Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27432 del 28/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 28/10/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 28/10/2019), n.27432

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9172-2018 proposto da:

GRAZIELLA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

S.A., S.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

NIZZA 59, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO ROSSANO, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE MANCUSI

BARONE;

– ricorrenti –

contro

M.W., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO

9, presso lo studio dell’avvocato EMILIANO AMATO, rappresentato e

difeso dall’avvocato WLADIMIRO MANZIONE;

– controricorrente –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza n. R.G. 2221/2016

del TRIBUNALE di NOCERA INFERIORE, depositata il 14/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

ORICCHIO;

lette le conclusioni scritte del PUBBLICO MINISTERO in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. CARMELO SGROI che visti l’art.

42 c.p.c. segg., art. 380 ter c.p.c., chiede che la Corte di

Cassazione in camera di consiglio, rigetti il ricorso indicato in

premessa e disponga la prosecuzione del giudizio dinanzi al

tribunale di Nocera Inferiore.

Fatto

RILEVATO

che:

la Graziella S.p.a. e S.M. e S.A. hanno proposto ricorso per regolamento di competenza avverso l’ordinanza resa dal Tribunale di Nocera Superiore in data 14 febbraio 2018 resa nel procedimento n. 2221/2016 R.G..

Tale procedimento faceva seguito al D.I., opposto dalle odierne parti ricorrenti, ottenuto dall’avv. Manzione per plurime prestazioni professionali svolte dal legale stesso. Nell’opporsi al detto D.I. la suddetta società proponeva domanda riconvenzionale a titolo di responsabilità risarcitoria ascrivibile all’ingiungente in relazione allo svolgimento di altro complesso procedimento non ricompreso – si badi – nell’elenco delle undici cause per le quali l’avvocato medesimo aveva chiesto l’ingiunzione per la corresponsione degli onorari professionali.

Col detto provvedimento il Giudice designato per la trattazione del procedimento rimetteva gli atti al Collegio de Tribunale per la decisione anche in “ordine anche alla domanda riconvenzionale” ritenendo che “le relative questioni potevano essere trattate in sede collegiale”.

Il proposto regolamento è rivolto avverso detta statuizione del Giudice sul presupposto che -ferma, in ipotesi la sua proponibilità- la svolta domanda riconvenzionale implicava a sua trattazione con procedimento a cognizione piena di carattere ordinario e non con rito sommario di cognizione ex art. 702-bis c.p.c..

Il ricorso, in definitiva, pone la questione del modello processuale da applicare nella fattispecie e postula la impossibilità del ricorso al rito di cui al procedimento de-formalizzato quanto alla domanda riconvenzionale risarcitoria.

La delibazione di quest’ultima, secondo la prospettazione di parte ricorrente, andava affidata alla cognizione ordinaria del Tribunale adito, salva la ventilata (ed, invero, perseguita) possibilità di sospensione per pregiudizialità dell’opposizione a D.I. fino alla definizione del processo ordinario relativo alla riconvenzionale.

Il ricorso è resistito dal Manzione, che ha eccepito l’inammissibilità del proposto regolamento per tardività dello stesso.

Il P.G. ha, come da atti, rassegnato le proprie argomentate conclusioni.

L’avv. Manzione ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- In via preliminare deve esaminarsi la sollevata questione della tardività del ricorso per regolamento di competenza. Quest’ultimo – relativo al detto provvedimento notificato i 20 febbraio 2018- risulta notificato a mezzo PEC il 22 marzo 2018 alle ore 23:16 e, quindi, oltre l’orario (ore 21:00)

considerato dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16-septies, convertito con la L. n. 221 del 2012, ed inserito dal D.L. n. 90 del 2014, art. 45-bis, convertito con L. n. 114 del 2014.

A mente del citato art. 16-sepies la notifica, inoltrata oltre il succitato orario delle ore 21:00 doveva considerarsi perfezionata alle ore 7:00 del giorno successivo (23 marzo 2018) e, quindi, oltre il termine ultimo di proponibilità, in ipotesi, del regolamento ex art. 42 c.p.c..

Senonchè la recente decisone dell Corte Costituzionale n. 75/2019, depositata lo scorso 9 aprile, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione di cui all’art. 16-septies cit., nella parte in cui non prevede che al notifica effettuata con modalità telematica, la cui ricevuta di accettazione del sistema sia generata dopo le ore 21:00 ed entro le ore 24:00, si perfezioni per il notificante alle ore 7:00 del giorno successivo anzichè al momento della generazione della predetta ricevuta, così ribadendo il canone generale di scissione degli effetti dell notificazione fra mittente e destinatario (Corte Cost. n. ri 477/2002 e 21/2004).

Alla stregua, pertanto, di tale ultima pronuncia di incostituzionalità parziale della Corte Costituzionale il ricorso per regolamento di competenza in esame deve oggi considerarsi tempestivo.

La sollevata eccezione deve, dunque, essere disattesa.

2.- La sollevata questione, nei termini già innanzi esposti in sintesi, di incompetenza relativa alla trattazione e decisione della domanda riconvenzionale non può avere rilievo in quanto – a ben vedere- non investe un profilo di competenza denunciabile con ricorso ex art. 42 c.p.c..

Infatti la competenza, con trattazione collegiale, in tema di compensi per prestazioni professionali di avvocato (regolata dal rito sommario di cognizione D.Lgs. n. n. 150 del 2011, ex art. 14, sia essa introdotta ex art. 702-bis c.p.c., o in via monitoria) si radica, così come nella fattispecie e stante pure il difetto di eccezione e lo stato di trattazione, presso l’ufficio adito anche in ipotesi di azione per crediti da prestazioni professionali per attività svolte, come in ipotesi, presso uffici giudiziari diversi.

Sotto tale profilo, pure affrontato -da ultimo- in atti, la competenza territoriale non è suscettibile di essere ora rimessa in discussione.

Ciò detto, deve – quindi-affermarsi la possibilità, in ipotesi, di trattazione cumulativa della domanda riconvenzionale di danno per responsabilità professionale e di quella di opposizione al decreto monitorio ottenuto dall’avvocato.

E tanto specie quando, come nella concreta fattispecie in esame, sussista un apprezzamento del Giudice che valuta come ben possibile la detta trattazione cumulativa, rimanendo tale la via preferita anche per ovvie ragioni di ragionevole durata del processo, di sua semplificazione e di prevenzione di atteggiamenti dilatori.

E’, infatti, indubbia -nella medesima concreta fattispecie- la competenza funzionale, per entrambe le domande (di opposizione a D.I. e riconvenzionale) dello stesso Tribunale adito.

La sollevata questione attiene, in sostanza, più ad un problema di modalità di trattazione in rito, che ad un problema di vera e propria competenza e, quindi, come tale non è postulabile in questa sede.

Peraltro e conclusivamente va rammentato il condiviso e già affermato orientamento in tema di questa Corte per cui, in ipotesi come quella in giudizio, non è necessaria la separazione della trattazione delle domande allorchè “il convenuto ampli l’oggetto del giudizio con la proposizione di una domanda (riconvenzionale, di compensazione o di accertamento pregiudiziale) non esorbitante dalla competenza del Giudice adito ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, e la trattazione di tale ultima domanda si presti ad istruttoria sommaria con il rito sommario senza necessità di separazione delle domande” (Cass. civ., S.U. 23 febbraio 2018, n. 4485.

3.- Alla stregua di quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto il proposto ricorso per regolamento è inammissibile.

4.- Le spese del presento procedimento vanno rimesse al merito.

5.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Spese al merito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 5 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2019

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