Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27407 del 06/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 27407 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA

sul ricorso 32228-2007 proposto da:
DI IANNI RAFFAELE C.F.DNNRFL66E07L2590, ROSADINI ELSA
C.F.RSDLSE42P53C102P,

LANZALONGA

MARCO

C.F.LNZMRC56M02B688R, MANCINI ALFIERO
C.F.MNCLFR52H27D628L, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA GREGORIO VII 133, presso lo studio
2013
2150

dell’avvocato PUGLIESE RITA, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato LACAGNINA MARIO;
– ricorrenti contro

COOP COLONNA CASA SOC. COOP. A RL, IN PERSONA DEL

Data pubblicazione: 06/12/2013

LEGALE RAPP.TE P.T., P.I.03004120584, elettivamente
<33presso lo domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI, studio dell'avvocato CIGLIANO FRANCESCO, che lo rappresenta e difende; CS COOP CASA CASTELLI CCCC, IN PERSONA DEL LEGALE domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 132, presso lo studio dell'avvocato CIGLIANO FRANCESCO, che lo rappresenta e difende; - controricorrenti - avverso la sentenza n. 4876/2006 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 09/11/2006; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/10/2013 dal Consigliere Dott. LINA MATERA; udito l'Avvocato Pugliese Rita difensore dei ricorrenti che si riporta agli atti; udito l'Avv. Cigliano Francesco difensore dei controricorrenti che si riporta agli atti; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il rigetto dei primi cinque motivi, e l'accoglimento del sesto motivo del ricorso. RAPP.TE P.T., P.I.03117320584 elettivamente SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato il 21-1-1997 Di lanni Raffaele, Lanzalonga Marco, Mancini Alfiero e Rosadini Elsa esponevano di essere soci della Cooperativa Colonna Casa coop. a r.1., a sua volta curato in nome proprio e per conto delle Cooperative socie l'edificazione di alloggi economici e popolari, e di aver ottenuto dal detto Consorzio l'assegnazione, in diritto di superficie, di villini in Ladispoli, i quali, peraltro, non erano stati costruiti a regola d'arte. Tanto premesso, gli attori convenivano dinanzi al Tribunale di Roma il predetto Consorzio, per sentirlo condannare alla eliminazione dei vizi riscontrati, al risarcimento dei danni ed al rimborso di somme erogate a vario titolo dagli istanti (interessi di mora per il pagamento di rate di mutuo, spese di riparazione). Essi chiedevano, inoltre, che il Consorzio fosse condannato a procurare il rilascio del certificato di conformità degli impianti elettrici e a farsi restituire dal Comune di Ladispoli quanto erogato dagli attori per il conseguimento del diritto di superficie (che doveva contrattualmente gravare sull'ente territoriale), nonché alla restituzione di somme versate per l'indennità di espropriazione e di quanto corrisposto per IVA sul prezzo pagato per ogni immobile. Nel costituirsi, il Consorzio eccepiva la carenza di - legittimazione attiva degli attori, deducendo che unica legittimata socia del Consorzio Cooperative Castelli soc. coop. a r.I., che aveva nei suoi confronti sarebbe stata la Cooperativa della quale i predetti facevano parte, dal momento che i diritti fatti valere riguardavano la realizzazione del programma edilizio cooperativo i cui soggetti erano appunto il Consorzio e la Cooperativa Nel merito, il convenuto contestava la fondatezza della domanda e ne chiedeva il rigetto. Gli attori chiedevano ed ottenevano autorizzazione a chiamare in causa la Cooperativa, la quale non si costituiva. Con sentenza in data 26-6-2002 il Tribunale condannava il convenuto a pagare a ciascuno degli attori la somma di euro 7.359,51, oltre agli interessi legali. Avverso la predetta decisione proponevano appello principale il Consorzio e appello incidentale gli attori, i quali chiedevano l'accoglimento delle domande pretermesse o respinte dal primo giudice. Con sentenza in data 9-11-2006 la Corte di Appello di Roma accoglieva l'appello principale, rigettando le domande proposte dagli attori. Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso Di Ianni Raffaele, Lanzalonga Marco, Mancini Alfiero e Rosadini Elsa, sulla base di sei motivi. Il Consorzio Cooperative Casa Castelli soc. coop. a r.l. e la Cooperativa Colonna Casa coop. a r.l. hanno resistito con autonomi controricorsi i Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c. MOTIVI DELA DECISIONE 1) I controricorrenti hanno eccepito in limine la nullità del ricorso per cassazione, sul rilievo che la procura apposta in calce a conferenti, non essendo i medesimi ivi indicati ed essendo le firme illeggibili. L'eccezione è infondata. Si rammenta, al riguardo, che la decifrabilità della sottoscrizione della procura alle liti non è requisito di validità dell'atto, ove l'autore sia identificabile, con nome e cognome, dal contesto dell'atto medesimo, in quanto ciò consente di affermare, pur in presenza di firma illeggibile, la riferibilità della procura alla persona, come effetto dell'autenticazione compiuta dal procuratore (tra le tante v. Cass. 26-6-2007 n. 6464; Cass. 19-3-2007 n. 6464; Cass. 9-3-2006 n. 5134; Cass. 28-8-2003 n. 9184). Nella specie, i nomi e cognomi dei sottoscrittori sono chiaramente desumibili dall'intestazione del ricorso. 2) Sempre in via preliminare, si rileva che non ha pregio l'eccezione d'inammissibilità del ricorso ex art. 366 n. 3 c.p.c., sollevata dagli stessi controricorrenti. Il ricorso in esame, infatti, soddisfa il requisito della "esposizione sommaria dei fatti", richiesto dalla norma citata, in tale atto non consentirebbe di accertare l'identità dei soggetti quanto dalla sua lettura si desumono gli elementi indispensabili ai fini della individuazione dell'oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti. dell'art. 112 c.p.c. Deducono che la Corte di Appello, nel rigettare le domande attoree basate sull'esistenza di vizi degli immobili, sul rilievo dell'insussistenza di un rapporto diretto contrattuale tra i soci e il Consorzio, non ha tenuto conto del fatto che a pag. 7 e segg. della comparsa di costituzione e appello incidentale gli attori avevano invocato anche l'applicazione dell'art. 1669 c.c., il quale al primo comma prevede la responsabilità dell'appaltatore nei confronti del committente o dei suoi aventi causa. Sostengono che la Corte di Appello è incorsa nel vizio di omessa pronuncia, non avendo preso in considerazione tale ulteriore profilo della domanda, che si fondava sulla qualità degli attori di assegnatari degli alloggi in questione e, quindi, di aventi causa dalla Cooperativa committente. Il motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto, ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c.: "Dica la Corte se integri il vizio di nullità della sentenza, deducibile con il motivo ex art. 360 n. 4 c.p.c., l'omessa pronuncia su una domanda proposta in primo grado e reiterata con appello incidentale, allorché dalla sentenza stessa non sia possibile desumere che il giudice di appello abbia preso 4 3) Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione comunque in esame tale domanda e che la relativa decisione sia rimasta assorbita da altra". Con il secondo motivo, proposto in via subordinata rispetto al primo, i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione motivazione. Deducono che nella sentenza impugnata non vengono spiegate le ragioni per le quali non sia stata ritenuta la legittimazione degli attori, quali aventi causa del committente Consorzio, a far valere la responsabilità dell'appaltatore per i gravi difetti dell'opera ex art. 1669 c.c. Il quesito di diritto posto è il seguente: "Dica la Corte se, nel riformare la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto la responsabilità dell'appaltatore, sia onere del giudice di appello, che deneghi la legittimazione attiva agli aventi causa del committente, specificare se ritenga configurabile solo la norma dell'art. 1667 c.c. Con il terzo motivo i ricorrenti si dolgono dell'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, con riferimento alla ritenuta inconfigurabilità o inammissibilità dell'azione surrogatoria. Rilevano che nella specie sussistevano tutte le condizioni richieste per l'esercizio dell'azione ex art. 2900 c.c.: qualità di creditori dei soci; inerzia della C000perativa (da intendersi, per la sua qualità di committente, creditrice del Consorzio e, nel contempo, per la sua qualità di cedente, obbligata nei confronti dei soci); instaurazione 5 dell'art. 1669 c.c., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria del litisconsorzio con il soggetto surrogato, perfezionata mediante la chiamata in causa della Cooperativa. Sostengono, pertanto, che gli attori, in quanto assegnatari, erano subentrati nel diritto della Cooperativa di far valere nei confronti del Consorzio la responsabilità può configurarsi sia che si consideri il Consorzio appaltatore della Cooperativa (ricadendosi, in tal caso, nel vizio di omessa pronuncia denunciato con il primo motivo), sia che lo si consideri come mandatario della stessa. In tale seconda ipotesi, infatti, la responsabilità conseguirebbe ai sensi dell'art. 1710 c.c., per non avere il mandatario adempiuto correttamente all'incarico affidatogli, consistente nella cura della buona esecuzione dei lavori, mediante attuazione dei controlli al momento della ricezione dell'opera da parte della società EDILCAERE. Con il quarto motivo i ricorrenti lamentano l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine al rigetto della domanda di rimborso del credito IVA relativo al prezzo pagato per ciascuno degli immobili loro assegnati. Rilevano che in modo contraddittorio la Corte di Appello ha rigettato per carenza di legittimazione passiva la predetta domanda, ed ha invece riconosciuto la legittimazione passiva del Consorzio per l'analoga domanda volta ad ottenere la restituzione degli interessi di mora che 6 responsabilità per le difformità del capitolato. Deducono che tale Di Ianni, Lanzalonga e Mancini avevano dovuto pagare alla banca mutuante a seguito del ritardato pagamento. Con il quinto motivo i ricorrenti denunciano l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, con riferimento al rigetto Consorzio quale corrispettivo dell'indennità di espropriazione delle aree su cui erano sorti i villini. Deducono che la sentenza impugnata non consente di individuare le ragioni per le quali non è stata ritenuta la legittimazione passiva del Consorzio in relazione alla domanda di rimborso della quota dell'indennità di esproprio, richiesta a titolo provvisorio dal Comune espropriante al Consorzio e con obbligo di restituzione da parte dello stesso Comune. Con il sesto motivo, infine, i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione al rigetto della domanda di restituzione degli interessi moratori da essi corrisposti alla banca a seguito della mancata comunicazione da parte del Consorzio delle date di scadenza delle rate di mutuo. Fanno presente che unico obbligato nei confronti della banca era il Consorzio e che i soci, fino al 1985, erano tenuti solo al rimborso. Deducono che, avendo i soci provato il pagamento degli interessi moratori, competeva al Consorzio, quale soggetto obbligato per il mutuo e titolare solo del diritto al rimborso, dimostrare che la mora della domanda di rimborso delle quote pagate pro-capite al doveva essere addebitata ai soci. Il Consorzio, invece, non aveva inoltrato ai soci nessuna comunicazione, per cui gli effetti di quel ritardo non potevano che ricadere su di esso. Il quesito di diritto viene così formulato:: "Dica la Corte se integri il vizio di violazione obbligato ad un pagamento e titolare del diritto di rimborso da parte di altro soggetto, per evitare le conseguenze pregiudizievoli del proprio ritardo di pagamento, non sia tenuto a fornire la prova ai sensi dell'art. 2697 c.c. di avere tempestivamente richiesto al soggetto tenuto al rimborso la provvista per poter adempiere". 4) 11 primo motivo è inammissibile per carenza di interesse. E' noto che l'interesse alla impugnazione, il quale costituisce manifestazione del generale principio dell'interesse ad agire -sancito, quanto alla proposizione della domanda ed alla contraddizione alla stessa, dall'art. 100 c.p.c.- va apprezzato in relazione all'utilità concreta derivabile alla parte dall'eventuale accoglimento del gravame e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata; sicché è inammissibile, per difetto d'interesse, un'impugnazione con la quale si deduca la violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte, e che sia diretta, quindi, all'emanazione di una pronuncia priva di rilievo e falsa applicazione di norme di diritto il ritenere che il soggetto pratico (tra le altre v. Cass. 23-5-2008 n. 13373; Cass. 19-5-2006 n. 11844; Cass. 26-7-2005 n. 15623; Cass. 8-9-2003 n. 13091). Ciò posto e atteso che l'azione ex art. 1669 c.c. va proposta nei confronti dell'appaltatore, nessun concreto interesse hanno i esame non avrebbe potuto portare ad una decisione per essi favorevoli, dal momento che la Corte di Appello, con apprezzamento in fatto non censurabile in sede di legittimità, ha accertato che appaltatore dei lavori per cui è causa non era stato il Consorzio convenuto, ma un diverso soggetto (la società EDILCAERE). L'inammissibilità del motivo in esame comporta l'assorbimento del secondo. 5) Il terzo motivo è inammissibile. Le censure mosse, volte a sostenere che nella specie sussistevano i presupposti richiesti per l'esercizio dell'azione ex art. 2900 c.c., non si confrontano con le ragioni della decisione, basate sul rilievo che un'eventuale azione surrogatoria avrebbe dovuto essere fatta valere nei confronti dell'appaltatrice EDILCAERE. Nella parte in cui deduce una responsabilità del Consorzio quale mandatario della Cooperativa, inoltre, il motivo prospetta una questione nuova, che non risulta trattata nella sentenza impugnata e che i ricorrenti non hanno dedotto di avere tempestivamente proposto nel giudizio di merito. 9 ricorrenti a dolersi della omessa pronuncia su tale domanda, il cui Si rileva, in proposito, che per giurisprudenza pacifica i motivi del ricorso per cassazione devono investire a pena di inammissibilità questioni che hanno formato oggetto del giudizio di secondo grado, non essendo consentito in sede di legittimità la proposizione di e grado del procedimento, quando esse presuppongano o comunque richiedano nuovi accertamenti o apprezzamenti di fatto preclusi alla Corte di Cassazione (tra le tante v. Cass. 27 agosto 2003, n. 12571; Cass. 24 maggio 2003, n. 8247). Da tanto discende che, ove una determinata questione giuridica -che implichi un accertamento di fatto- non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l'onere non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di Cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (tra le più recenti v. Cass. 21-1-2013 n. 1435; Cass. 14-4-2011 n. 8504; Cass. 22540/06; Cass. 15 2 2010 n. 3468; Cass. 11-11-2008 n. 26953: Cass. - - 21-2-2006 n. 3664: Cass. 22-5-2006 n. 11922; Cass. 19-5-2006 n. 11874: Cass. 11-1-2006 n. 230). 6) Anche il quarto e il quinto motivo sono inammissbili. 10 nuove questioni di diritto, ancorché rilevabili d'ufficio in ogni stato La Corte di Appello ha disatteso la richiesta degli appellanti incidentali di condanna del Consorzio alla restituzione di somme pagate in riferimento all'indennità di esproprio ed al recupero del credito IVA, rilevando da un lato che non risultavano provati i domanda avrebbe dovuto essere proposta nei confronti dei destinatari finali del pagamento (rispettivamente il Comune di Ladispoli e l'Erario), difettando il Consorzio di legittimazione passiva Con i motivi in esame i ricorrenti hanno censurato solo la seconda parte della motivazione, senza muovere alcuna specifica doglianza in ordine al primo argomento addotto dal giudice del gravame, di per sé idoneo a sorreggere la decisione, riguardante la mancanza di prova della sussistenza dei presupposti per l'indebito oggettivo. Ciò posto, si rammenta che, in tema di ricorso per cassazione, qualora la decisione impugnata si fondi, come nella specie, su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, l'omessa impugnazione di tutte le rationes decidendi rende inammissibili, per difetto di interesse, le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand'anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante l'intervenuta definitività delle altre non impugnate, all'annullamento 11 presupposti per l'indebito oggettivo, e dall'altro che la relativa della decisione stessa (tra le tante v. Cass. Sez. L. 11-2-2011 n. 3386; Sez. 1, 18-9-2006 n. 20118; Cass. S.U. 8-8-2005 n. 16602; Sez. 3, 27-1-2005 n. 1658; Sez. 1, 12-4-2001 n. 5493). 7)1! sesto motivo è infondato. quali ha rigettato la domanda dei ricorrenti di condanna del Consorzio alla restituzione degli interessi moratori dai medesimi corrisposti alla banca mutuante per asserita colpa del convenuto, che a loro dire non avrebbe tempestivamente inviato le richieste di pagamento. Essa ha spiegato che gli attori non hanno dimostrato per quale ragione i soci abbiano ritardato, per i semestri scadenti il 1 luglio 1993, il 1 gennaio 1994 e il 1 luglio 1994, il pagamento delle rate; ed ha evidenziato che, tra l'altro, non appariva agevolmente comprensibile se gli appellanti incidentali intendessero addebitare al Consorzio di non averli tempestivamente avvisati che da una certa data in poi il pagamento avrebbe dovuto essere effettuato direttamente presso l'istituto mutuante e non più presso il Consorzio • medesimo (nel qual caso non sussisterebbe prova del dedotto inadempimento, in quanto la prima rata da versare direttamente in banca era quella scadente al 1 gennaio 1995), ovvero di non aver più inviato, a partire dal luglio 1993, l'usuale avviso di scadenza delle rate (circostanza che, secondo il giudice del gravame, presupporrebbe una precedente prassi in tal senso e comunque non 12 La Corte di Appello ha dato adeguato conto delle ragioni per le esonererebbe gli attori, stante la periodicità delle scadenze, dal dimostrare il tempestivo pagamento quanto meno al Consorzio). La decisione resa sul punto si sottrae alle censure mosse dai ricorrenti, essendo sorretta da una motivazione immune da vizi logici ripartizione dell'onere della prova dall'art. 2697 c.c., in base ai quali incombe su colui che faccia valere in giudizio un proprio diritto, l'onere di provare i fatti che ne costituiscono il fondamento Nella specie, avendo gli attori chiesto la condanna del convenuto alla restituzione degli interessi moratori corrisposti alla banca mutuante per il ritardo nel pagamento dei ratei di mutuo, gravava sui medesimi l'onere di provare che il tardivo pagamento era imputabile al Consorzio, trattandosi di fatto costitutivo della pretesa azionata in giudizio. Non ha errato, pertanto, la Corte territoriale nel ritenere che, data la periodicità delle scadenze delle rate di mutuo, gli attori avrebbero dovuto dimostrare di aver tempestivamente provveduto al versamento dei relativi importi al Consorzio 8) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese sostenute dal Consorzio nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo. 13 ed avendo fatto corretta applicazione dei principi sanciti in tema di Sussistono, invece, giusti motivi per compensare interamente le spese tra i ricorrenti e la Cooperativa, nei cui confronti la notificazione del ricorso ha assunto il sostanziale valore di una semplice filis denuntiatio, volta a far conoscere alla parte destinataria l'esistenza di un'impugnazione, al fine di consentirle di proporre impugnazione in via incidentale nello stesso processo. I ricorrenti, infatti, non hanno proposto alcuna richiesta nei confronti della Cooperativa né con l'atto di appello incidentale né con il ricorso per cassazione, essendo tutti i motivi di impugnazione indirizzati unicamente nei confronti del Consorzio. Essendo, pertanto, la sentenza di appello passata in giudicato nei confronti della Cooperativa, quest'ultima non aveva alcun concreto interesse a costituirsi nel presente giudizio di legittimità, e nei suoi confronti non può configurarsi una soccombenza dei ricorrenti. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese in favore del Consorzio, che liquida in euro 4.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge. Compensa le spese tra i ricorrenti e la Cooperativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 23-10-2013 Il Consigliere estensore Il Presidqnte .t

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