collettiva integrativa della provincia di Foggia, vigenti all’epoca per la qualifica posseduta dallo stesso, e per l’effetto condannava l’Inps alla corresponsione delle differenze fra quanto effettivamente maturato e quanto di fatto corrisposto.

Avverso tale pronuncia proponeva appello l’Inps assumendo la non computabilità nella retribuzione di riferimento del T.F.R., come stabilito dal D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 6, comma 4.

Con sentenza in data 22.9/28.9.2009 la Corte d’appello di Bari rigettava il gravame.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione l’Inps con un motivo di impugnazione.

Resiste con controricorso l’intimato il quale propone a sua volta ricorso incidentale affidato ad un motivo di impugnazione.

Col proposto ricorso il ricorrente principale, lamentando violazione degli artt. 46, 51 e 55 del CCNL Operai agricoli e florovivaisti del 2002 in relazione al D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 6, comma 4, lett. a) nonchè in relazione agli artt. 1362 e 2120 cod. civ. ed alla L. n. 297 del 1982, art. 4, commi 10 e 11, censura la sentenza per avere incluso nella retribuzione da prendere a base per la liquidazione dell’indennità di disoccupazione, anche la voce denominata “quota di TFR”, la quale invece non dovrebbe esserlo, per avere – contrariamente a quanto affermato la Corte territoriale – effettiva natura di retribuzione differita.

A sua volta il lavoratore, dopo aver preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dall’Inps per passaggio in giudicato della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 327 c.p.c., nonchè l’inammissibilità della produzione documentale effettuata dal detto Istituto in relazione ai contratti collettivi depositati, e dopo aver rilevato la correttezza dell’impugnata sentenza per quel che riguarda il conglobamento della “quota TFR” nella retribuzione contrattuale giornaliera, con il ricorso incidentale proposto lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omessa pronuncia da parte della Corte territoriale sulla istanza di cessazione della materia del contendere a seguito della corresponsione da parte dell’Inps, successivamente alla proposizione dell’appello, di tutte le somme dovute.

Il Consigliere relatore ha depositato relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., che è stata comunicata al Procuratore Generale e notificata ai difensori costituiti.

Preliminarmente va disposta la riunione ai sensi dell’art. 335 c.p.c. dei due ricorsi perchè proposti avverso la medesima sentenza.

Esaminando nell’ordine logico le questioni proposte dalle parti, viene in rilievo innanzi tutto l’eccezione, sollevata dal controricorrente (nonchè ricorrente incidentale), di passaggio in giudicato della sentenza impugnata per essere stato il ricorso per cassazione dell’Inps notificato in data successiva (il 5.10.2010) al termine annuale previsto dall’art. 327 c.p.c. in relazione alla data (28.9.2009) di deposito della sentenza impugnata.

L’eccezione non è fondata ove si osservi che la tempestività del ricorso, anche in relazione al termine di cui all’art. 327 c.p.c., va riscontrata con riferimento alla data di spedizione della raccomandata alla controparte, e non alla data di ricezione; e nel caso di specie tale raccomandata risulta inviata il 23.9.2010, entro il termine annuale previsto, ratione temporis, dalla norma suddetta.

Ed infatti, costituisce ius receptum che “in tema di notificazioni a mezzo del servizio postale, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 477 del 2002, il perfezionamento della notifica, per il notificante, si ha per verificato al momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, e non alla data della ricezione dell’atto da parte del destinatario” (cfr, fra le tante, Cass. sez. lav., 1.6.2009 n. 12726; Cass. 14.5.2007 n. 11024; Cass., 21.9.2006 n. 20430). Con la conseguenza che, per il ricorrente, la notifica del ricorso per cassazione si è perfezionata il 23.9.2010 e, cioè il giorno il cui l’atto è stato consegnato all’Ufficiale giudiziario, restando, invece, del tutto irrilevante ai fini del rispetto del termine di cui all’art. 327 c.p.c., il giorno in cui la controparte l’ha ricevuto.

Del pari infondata è l’eccezione di inammissibilità del deposito dei contratti collettivi sollevata dal lavoratore, essendo stato tale deposito effettuato in ottemperanza al disposto dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, e prevedendo espressamente l’art. 372 c.p.c., comma 1, l’ammissibilità del deposito di documenti nuovi allorchè tale deposito riguardi l’ammissibilità del ricorso.

E’ altresì infondato il ricorso incidentale proposto dal lavoratore predetto, dovendosi ravvisare una evidente violazione del principio di specificità e autosufficienza del ricorso, in base al quale è necessario che nello stesso siano indicati con precisione tutti quegli elementi di fatto che consentano di controllare l’esistenza del denunciato vizio senza che il giudice di legittimità debba far ricorso all’esame degli atti. Ciò in quanto, pregiudiziale ad ogni statuizione in ordine alla lamentata omessa o insufficiente motivazione da parte del giudice di appello su una specifica determinata questione, si appalesa l’accertamento della effettiva sottoposizione di tale questione al vaglio del suddetto giudice.

E pertanto nel caso di specie il ricorrente incidentale, nel far riferimento alla eccepita assenza di motivazione da parte del giudice di appello in ordine alla questione concernente la intervenuta cessazione della materia del contendere, avrebbe dovuto riportare (ovvero allegare al ricorso) il contenuto dell’appello proposto sul punto, onde consentire a questa Corte di valutare l’effettività della denunciata omissione riscontrando preliminarmente l’effettiva proposizione della domanda in parola nell’appello ed il preciso contenuto della stessa; tale omissione ha comportato una palese violazione dei canone di autosufficienza del ricorso, che risulta fondato sull’esigenza, particolare nel giudizio di legittimità, di consentire al giudice dello stesso di valutare l’esistenza del vizio denunciato senza dover procedere ad un (non dovuto) esame dei fascicoli – d’ufficio o di parte – che a tali atti facciano riferimento.

A ciò deve aggiungersi che il pagamento delle somme, in quanto avvenuto in ottemperanza di un obbligo posto dalla sentenza di condanna, non comporta alcuna cessazione della materia del contendere non implicando alcuna rinuncia alla domanda fatta valere in giudizio.

Osserva infine il Collegio che non può essere esaminato il rilievo del lavoratore circa il diritto dello stesso alla riliquidazione dell’indennità di disoccupazione agricola sotto il profilo che la retribuzione contrattuale provinciale, anche non comprendendo la “quota TFR”, sarebbe comunque superiore al salario medio convenzionale, atteso che l’interessato avrebbe dovuto svolgere tale rilievo nelle forme del ricorso incidentale il quale, per contro, siccome già evidenziato, concerne solo la mancata motivazione da parte della Corte territoriale sull’istanza di cessazione della materia del contendere.

Posto ciò osserva il Collegio che è fondato il ricorso principale proposto dall’Inps.

Questa Corte si è nuovamente espressa sulla questione nella recente sentenza n. 202 del 5.1.2011 (e in numerose altre conformi pronunce), ribadendo quanto già affermato nella sua precedente decisione n. 10546/2007, secondo la quale “ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione – definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con il salario medio convenzionale il D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, ex art. 4 – non è comprensiva del trattamento di fine rapporto”, e osservando ulteriormente, a conforto del suddetto principio, che attribuire alla voce “quota di T.F.R.” una natura giuridica diversa da quella espressamente indicata dalle parti stipulanti i contratti collettivi provinciali – a partire da quello del 27.11.1991 – non è consentito dalla disposizione di cui al D.L. 14 giugno 1996, n. 318, art. 3 convertito in L. 29 luglio 1996, n. 402, a norma del quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi non può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito negli accordi stessi. Ha affermato, altresì, la citata sentenza che, anche a voler negare valore cogente alle indicazioni espresse dall’autonomia collettiva quando questa regoli istituti di fonte legale (come, appunto, il TFR), le argomentazioni della sentenza impugnata sono comunque errate perchè, rispetto alla voce che interessa, non è ravvisabile, da parte degli stipulanti, alcuna violazione delle norme imperative che disciplinano la materia. Ha, quindi, ancora una volta, concluso che la voce in questione non va computata nella retribuzione contrattuale da porre a confronto con il cd. salario medio convenzionale, ai fini della verifica richiesta dal D.Lgs. n. 146 del 1997, art. 4 per l’individuazione del parametro di calcolo da applicare, a far data dal 1998, per la determinazione, provincia per provincia, del “quantum” delle prestazioni previdenziali temporanee (come, nella specie, l’indennità di disoccupazione) maturate dagli operai agricoli a tempo determinato.

Alla stregua degli indicati principi, ai quali non si è attenuta la Corte territoriale, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito direttamente da questa Corte con il rigetto della domanda di cui al ricorso introduttivo.

Le spese dell’intero processo si compensano fra le parti in considerazione del parziale accoglimento della domanda introduttiva del giudizio da parte del giudice di primo grado, in relazione alla richiesta di applicazione dei minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva provinciale piuttosto che del salario medio convenzionale; la relativa statuizione non è stata oggetto di gravame per come evidenziato dalla Corte di merito la quale ha rilevato che nel caso di specie la questione che si poneva in appello era “quella della computabilità o meno della cd. quota di t.f.r.

nella retribuzione contrattuale”.

PQM

La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso principale dell’Inps e, decidendo nel merito, cassa la sentenza impugnata e rigetta la domanda di inclusione della quota di TFR nella base retribuiva dell’indennità di disoccupazione; rigetta il ricorso incidentale;

compensa fra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2011

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