Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27407 del 01/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 01/12/2020, (ud. 07/10/2020, dep. 01/12/2020), n.27407

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20548/2016 R.G., proposto da:

l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore

Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con sede in Roma, ove elettivamente

domiciliata;

– ricorrente –

contro

V.D.G.;

– intimato –

Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale

di Firenze l’11 febbraio 2016 n. 250/17/2016, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 7 ottobre 2020 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.

 

Fatto

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Firenze l’11 febbraio 2016 n. 250/17/2016, non notificata, che, in controversia su impugnazione di avviso di liquidazione per imposta di successione (a seguito di rettifica del valore di alcuni cespiti), ha accolto l’appello proposto da V.D.G. nei suoi confronti avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Firenze il 3 giugno 2014 n. 934/03/2014, con compensazione delle spese di lite. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la decisione di primo grado, sul presupposto della riconosciuta nullità della notificazione dell’avviso di liquidazione. V.D.G. è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per “motivazione apparente”, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver erroneamente dato rilievo ad una copia della dichiarazione dei redditi per l’anno 2011, difforme rispetto a quella trasmessa dall’intermediario all’amministrazione finanziaria, priva di data certa e ricevuta di presentazione, al fine di desumere la residenza anagrafica del contribuente ove l’avviso di liquidazione doveva essere notificato.

2. Con il secondo motivo, si lamenta omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver omesso di considerare che l’indicazione della residenza erronea nella dichiarazione del redditi per l’anno 2011, ove l’avviso di liquidazione era stato notificato, non era stato oggetto di arbitrario inserimento da parte dell’amministrazione finanziaria, ma semmai frutto di un disguido imputabile al contribuente.

3. Con il terzo motivo (erroneamente indicato col n. “2” in ricorso) si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che il vizio delta notificazione inficiasse anche l’avviso di liquidazione.

Ritenuto che:

1. Il primo motivo è infondato.

1.1 Si può dire che una sentenza sia inficiata da “motivazione apparente” allorquando la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio (ex multis: Cass., Sez. 5, 7 aprile 2017, n. 9105) e, quindi, tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6 (ex multis: Cass., Sez. 1, 30 giugno 2020, n. 13248).

1.2 Nella specie, anche in base alla stessa prospettazione del mezzo, non si può ritenere che la sentenza impugnata sia carente o incoerente sul piano della logica giuridica, contenendo una chiara, congruente e lineare esposizione delle ragioni sottese all’accoglimento dell’appello.

Difatti, la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sia fondata sull’erroneo (a suo dire) presupposto che l’inserimento di una erronea residenza nella dichiarazione dei redditi per l’anno 2011 fosse addebita bile all’amministrazione finanziaria Ma non è l’eventuale errore o travisamento in cui sia incorso il giudice di appello nella percezione o nella valutazione delle risultanze probatorie a determinare di per sè la costruzione di una motivazione apparente, occorrendo che le argomentazioni adoperate – a prescindere dalla loro veridicità o attendibilità siano inidonee a fornire un minimo di giustificazione al decisum.

1.3 Il che non ricorre nel caso di specie, laddove – al di là delle dissertazioni di contorno (consistenti, per lo più, in passi estratti dal testo di un precedente giurisprudenziale) – la deduzione della nullità della notificazione dell’avviso di liquidazione presso un indirizzo privo di un collegamento attuale col destinatario è logicamente e giuridicamente coerente con la premessa (ancorchè asseritamente falsa o erronea) dell’esclusiva imputabilità all’amministrazione finanziaria dell’indicazione di quello specifico indirizzo come residenza anagrafica del contribuente.

2. Viceversa, il secondo motivo è fondato, derivandone l’assorbimento del terzo motivo.

2.1 Difatti, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, prevede romessa, insufficiente o contraddittoria motivazione”, come riferita ad “un fatto controverso e decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (Cass., Sez. 5, 8 ottobre 2014, n. 21152; Cass., Sez. 3, 20 agosto 2015, n. 17037; Cass., Sez. 1, 8 settembre 2016, n. 17761; Cass., Sez. 6, 4 ottobre 2017, n. 23238; Cass., Sez. Lav., 25 giugno 2018, n. 16703; Cass., Sez. 5, 3 ottobre 2018, n. 24035; Cass., Sez. 2, 29 ottobre 2018, n. 27415). Peraltro, si deve trattare di un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche di un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo (Cass., Sez. 1, 8 settembre 2016, n. 17761; Cass., Sez. 6, 4 ottobre 2017, n. 23238; Cass., Sez. 2, 29 ottobre 2018, n. 27415).

2.2 E’, invece, inammissibile la revisione del ragionamento decisorio del giudice, non potendo mai questa Corte procedere ad un’autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa e non potendo il vizio consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, spettando soltanto al giudice di merito di individuare le fonti del proprio convincimento, controllare l’attendibilità e la concludenza delle prove, scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione dando liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova. Pertanto, con riguardo alle prove, mai può essere censurata la valutazione in sè degli elementi probatori secondo il prudente apprezzamento del giudice.

2.3 Secondo la sentenza impugnata, “il fatto che l’indicazione della residenza in Fiesole, Via dei Bosconi, 25, sia stata, effettivamente, inserita dall’Ufficio di propria iniziativa risulta, non solo dal confronto tra le copie del modulo “Unico” prodotte dal ricorrente in primo grado e quelle prodotte dall’Ufficio in questo grado di appello, ma, soprattutto, dal contenuto della nota che appare in calce alla pagina 2 della copia del modulo prodotta dall’Ufficio in questo grado (…)” e “l’arbitrario e ingiustificato inserimento, ad iniziativa dell’Ufficio, nel campo, del modulo “Unico”, destinato all’indicazione della residenza anagrafica, di una residenza non più attuale da quasi trent’anni non può sorreggere una notificazione avvenuta in un luogo rispetto al quale non vi è alcuna prova dell’esistenza di un suo, reale collegamento con il contribuente (non potendo, certo, considerarsi quale prova di ciò la circostanza che il postino abbia dato atto, senza alcuna ulteriore specificazione, di una “temporanea assenza” del destinatario invece che di una sua irreperibilità”.

2.3 Se ne può desumere che, dando per scontata (peraltro, sulla base di un’asserzione meramente apodittica) l’addebitabilità all’amministrazione finanziaria dell’inserimento della erronea residenza nell’apposito campo della copia del modello “Unico 2011” acquisita al sistema informatico, anche in considerazione della sua difformità rispetto all’originale trasmesso per via telematica dall’intermediario e conservato dal contribuente, la Commissione Tributaria Regionale di Firenze non ha tenuto conto delle seguenti circostanze, ancorchè risultanti dalla documentazione prodotta in giudizio, e precisamente: a) che il contribuente aveva espressamente indicato la residenza in (OMISSIS) nelle dichiarazioni reddituali degli anni 2008, 2009, 2010 e 2011; b) che il contribuente aveva espressamente dichiarato la propria residenza all’estero soltanto dall’1 gennaio 2011 (quindi, in epoca successiva alla notificazione dell’avviso di liquidazione).

2.4 Peraltro, è evidente che si tratta di documenti astrattamente idonei a sovvertire l’esito della decisione, influenzando la valutazione relativa alla ritualità della notifica dell’avviso di liquidazione e, per conseguenza, alla tempestività del ricorso originario del contribuente.

2.5 Pertanto, risultano integrate le condizioni in base alle quali questa Corte ha evidenziato che il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di “fondamento”, essendo state nel caso di specie puntualmente indicate “le ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa” (Cass., Sez. 5, 5 dicembre 2014, n. 25756; Cass., Sez. 6, 28 settembre 2016, n. 1915016812; Cass., Sez. 3, 26 giugno 2018, n. 16812)

3.3 In conclusione, valutandosi l’infondatezza del primo motivo, la fondatezza del secondo motivo e l’assorbimento del terzo motivo, il ricorso può essere accolto per quanto di ragione e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale di Firenze, in diversa composizione, affinchè la stessa, cui è demandata anche la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità, proceda a nuovo esame della documentazione prodotta in giudizio (anche ai fini della valutazione circa la tempestività del ricorso originario).

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo; accoglie il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale di Firenze, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2020

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