Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27432 del 19/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 19/12/2011, (ud. 25/10/2011, dep. 19/12/2011), n.27432

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – rel. Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 22233-2010 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS) in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati CORETTI ANTONIETTA, VINCENZO STUMPO, EMANUELE DE ROSE,

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE CARSO 63, presso lo studio dell’avvocato GRENCI BRUNELLA,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANNA MARIA PULITANO’, giusta

mandato speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1032/2009 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA del 29.9.09, depositata il 19/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PIETRO ZAPPIA;

udito per il ricorrente l’Avvocato Pulii Clementina (per delega avv.

Antonietta Coretti) che si riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO

FINOCCHI GHERSI che si riporta alla relazione scritta.

Fatto

IN FATTO ED IN DIRITTO

Con ricorso al Tribunale, giudice de lavoro, di Locri, regolarmente notificato, M.M., premesso di essere stata avviata al lavoro in progetti di LPU ai sensi del D.Lgs. n. 280 del 1997, chiedeva la condanna dell’Inps alla corresponsione dell’aumento previsto dalla L. n. 144 del 1999, art. 45.

Con sentenza in data 2.12.2003 il Tribunale adito accoglieva la domanda.

Avverso tale sentenza proponeva appello l’Inps lamentandone la erroneità sotto diversi profili e chiedendo il rigetto delle domande proposte da controparte con il ricorso introduttivo.

La Corte di Appello di Reggio Calabria, con sentenza depositata il 19.10.2009, rigettava il gravame.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione l’Inps con un motivo di impugnazione.

Resiste con controricorso l’intimata.

Col predetto ricorso l’Istituto ricorrente lamenta violazione della disciplina normativa in materia, rilevando che l’importo, per il 1999, del sussidio previsto per lo svolgimento dei lavori di pubblica utilità da parte dei giovani del Mezzogiorno, ai sensi del D.Lgs. n. 280 del 1997, rimaneva fissato nella misura stabilita dal D.L. n. 510 del 1996, art. 1, comma 3, convenuto nella L. n. 608 del 1996, in virtù dello specifico rinvio – di tipo “statico” – operato dall’art. 3, comma 3, del predetto decreto legislativo, e non era suscettibile, come invece ritenuto dai giudici di merito, dell’adeguamento – nella misura di cui al combinato disposto del D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 8 e della L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 9, – previsto specificamente per l’assegno spettante ai lavoratori socialmente utili.

li Consigliere relatore ha depositato relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., che è stata comunicata al Procuratore Generale e notificata ai difensori costituiti.

Il ricorso non è fondato.

Sul punto questa Corte ha avuto modo di precisare (Cass. sez. lav., 21.1.2011 n. 1461) che, in tema di lavori socialmente utili, il D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 1 fornisce una definizione di portata generale dei l.s.u., comprensiva delle varie attività che hanno per oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, nonchè dei lavori di pubblica utilità mirati alla creazione di occupazione in particolari bacini di impiego.

Ed invero il suddetto decreto legislativo, all’art. 1, definisce come lavori socialmente utili le attività che hanno per oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, mediante l’utilizzo di particolari categorie di soggetti, e ne distingue le diverse tipologie, prevedendo “lavori di pubblica utilità mirati alla creazione di occupazione, in particolare in nuovi bacini di impiego, della durata di 12 mesi”, “lavori socialmente utili mirati alla qualificazione di particolari progetti formativi volti alla crescita professionale in settori innovativi, della durata massima di 12 mesi”, “lavori socialmente utili per la realizzazione di progetti aventi obiettivi di carattere straordinario, della durata di 6 mesi”, “prestazioni di attività socialmente utili da parte di titolari di trattamenti previdenziali”;

all’art. 2, in particolare, vengono definiti i settori nei quali sono attivati i lavori di pubblica utilità e se ne specificano gli ambiti in relazione alla cura della persona, all’ambiente e al territorio, allo sviluppo rurale, montano e idrico, al recupero e alla riqualificazione degli spazi urbani e dei beni culturali; l’art. 13, infine, dispone l’abrogazione di tutte le disposizioni in contrasto con il decreto, con particolare riguardo a quelle contenute nel D.L. n. 510 del 1996, art. 1, convertito nella L. n. 608 del 1996.

Com’è evidente, la definizione contenuta nel D.Lgs. n. 468 del 1997 ha una portata generale; e ciò spiega la sovrapponibilità dei settori di attività previsti per i “progetti di lavoro di pubblica utilità” dal D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 2, e quelli oggetto di “lavori di pubblica utilità” secondo il D.Lgs. n. 280 dei 1997, art. 3.

Ne consegue che il rapporto tra il disposto di cui al D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 2 – che delinea i settori di attività per i “progetti di lavoro di pubblica utilità” – e quello di cui al D.Lgs. n. 280 del 1997, art. 3 – diretto ad individuare i “lavori di pubblica utilità” in funzione della “creazione di occupazione” in uno specifico bacino di impiego – si configura in termini di specificazione di intenti generali in ambiti territoriali determinati, all’interno di una medesima tipologia di attività e di una medesima finalità del legislatore, connessa ad intenti di tutela della disoccupazione e di inserimento nel lavoro.

Da ciò deriva che l’incremento dell’assegno, nella misura e nei termini determinati dalla L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 9, trova applicazione anche per i lavori di pubblica utilità previsti dal D.Lgs. n. 280 del 1997.

D’altronde, la configurazione di una identità strutturale dei lavori di pubblica utilità previsti nei due decreti legislativi toglie ogni rilievo all’argomento utilizzato dall’Istituto ricorrente in relazione ad un asserito rinvio “statico” – contenuto nel D.Lgs. n. 280 del 1997, – alle modalità di attuazione previste nel D.L. n. 510 del 1996, convertito nella L. n. 608 del 1996; e, d’altra parte, l’intento del Legislatore di riferirsi, quanto alle predette modalità, non già ad una determinata disciplina, ancorchè poi abrogata, ma alla disciplina normativa così come eventualmente modificata nel tempo, è reso evidente, sul piano sistematico, dalla mancanza di alcuna ragione che possa giustificare la eventuale disparità di trattamento fra prestazioni relative a progetti aventi uguale funzione e identico contenuto.

Il ricorso proposto va pertanto rigettato ed a tale pronuncia segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano come da dispositivo. Deve essere autorizzata la distrazione delle spese suddette in favore del difensore antistatario il quale ha reso la prescritta dichiarazione.

Non può essere accolta la richiesta dell’intimata di condanna del ricorrente al pagamento delle spese per responsabilità aggravata non ravvisandosi gli estremi della temerarietà della lite, ove si osservi che tale responsabilità non può derivare solo dal fatto della prospettazione di una tesi riconosciuta errata dal decidente, occorrendo a tal fine l’esistenza di una condotta processuale qualificata dal dolo, consistente nella consapevolezza nella parte stessa del proprio torto, ovvero dalla colpa grave, ravvisabile nell’assenza della normale prudenza o diligenza che avrebbe consentito alla parte di ravvisare l’infondatezza della propria tesi.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 30,00, oltre Euro 1.000,00 (mille) per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge. Autorizza la distrazione delle spese in favore dell’avv. Anna Maria Pulitanò, dichiaratosi antistatario.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2011

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