Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2743 del 05/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2743 Anno 2018
Presidente: SCALDAFERRI ANDREA
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

ORDINANZA
sul ricorso 7452-2017 proposto da:
RUBINO GIUSEPPE SNC, già RUBINO GIUSEPPE & PIETRO
SNC in proprio e quale mandataria dell’ ATI, costituita con le
mandanti EDILXL-kR SRL, Ditta PARADISO ARMANDO E
COPIETRA SUD SRL elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
PANAN1A,74 INT 8, presso lo studio dell’avvocato CARLO
COLAPINTO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente contro
ACQUEDOTTO PUGLIESE SPA in persona del Presidente del
Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI CONDOTTI, 91,
presso lo studio dell’avvocato PIA MARIA BERRUTI, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati ROBERTO FU

Data pubblicazione: 05/02/2018

GIACOMO SAVINO, VALENTINA –l’ANNUNZIO e CARLO
ANGELICI;
– controrkorrente avverso la sentenza n. 18303/2016 della CORTE SUPRENLX DI yet

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 28/11/2017 dal Consigliere Relatore Dott.
FRANCESCO TERRUSI.

Rilevato che:
la Rubino s.n.c. chiede la revocazione della sentenza di questa
Corte n. 18303-16, con la quale è stato rigettato, per quanto
rileva, il suo ricorso avverso la decisione con la quale la corte
d’appello di Roma, in accoglimento dell’impugnazione di
Acquedotto Pugliese s.p.a., aveva dichiarato la nullità del lodo
arbitrale del 7-11-2007 e dei contratti di proroga e rinnovo di
un appalto pubblico inter partes, oltre che rigettato le domande
di ulteriore remunerazione, risarcimento dei danni e altre
subordinate proposte dall’impresa Rubino;
si è costituta resistendo la società Acquedotto Pugliese;
la ricorrente ha depositato una memoria.
Considerato che:
l’istanza di revocazione è sorretta da due motivi, variamente
articolati al loro interno;
il

primo

denunzia

l’errore

di

fatto

per

“omessa

pronuncia/percezione di questioni poste col primo e secondo
motivo” del ricorso a suo tempo proposto contro la sentenza
d’appello;
tale motivo di revocazione è inammissibile per difetto di
decisività e perché non attinente a errori revocatori;
Ric. 2017 n. 07452 sez. M1 – ud. 28-11-2017
-2-

CASSAZIONE di ROMA, depositata il 19/09/2016;

si sostiene nell’ordine: (i) -che dóveva considerarsi pacifica tra
le parti, perché non contestata, la circostanza che il contratto
originario era stato prorogato a seguito di varie disposizioni di
Acquedotto Pugliese s.p.a. e di successivi formali atti aggiunti
al medesimo contratto; (il) che la questione dell’implignabilità

posta da Acquedotto Pugliese per supportare la distinta tesi al
fondo di una nuova eccezione di inammissibilità prospettata in
appello; (iii) che su tale complessa questione non sarebbe
“intervenuta adeguata pronuncia” da parte della Cassazione;
(iv) che la sentenza aveva supposto che a impugnare il lodo
fosse stata la società Rubino anziché la società Acquedotto
Pugliese; (v) che codesta non aveva fatto valere la questione
della non impugnabilità del lodo, con conseguente giudicato
della decisione arbitrale sul punto; (vi) che in ogni caso la
Cassazione aveva escluso l’esistenza dell’arricchimento della
committente a cagione dell’assenso dato dalla società Rubino
alla percezione del corrispettivo per il periodo di proroga o di
rinnovo, omettendo di esaminare gli atti difensivi di tale società
chiaramente intesi a riferire il consenso a tutt’altra questione
(la negotiorum gestio);
la doglianza è inammissibile nella prima parte in quanto la
sentenza della cui revocazione si tratta, giudicando sul primo
motivo di ricorso col quale era stata dedotta, tra l’altro, una
violazione del principio per cui i fatti pacifici non abbisognano
di prova, ha innanzi tutto considerato non invocabile l’art. 115
cod. proc. civ. perché applicabile, nella formulazione di cui alla
I. n. 69/2009, ai giudizi iniziati dopo l’entrata in vigore della
stessa legge; mentre nel caso di specie il giudizio di
impugnazione era stato incardinato – si dice in sentenza – nel
2008, e quello arbitrale nel 2006;
Ric. 2017 n. 07452 sez. M1 – ud. 28-11-2017
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del lodo come contenuta “solo” nel contratto del 2000 era stata

tale aspetto della sottostante questione sorregge di per sé la
decisione finatenella parte corrispondente e non è inciso dagli
argomenti attualmente ‘spesi;
non è poi- vero che la sentenza abbia confuso i soggetti
impugnanti il lodo, essendo chiarito dalla esposizione iniziale

Pugliese;
nel contempo tutte le questioni afferenti l’esistenza di un
giudicato interno, non rilevato dalla Suprema Corte, sono
insuscettibili di essere tradotte in errore di fatto, volta che si
dice che la questione era stata eccepita dalla società Rubino;
donde la questione era da considerare controversa, e la
difforme valutazione della Corte ne ha sostanziato l’implicito
rigetto;
infine è inammissibile la prospettazione relativa ai fondamenti
dell’azione di arricchimento che, anche a voler sorvolare sulla
scarsa perspicuità dei riferimenti contenuti nel ricorso per
revocazione, aveva costituito oggetto di esplicite difese;
pertanto anche tale questione rientrava nell’oggetto del
giudizio devoluto alla Corte di cassazione, mentre l’errore
revocatorio deve essere necessariamente relativo a un “fatto”
non costituente “punto controverso” sul quale la sentenza
abbia inteso pronunciare;
non possiede miglior sorte il secondo motivo di revocazione, e
in tal caso la ragione di inammissibilità è interna al tipo di vizio
denunciato;
la ricorrente denunzia il dolo di Acquedotto Pugliese s.p.a. da
cui sarebbe derivata l’ingiustizia della sentenza a proprio
danno;

Ric. 2017 n. 07452 sez. M1 – ud. 28-11-2017
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che il lodo era stat ° impugnato appunto da Acquedotto

l’esordio della dolianza tradisce l’errore giuridico della
ricorrente, la quale infatti postula applicabile alla fattispecie
l’art. 391-ter cod. proc. civ.;
in contrario è sufficiente osservare che l’art. 391-ter suppone
che la sentenza della Corte, cassando quella di merito, abbia a

secondo comma, ultimo periodo; mentre la sentenza della cui
revocazione si tratta ha semplicemente rigettato, per quanto di
interesse, il ricorso a suo tempo proposto dalla società nei
riguardi della sentenza d’appello;
consequenziale è la condanna della ricorrente alle spese.
p.q.m.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e” condanna la
ricorrente alle spese processuali, che liquida in euro 7.600,00,
di cui euro 100,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso
forfetario di spese generali nella percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28
novembre 2017.

sua volta deciso la causa nel merito, ai sensi dell’art. 384,

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