Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27410 del 01/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 01/12/2020, (ud. 07/10/2020, dep. 01/12/2020), n.27410

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FILOCAMO Fulvio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1163-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FILIPPO

CORRIDONI 19, presso lo studio dell’avvocato LUIGI PASSALACQUA,

rappresentato e difeso dall’avvocato RENATO CIAMARRA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4710/2017 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 24/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/10/2020 dal Consigliere Dott. FULVIO FILOCAMO.

 

Fatto

RITENUTO

che:

Con atto a rogito del Notaio S.G., stipulato in data 08.9.2014, C.C., nella qualità di disponente, costituiva un trust auto-dichiarato, denominato ” C.C. (OMISSIS)”, ai sensi della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, artt. 10 e 11 (relativa alla legge applicabile al Trust ed al suo riconoscimento, convenzione resa esecutiva in Italia con L. 16 ottobre 1989, n. 364, in vigore dal 1 gennaio 1992), con beneficiari individuati nelle persone di Co.Gi. (madre) e V.S. (estranea). L’atto istitutivo individuava, quale legge applicabile, la legge dello Stato del Jersey (Stati Uniti).

Con il rogito, quindi, veniva costituito un vincolo di destinazione su parte del patrimonio del “disponente”, a favore di sè stesso, in qualità di “trustee”, al fine di accantonare risorse economiche per provvedere al sostentamento dei Beneficiari ed al loro futuro. Il Notaio S.G., al momento della stipula del rogito, auto-liquidava l’atto, assoggettandolo alla sola imposta di registro in misura fissa, considerato l’effetto segregativo costituito sui beni immobili ed in ragione dell’assenza di effetti traslativi.

L’Agenzia delle Entrate emetteva un avviso di liquidazione per recuperare l’imposta proporzionale di successione e donazione (aliquota dell’8%) come previsto dalla L. n. 286 del 2006, art. 2, comma 49, lett. c), già autoliquidata in misura fissa, oltre l’imposta di bollo ai sensi della Tariffa allegata al D.P.R. n. 642 del 1972, art. 1, comma 1 bis, punto 3), sull’imponibile di Euro 108.800 relativo al valore dei beni segregati nel trust a favore di V.S..

Con reclamo-ricorso ai sensi D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 17-bis, depositato presso la Commissione Provinciale di Benevento, S.G. impugnava l’avviso di liquidazione, sostenendo il difetto di sottoscrizione ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 42 e, più in generale, ai sensi della L. n. 241 del 1990, ex art. 21-septies, la nullità per assenza di idonea motivazione in violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, della L. n. 241 del 1990, art. 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma 5, e del D.Lgs. n. 32 del 2001; infine, denunciando l’illegittimità dell’avviso impugnato per erroneità nei presupposti e per violazione e falsa applicazione del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, commi 47 e 49, convertito con modifiche dalla L. n. 286 del 2006.

La Commissione Tributaria Provinciale di Benevento, con sentenza n. 180 del 2016, accoglieva il ricorso, ritenuta assorbente l’eccezione di nullità per difetto di sottoscrizione, in particolare perchè la delega non era specificatamente riferita ad un soggetto ben individuato.

L’Ufficio presentava appello, ribadendo la legittimità del proprio operato.

Si costituiva in giudizio il S. riproponendo le questioni rimaste assorbite. In particolare, contestava il fatto che, se il trust ha per oggetto il perseguimento di un fine e non, invece, l’arricchimento di determinati soggetti, è possibile che non si realizzi alcun incremento patrimoniale connesso ad un trasferimento di ricchezza, con la conseguenza che la tassazione del mero atto di segregazione dei beni violerebbe il principio di capacità contributiva, perchè il momento giuridico della costituzione del vincolo (con segregazione dei beni) non coinciderebbe con nessuna manifestazione di ricchezza, attuale e futura.

Trattandosi di trust auto-dichiarato nel quale non vi sarebbe alcun trasferimento di proprietà, non può dirsi realizzato il presupposto dell’imposta di cui al D.Lgs. n. 346 del 1990, il quale, invece, impone il prodursi dell’effetto traslativo, che non può sussistere qualora settior e il trustee coincidano.

La Commissione Tributaria Regionale della Campania respingeva l’appello, trattando il merito della questione, dopo aver ritenuto l’atto impositivo sufficientemente motivato. I giudici di appello ritenevano che il disponente, nella fattispecie non attuava alcun trasferimento ad un terzo soggetto, ma si limitava ad apporre un vincolo di destinazione su alcuni suoi beni, separandoli dal restante patrimonio. La segregazione, quindi, si verificava all’interno del patrimonio dello stesso disponente, non comportando alcun trasferimento di beni, tanto più quando, come nel caso in esame, vi era coincidenza tra disponente e “trustee”. Sulla base di detta analisi la Commissione Tributaria Regionale, non operandosi alcun trasferimento di diritti aventi ad oggetto i beni segregati, e richiamando la giurisprudenza della Cassazione (Sez. V, sentenza n. 21614 del 2016), riteneva illegittimo l’atto di liquidazione impugnato.

Avverso questa decisione, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

Il resistente si è costituito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. L’Agenzia delle Entrate, con unico motivo, denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, convertito in L. n. 286 del 2006, ritenendo che la Commissione Tributaria Regionale avrebbe interpretato in senso non conforme la norma che ha reintrodotto nell’ordinamento giuridico italiano l’imposta sulle successioni e donazioni, estendendone l’ambito di applicazione alla “costituzione di vincoli di destinazione”.

Si argomenta che, con la circolare n. 3/E del 22 gennaio 2008, l’Amministrazione sostiene tale impostazione, chiarendo che tra i vincoli di destinazione rientra anche la costituzione di trust. Tale istituto, tuttavia, si differenzia “in quanto comporta la segregazione dei beni sia rispetto al patrimonio personale del disponente, sia rispetto a quello dell’intestatario di tali beni (trustee)…”. La peculiarità del trust rispetto ad altri vincoli di destinazione deriverebbe dalla causa giuridica unitaria ad esso sottesa: come specificato dalla circolare n. 48 del 2007 e ribadito dalla circolare n. 3 del 2008, infatti, il trust si sostanzia in un rapporto giuridico complesso con un’unica causa fiduciaria che ne caratterizza tutte le vicende giuridiche (istituzione, dotazione patrimoniale, gestione, realizzazione dell’interesse del beneficiario, raggiungimento dello scopo). La prerogativa che contraddistingue l’istituto, strettamente connessa alla sua causa fiduciaria, induce a valorizzare l’effetto segregativo sui beni attribuiti in dotazione al trust e consentirebbe di individuare il momento impositivo ai fini dell’imposta di successione e donazione al momento della sua costituzione.

2. Il motivo è infondato.

2.1. La normativa sul trust (D.L. n. 262 del 2006, art. 2, commi da 47 a 53, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 286 del 2006, I, commi da 77 a 79, della L. n. 296 del 2006 – legge finanziaria per il 2007 – e L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 31, – legge finanziaria per il 2008 -), prevede l’applicabilità dell’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito “e sulla costituzione di vincoli di destinazione”, alla luce del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al D.Lgs. n. 346 del 1990, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto “Salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54”.

Il D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, come convertito, prescrive che “è istituita l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al D.Lgs. n. 346 del 1990, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54”.

Con le circolari n. 48/E del 6 agosto 2007 e n. 3/E del 22 gennaio 2008 (le quali non hanno contenuto vincolante) l’Ufficio assume che dette disposizioni nel loro “combinato disposto” siano nel senso di sostenere che gli “effetti segreganti” del trust darebbero luogo ad un trasferimento dei beni conferiti, che deve assoggettarsi a tassazione secondo la reintrodotta legge sulle successioni e donazioni di cui al D.Lgs. n. 346 del 1999. Ciò, secondo l’Amministrazione, in ragione del D.L. n. 262 cit., art. 2, comma 47, che prevede “l’istituzione” dell’imposta sulle successioni e sulle donazioni anche “sulla costituzione dei vincoli di destinazione” nei quali si afferma che rientrino anche i trust “autodichiarati” o di natura diversa.

In assenza di conferimento di beni le stesse circolari n. 48/E e n. 3/E cit. affermano che il trust debba scontare soltanto l’imposta di registro in misura fissa, atteso che in questo caso è mancante qualsiasi trasferimento di ricchezza, quindi, l’atto di costituzione del trust, non accompagnato da alcun conferimento, non va assoggettato all’imposta di successione e donazione proprio perchè quest’ultima non è un’imposta d’atto e ma un’imposta che tassa il trasferimento di ricchezza a scopo liberale.

La prima questione che si pone, dunque, riguarda la natura del trust, dovendosi accertare se esso rientri effettivamente tra i “vincoli di destinazione” che l’art. 2, comma 47, sopra citato considera (in alternativa ai trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito) ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni.

Negli atti di “costituzione di vincoli di destinazione” di cui all’art. 2, comma 47, cit. può rientrare anche il trust. Infatti, questa Corte, con ordinanza n. 1131 del 2019 ha affermato che: “nell’ambito concettuale dei “vincoli di destinazione” devono essere ricondotti non solo gli “atti di destinazione” di cui all’art. 2645-ter c.c., ma qualunque fattispecie prevista dall’ordinamento tesa alla costituzione di patrimoni vincolati ad uno scopo (…)”.

Tale inclusione, tuttavia, non può essere ritenuta sufficiente a giustificare l’imposizione del trust in quanto tale, ostandovi in primis considerazioni di natura costituzionale. Ciò perchè la tesi della ‘nuova impostà gravante sul vincolo di destinazione, assunto quale autonomo e sufficiente presupposto, non dà adeguatamente conto del fatto che la sola apposizione del vincolo in sè non comporta un incremento patrimoniale significativo ovvero un reale trasferimento di ricchezza.

La costituzione del trust – come avviene per i vincoli di destinazione produce soltanto efficacia segregante per i beni in esso conferiti, perchè il trustee non ne è proprietario bensi amministratore ed anche perchè detti beni non possono che essere trasferiti ai beneficiari in esecuzione del programma negoziale stabilito per la donazione indiretta (artt. 2 e 11 Convenzione de L’Aja del 1 luglio 1985, recepita con L. n. 364 del 1989).

Ciò consente di comprendere l’infondatezza della censura denunciata dall’Ufficio che – pur riconoscendo anche nelle sue circolari che quella applicabile al trust è l’imposta sulle donazioni e sulle successioni che ha come presupposto l’arricchimento patrimoniale a titolo di liberalità, tanto che la stessa non può applicarsi se il trust è stato costituito senza conferimento, scontando in questo caso soltanto l’imposta fissa di registro – sostiene l’erroneo convincimento che il conferimento di beni nel trust dia luogo ad un trasferimento imponibile o, comunque, ad un atto di segregazione tassabile come se il trasferimento fosse già avvenuto.

Il trasferimento che non sussiste all’atto della costituzione, perchè del tutto contrario al programma negoziale di donazione indiretta per cui è stato predisposto e che – come si ripete – prevede la temporanea preservazione del patrimonio a mezzo della sua segregazione fino al trasferimento effettivo a favore dei beneficiari.

Per l’applicazione dell’imposta sulle successioni e sulle donazioni manca, quindi, il presupposto impositivo della liberalità, alla quale può dar luogo soltanto un reale arricchimento mediante un effettivo trasferimento di beni e diritti (D.Lgs. n. 346 cit., art. 1).

Pertanto, nemmeno può condividersi l’interpretazione letterale del D.L. n. 262 cit., art. 2, comma 47 e ss., sollecitata dal ricorrente, secondo cui sarebbe stata istituita un’autonoma imposta “sulla costituzione dei vincoli di destinazione” disciplinata dalle norme del D.Lgs. n. 346 cit., avente come presupposto la loro mera costituzione.

In realtà il dato letterale non può condurre a tale conclusione, poichè ex art. 12, comma 1, prel. “il significato proprio delle parole secondo la connessione di esse” orienta nel diverso senso che l’unica imposta espressamente istituita è stata la reintrodotta imposta sulle successioni e sulle donazioni alla quale per ulteriore espressa disposizione debbono andare anche assoggettati i vincoli di destinazione, con la scontata conseguenza che il presupposto dell’imposta rimane quello stabilito dal D.Lgs. n. 346 cit., art. 1, del reale trasferimento di beni o diritti e quindi del reale arricchimento dei beneficiari.

Come già sostenuto da questa Corte con indirizzo che si condivide, il D.L. n. 262 cit., art. 2, comma 47 e ss., è “l’intenzione del legislatore” di evitare che un’interpretazione restrittiva della nuova legge sulle successioni e donazioni disciplinata mediante richiamo al già abrogato D.Lgs. n. 346 cit. potesse dar luogo ad alcuna imposizione anche in caso di reale trasferimento di beni e diritti ai beneficiari quando lo stesso fosse stato collocato all’interno di una fattispecie di recente introduzione come quella dei vincoli di destinazione, non considerata dal già cit. D.Lgs. n. 346.

Questa appare l’interpretazione logicamente più corretta e l’unica costituzionalmente orientata, atteso che l’art. 53 Cost. non sembra poter giustificare un’imposta, a meno che non sia un’imposta semplicemente d’atto come quella di registro, senza relazione con un’idonea capacità contributiva.

Questa Corte, con pronuncia n. 975 del 2018 (conf. Cass. n. 22756 del 2019) ha chiarito che: “Il trasferimento del bene dal settlor al trustee avviene a titolo gratuito e non determina effetti traslativi, poichè non ne comporta l’attribuzione definitiva allo stesso, che è tenuto solo ad amministrarlo ed a custodirlo, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del suo ritrasferimento ai beneficiari del trust: detto atto, pertanto, è soggetto a tassazione in misura fissa, sia per quanto attiene all’imposta di registro che alle imposte ipotecaria e catastale”. La strumentalità dell’atto istitutivo e di dotazione del trust ne giustifica, nei termini indicati, la neutralità fiscale.

Ferma restando l’indubbia discrezionalità del legislatore nell’individuare i presupposti impositivi, quest’ultima deve pur sempre muoversi in un ambito di ragionevolezza e di non arbitrio (Corte Cost. n. 4 del 1954 e n. 83 del 2015), posto che la capacità contributiva per cui il contribuente è chiamato a concorrere alle pubbliche spese “esige l’oggettivo e ragionevole collegamento del tributo ad un effettivo indice di ricchezza” (C.Cost. n. 394 del 2008).

Tale indice non si rileva prima che il trust abbia attuato la propria funzione.

L’apposizione del vincolo, in quanto tale, può determinare per il disponente l’utilità rappresentata dalla separatezza dei beni (limitativa della regola generale di cui all’art. 2740 c.c.) in vista del conseguimento di un determinato risultato di ordine patrimoniale, ma detta utilità è lo stesso fondamento causale del trust, della cui validità e meritevolezza ex art. 1322 c.c., dopo la ratifica della Convenzione, non si può dubitare.

In altri termini, detta utilità non rappresenta, di per sè, alcun effettivo e definitivo incremento patrimoniale in capo al disponente e nemmeno al trustee, quanto soltanto (se e quando il trust abbia compimento) in capo al beneficiario finale. Prima di questo momento, l’utilità, insita nell’apposizione del vincolo, si risolve, infatti, dal lato del conferente, in una auto restrizione del potere di disposizione mediante segregazione e, dal lato del trustee, in un’attribuzione patrimoniale meramente formale, transitoria, vincolata e strumentale (come stabilito dai su riportati artt. 2 e 11 della Convenzione).

In conclusione, secondo l’indirizzo che si condivide e che si ritiene prevalente (da ultimo Cass. n. 8082 del 2020 la quale ricostruisce lo sviluppo dell’indirizzo), il trasferimento del bene dal settlor al trustee avviene a titolo gratuito e non determina effetti traslativi, poichè non ne comporta l’attribuzione definitiva allo stesso, che è tenuto solo ad amministrarlo ed a custodirlo, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del suo ritrasferimento ai beneficiari del trust, sicchè detto atto sarebbe soggetto a tassazione in misura fissa, sia per quanto attiene all’imposta di registro che alle imposte ipotecaria e catastale (Sez. 5, Sentenza n. 975 del 2018). In particolare, in tema d’imposta ipotecaria e catastale, l’istituzione di un “trust” cd. “autodichiarato”, con conferimento di immobili per una durata predeterminata o fino alla morte del disponente, i cui beneficiari siano i discendenti di quest’ultimo, sarebbe riconducibile alla donazione indiretta e sarebbe soggetto all’imposta in misura fissa, atteso che la “segregazione”, quale effetto naturale del vincolo di destinazione, non comporta alcun reale trasferimento o arricchimento, che si realizzano solo a favore dei beneficiari, successivamente tenuti al pagamento dell’imposta in misura proporzionale (Sez. 5, Sentenza n. 21614 del 2016).

3. In definitiva, il ricorso va rigettato, atteso che da siffatti rilievi consegue che nessuna censura può essere espressa nei confronti della sentenza impugnata, in quanto i giudici di appello, facendo buon governo dei principi espressi, hanno ritenuto l’illegittimità dell’atto impositivo.

Le spese del presente giudizio vanno integralmente compensate tra le parti, avuto riguardo al recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni trattate rispetto all’epoca di introduzione della lite.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2020

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