Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27408 del 25/10/2019

Cassazione civile sez. II, 25/10/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 25/10/2019), n.27408

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11635/2018 proposto da:

CONSIGLIO NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI E DEGLI ESPERTI

CONTABILI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GROENLANDIA, n.

31, presso lo studio dell’avvocato STEFANO MARGIOTTA, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ODESCALCHI

57, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO LEONI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7803/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 07/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/09/2019 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

uditi gli avvocati Stefano Margiotta e Marcello Leoni.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. M.S. impugnava dinanzi al Tribunale di Roma la Delibera del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei commercialisti e degli esperti contabili che aveva irrogato nei suoi confronti la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per sei mesi, lamentando l’eccessività della pena e deducendo la prescrizione dell’azione disciplinare.

2. Il giudizio si concludeva con un provvedimento di non luogo a provvedere in quanto il ricorrente non aveva notificato il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza alla controparte nel termine stabilito dal decreto stesso e il Tribunale, sulla base della giurisprudenza di legittimità, aveva ritenuto di non poter concedere un nuovo termine.

3. Avverso tale provvedimento M.S. proponeva reclamo, assumendo l’erronea mancata concessione del nuovo termine per la notifica, benchè il decreto non gli fosse stato comunicato. La Corte d’Appello respingeva il reclamo, richiamando lo stesso orientamento di legittimità indicato dal primo giudice secondo cui: all’omessa notificazione del ricorso nel termine assegnato dal decreto di fissazione dell’udienza consegue l’improcedibilità dell’appello in assenza di un’istanza di proroga prima della scadenza, e ciò anche nel caso in cui il decreto di fissazione dell’udienza non sia stato comunicato al ricorrente che ha l’obbligo di attivarsi per conoscere l’esito del proprio ricorso.

4. M.S. proponeva ricorso per cassazione.

5. Questa Corte, con sentenza n. 5417 del 2015, accoglieva il primo dei motivi di ricorso avente ad oggetto la violazione del diritto di difesa e di azione derivante dalla mancata concessione di un ulteriore termine. Il collegio, nell’accogliere il motivo, dichiarava applicabile alla fattispecie il principio affermato dalle sezioni unite con riferimento ai giudizi di equa riparazione (Sez. U, Sent. n. 5700 del 2014) secondo cui il termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza alla controparte non è perentorio non essendo previsto espressamente dalla legge, con la conseguenza che il giudice, nell’ipotesi di omessa o inesistente notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, può, in difetto di spontanea costituzione del resistente, concedere un nuovo termine, avente carattere perentorio, entro il quale procedere o rinnovare la notifica.

La sentenza veniva, dunque, cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello per l’applicazione del citato principio.

6. M.S. riassumeva il giudizio.

7. Si costituiva il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei commercialisti e degli esperti contabili eccependo l’inammissibilità della riassunzione, in quanto non solo eseguita con citazione anzichè con ricorso, trattandosi di rito camerale D.Lgs. n. 139 del 2005, ex art. 32, ma soprattutto depositata tardivamente, oltre il termine di tre mesi decorrente dal deposito della sentenza della Corte di cassazione.

Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Commercialisti e degli Esperti Contabili, inoltre, eccepiva la nullità della riassunzione perchè notificata al commissario straordinario o pro tempore, pur essendo cessata dal 2014 la gestione commissariale.

8. La Corte d’Appello rigettava le eccezioni svolte dal Consiglio nazionale. In primo luogo, riteneva tempestiva la riassunzione del giudizio, ai sensi dell’art. 392 c.p.c., che stabilisce che la riassunzione deve essere fatta con citazione non oltre tre mesi dalla pubblicazione della sentenza della Corte di Cassazione. Tale norma è applicabile anche ai giudizi di rinvio di natura disciplinare, tutte le volte che non vi sia, nella legge professionale, una specifica disposizione che regoli le modalità di proposizione del giudizio di riassunzione. Nella specie, dunque, in assenza di una specifica norma, la riassunzione era regolata dalle norme del codice di procedura civile.

Quanto all’eccezione relativa alla notifica dell’atto di citazione in riassunzione nei confronti del commissario straordinario era sanata dalla costituzione in giudizio del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei commercialisti.

8.1 La Corte d’appello, superate le eccezioni preliminari, riteneva che si dovesse rimettere la causa al Tribunale ex art. 354 c.p.c., affinchè si costituisse il contraddittorio delle parti, dal momento che il primo giudizio si era svolto in assenza del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei commercialisti al quale non era stato notificato il ricorso introduttivo del M., stante la mancata concessione di un nuovo termine per la notifica.

Tale fattispecie doveva essere assimilata a quella di integrazione del contraddittorio che, ai sensi dell’art. 354 c.p.c., impone la remissione della causa al primo giudice.

9. Il Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di quattro motivi di ricorso.

10. M.S. ha resistito con controricorso.

11. Il Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt. 383,392 e 394 c.p.c..

A parere del ricorrente la Corte d’Appello di Roma non poteva spogliarsi della competenza attribuitagli dalla sentenza di rinvio della Corte di Cassazione e, pertanto, risulterebbe violato l’art. 383 c.p.c., sulla designazione del giudice del rinvio. La Corte di Cassazione, infatti, ove avesse ritenuto che la decisione andava rimessa al giudice di primo grado avrebbe direttamente trasmesso gli atti a quest’ultimo ex art. 383 c.p.c., comma 3.

1.1 Il motivo è fondato.

Questa Corte ha già avuto modo di affermare che “Nel giudizio di rinvio ex art. 383 c.p.c., il giudice di appello che rimette la causa in primo grado, ai sensi dell’art. 354 c.p.c., comma 1, per l’integrazione del contraddittorio nei confronti di un litisconsorte pretermesso nelle precedenti fasi del procedimento di merito e di legittimità, viola l’art. 394 c.p.c., che preclude al giudice del rinvio l’esame dell’integrità del contraddittorio” (Sez. 2, Sent. n. 4317 del 2016).

In questo caso, infatti, si determina una deviazione del regolare corso dell’iniziale procedimento rispetto al consolidato orientamento secondo cui il giudizio di cassazione rende immodificabile la determinazione dei soggetti del rapporto processuale, e preclude in sede di rinvio l’esame della questione della non integrità, anche originaria, del contraddittorio nelle precedenti fasi di merito, in quanto non eccepita dalle parti nè rilevata d’ufficio dal giudice di legittimità; preclusione che, ben vero, ha effetto solo per i litisconsorti presenti in causa e non pregiudica i diritti dell’eventuale litisconsorte pretermesso (Cass. 18 gennaio 2011, n. 1075; Cass. 5 marzo 2007, n. 5061; Cass. 21 febbraio 2006, n. 3688; Cass. 22 gennaio 2000, n. 699; Cass. 21 aprile 1994, n. 3795; Cass. 22 febbraio 1993, n. 2104; Cass. 15 aprile 1987, n. 3722; Cass. 3 luglio 1981, n. 4323).

Del resto, laddove nel giudizio di rinvio dalla cassazione potesse essere eccepita o rilevata di ufficio la non integrità del contraddittorio a causa di un’esigenza originaria di litisconsorzio, si avrebbe a svolgere un’attività incompatibile con le norme che disciplinano il giudizio di rinvio stesso, venendo in esso introdotte parti e conclusioni diverse rispetto al giudizio di appello, contro il preciso divieto dell’art. 394 c.p.c..

L’annullamento con rinvio per violazione di norme di diritto pronunciato dalla Corte di Cassazione vincola, del resto, al principio affermato ed ai relativi presupposti di fatto, onde il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla “regola” giuridica enunciata, ma anche alle premesse logico giuridiche della decisione, attenendosi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione, senza poter estendere la propria indagine a questioni che, pur se non esaminate nel giudizio di legittimità, costituiscono il presupposto stesso della pronuncia, formando oggetto di giudicato implicito interno, atteso che il riesame delle suddette questioni verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza, in contrasto col principio di intangibilità (Cass. 16 ottobre 2015, n. 20981).

Ribaditi i suddetti principi in tema di giudizio di rinvio, con riferimento al caso di specie, deve anche osservarsi che la Corte d’Appello, qualora avesse deciso correttamente sulla possibilità di rinnovo della notifica nel primo giudizio, dopo aver accolto il motivo di impugnazione del M., avrebbe dovuto giudicare nel merito senza poter rimettere la causa al giudice di primo grado ex art. 354 c.p.c..

Deve richiamarsi in proposito l’orientamento secondo il quale: “In caso di nullità della citazione introduttiva del giudizio di primo grado, che si è svolto in contumacia della parte convenuta, determinata dalla inosservanza del termine dilatorio di comparizione, il giudice di appello non può limitarsi a dichiarare la nullità della sentenza e del giudizio di primo grado, ma, non ricorrendo nè la nullità della notificazione dell’atto introduttivo e nè alcuna delle altre ipotesi tassativamente previste dagli artt. 353 e 354 c.p.c., deve decidere nel merito, previa rinnovazione degli accertamenti compiuti nella pregressa fase processuale, ammettendo il convenuto, contumace in primo grado, a svolgere tutte quelle attività che, in conseguenza della nullità, gli sono state precluse (sez. 3, Sent. n. 12156 del 2016 e Sez. 1, Sent. n. 22914 del 2010)”.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione delle disposizioni sull’intangibilità del giudicato, art. 324 c.p.c., art. 2909 c.c. e art. 111 Cost., in relazione alla ragionevole durata del processo.

Il ricorrente evidenzia che la designazione del giudice del rinvio, quale parte della statuizione della cassazione non era suscettibile di essere messa in discussione e su di essa si era formato il giudicato.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 91 c.p.c. e del principio della soccombenza nell’individuazione del soggetto da gravare dell’onere delle spese processuali.

Il ricorrente evidenzia l’erroneità della sua condanna alle spese nonostante alcuna soccombenza si fosse verificata, essendosi la Corte d’Appello limitata ad inviare gli atti al primo giudice senza decidere nel merito.

Il M. non poteva considerarsi parte vittoriosa e il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei commercialisti non poteva considerarsi parte soccombente, non avendo concorso alla nullità che aveva causato la necessità del rinvio al primo giudice.

4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione del D.M. n. 55 del 2014, nella parte in cui ha determinato le spese processuali nella misura prevista per le cause ordinarie anzichè per i procedimenti in Camera di consiglio.

5. Il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso sono assorbiti dall’accoglimento del primo.

6. La Corte accoglie, il primo motivo, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma che provvederà anche sulle spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie, il primo motivo, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma che provvederà anche sulle spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2019

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