Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27431 del 19/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 19/12/2011, (ud. 25/10/2011, dep. 19/12/2011), n.27431

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – rel. Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 22215-2010 proposto da:

M.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE DELL’UNIVERSITA’ 11, presso lo studio dell’avvocato

FABBRI FRANCESCO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato DEL MANZO PAOLO GIOVANNI, giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA (OMISSIS) – Società con socio

unico soggetta all’attività di direzione e coordinamento di Ferrovie

dello Stato SpA in persona dell’institore, elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA CLAUDIO MONTEVERDI 16, presso lo studio dell’avvocato

CONSOLO GIUSEPPE, che la rappresenta e difende, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2783/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

3.4.08, depositata il 23/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PIETRO ZAPPIA.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO

FINOCCHI GHERSI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

Con ricorso depositato il 10.3.2005 la Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. proponeva appello avverso la sentenza n. 18836 in data 3.6.2004 del Tribunale, giudice del lavoro, di Roma, con la quale era stata accolta la domanda proposta da M.S. di inquadramento nel superiore profilo professionale di “macchinista”, con conseguente condanna della società al pagamento delle differenze retributive.

Con sentenza in data 23.9.2009 la Corte d’appello, in riforma dell’impugnata sentenza, rigettava la domanda proposta dal lavoratore.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione M. S. con un motivo di impugnazione.

Resiste con controricorso la società intimata.

Col predetto ricorso il ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2103 e 1362 e segg. c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè insufficiente esame di un fatto controverso decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

In particolare rileva che erroneamente la Corte territoriale aveva rigettato la domanda di inquadramento nella superiore qualifica di “macchinista”, avendo male interpretato, se non addirittura ignorato, la documentazione prodotta da esso ricorrente dalla quale risultava l’effettivo svolgimento di mansioni proprie della qualifica reclamata.

La società intimata ha eccepito l’inammissibilità del ricorso.

Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 280 bis c.p.c., comma 2.

Il Consigliere relatore ha depositato relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., che è stata comunicata al Procuratore Generale e notificata ai difensori costituiti.

Il ricorso è inammissibile.

Come è noto, in base al canone di autosufficienza del ricorso, che costituisce una applicazione del principio di specificità, è necessario che nello stesso siano indicati con precisione tutti quegli elementi di fatto che consentano di controllare l’esistenza del denunciato vizio senza che il giudice di legittimità debba far ricorso all’esame degli atti.

Pertanto nel caso di specie parte ricorrente, nel proporre le suddette censure concernenti l’erroneità della motivazione adottata dalla Corte territoriale in relazione alla documentazione prodotta, avrebbe dovuto riportare nel ricorso il contenuto dei documenti in questione onde consentire a questa Corte di valutare l’esistenza del vizio denunciato senza dover procedere ad un (non dovuto) esame dei fascicoli – d’ufficio o di parte – che a tali atti facciano riferimento.

Ed invero il ricorrente per cassazione, il quale intenda dolersi della erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – impostogli dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere è adempiuto con la esatta indicazione nel ricorso in quale parte del fascicolo di esso ricorrente si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo nel ricorso il contenuto del documento, o quanto meno degli specifici capi del documento cui si riferiscono le censure proposte. La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile.

E tali principi sono stati in buona sostanza ribaditi dalla pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte n. 7161 del 25.3.2010.

Invero in tale provvedimento il supremo consesso di questa Corte ha rilevato che “qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di quelle fasi, la produzione può avvenire per il tramite della produzione di tale fascicolo, ferma restando la necessità di indicare nel ricorso la sede in cui esso ivi è rinvenibile e di indicare che il fascicolo è prodotto, occorrendo tali indicazioni perchè il requisito della indicazione specifica sia assolto”.

In tal modo le Sezioni Unite hanno inteso espressamente specificare, per come evidenziato nello stesso provvedimento, che il requisito dell’art. 366 c.p.c., n. 6, per essere assolto, postula che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur indicato nel ricorso, risulta prodotto, perchè indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, dire dove nel processo è rintracciabile”.

Di talchè si appalesa non fondato l’assunto di parte ricorrente, sviluppato con la memoria depositata ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, secondo cui la stessa avrebbe ottemperato al predetto onere di allegazione atteso che la sede in cui erano rinvenibili i documenti indicati e prodotti non poteva essere che il fascicolo di parte.

Ed invero in proposito questa Corte già in precedenza, con numerose pronunce, aveva evidenziato l’esigenza, ai fini del corretto espletamento dell’onere di allegazione, che la parte avesse indicato la sede processuale del giudizio di merito in cui la produzione documentale era avvenuta e la sede in cui, nel fascicolo d’ufficio o di parte, tale documento era rinvenibile (v., in particolare, Cass. sez. 3, 25.5.2007 n. 12239).

Sotto altro profilo, in ordine alla specificazione del contenuto del documento, questa Corte ha altresì evidenziato che “è evidente che là dove la legge prescrive che il documento sia indicato specificamente l’onere di specificazione non concerne solo il cd.

contenente, cioè il documento o l’atto processuale come entità materiali, ma anche il cd. contenuto, cioè quanto il documento o l’atto processuale racchiudono in sè e fornisce fondamento al motivo di ricorso. Sotto questo secondo profilo l’onere di indicazione si può adempiere trascrivendo la parte del documento su cui si fonda il motivo o almeno riproducendola indirettamente in modo da consentire alla Corte di cassazione di esaminare il documento o l’atto processuale proprio in quella parte su cui il ricorrente ha fondato il motivo, si da scongiurarsi un inammissibile soggettivismo della Corte nella individuazione di quella parte del documento o dell’atto su cui il ricorrente ha inteso fondare il motivo” (Cass. sez. 3, 4.9.2008 n. 22303).

Il ricorso va pertanto rigettato.

Nessuna statuizione va adottata in ordine alle spese, non risultando l’avvenuta notifica del controricorso al ricorrente e non avendo la controricorrente partecipato alla discussione orale.

Ed invero dalla documentazione in atti emerge che la notifica del detto controricorso è avvenuta a mezzo del servizio postale con raccomandata spedita il 26.10.2010. Ne consegue che, perfezionandosi la notifica nei confronti del destinatario con la ricezione dell’atto, la società intimata avrebbe dovuto fornire la prova, mediante deposito dell’avviso di ricevimento, di tale ricezione.

A tale adempimento la stessa non ha ottemperato, non risultando l’avvenuto deposito di tale avviso di ricevimento, e non riscontrandosene tra l’altro la presenza nel fascicolo; ne consegue che nessuna statuizione può essere adottata in materia di spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2011

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