Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27406 del 01/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 01/12/2020, (ud. 07/10/2020, dep. 01/12/2020), n.27406

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18641/2016 R.G., proposto da:

l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore

Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;

– ricorrente –

contro

M.M.;

– intimata –

Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale

di Catanzaro il 20 gennaio 2016 n. 58/01/2016, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 7 ottobre 2020 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.

 

Fatto

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Catanzaro il 20 gennaio 2016 n. 58/01/2016, non notificata, che, in controversia su impugnazione di avviso di liquidazione per imposta di successione e relativi accessori, ha respinto l’appello proposto dalla medesima nei confronti di M.M. avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza il 19 marzo 2013 n. 779/08/2013, con compensazione delle spese giudiziali. M.M. è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con unico motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 33, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che l’avviso di liquidazione riguardasse l’imposta complementare anzichè l’imposta principale di successione.

Ritenuto che:

1. Il motivo è fondato.

1.1 In materia di imposta di successione, il D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 27, comma 7, dispone che: “E’ principale l’imposta liquidata in base alle dichiarazioni presentate, complementare l’imposta o maggiore imposta liquidata in sede di accertamento d’ufficio o di rettifica, suppletiva quella liquidata per correggere errori od omissioni di una precedente liquidazione”.

1.2 Ancora, il D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 33, comma 1, precisa che: “L’ufficio del registro liquida l’imposta in base alla dichiarazione della successione, anche se presentata dopo la scadenza del relativo termine ma prima che sia stato notificato l’accertamento d’ufficio, tenendo conto delle dichiarazioni integrative o modificative già presentate a norma dell’art. 28, comma 6, e dell’art. 31, comma 3”.

1.3 Se ne deduce chiaramente che l’avviso di liquidazione dell’imposta principale di successione è quello, e soltanto quello, che liquida l’imposta in base alle dichiarazioni presentate dal contribuente.

1.4 Sulla scorta delle norme sopra richiamate, sia pure in relazione alle problematiche connesse alla definizione agevolata ai sensi della L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 53, questa Corte (vedasi, in motivazione: Cass., Sez. 5, 25 febbraio 2010, n. 4566) ha constatato come il legislatore tributario adotti un sistema di attuazione della legge sull’imposta di successione, che è analogo sia a quello adottato per le imposte dirette sia, quanto alle imposte indirette, tanto a quello adottato per l’imposta di registro quanto a quello adottato per l’1.V.A.. Per tutte queste imposte l’atto del contribuente d’iniziativa del procedimento amministrativo tributario – dichiarazione dei redditi, dichiarazione I.V.A., esibizione dell’atto da registrare per l’imposta di registro e denuncia di successione – è il presupposto per una prima liquidazione basata sulla struttura (oggetto e contenuto) dello stesso atto d’iniziativa, ossia una liquidazione che tiene conto esclusivamente della volontà espressa dal contribuente nella dichiarazione, eventualmente corretta solo dal punto di vista degli errori materiali e degli errori di calcolo. Tuttavia, mentre per le imposte dirette e per l’1.V.A. la liquidazione dell’imposta avviene prima per autoliquidazione contestuale da parte dello stesso contribuente o addirittura, attraverso il versamento di anticipi, prima della presentazione della dichiarazione dei redditi o della dichiarazione dell’I.V.A., e, poi, eventualmente dall’ufficio tributario attraverso il procedimento automatizzato formale ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36-bis o del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ex art. 54-bis, nell’imposta di registro la liquidazione dell’imposta è effettuata dall’ufficio del registro immediatamente all’atto dell’esibizione del documento incorporante l’atto da registrare e, poi, se del caso, attraverso la liquidazione dell’imposta suppletiva, corrispondente alla liquidazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36-bis, per le imposte dirette o del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ex art. 54-bis, per l’I.V.A., mentre nell’imposta di successione la prima liquidazione è effettuata dall’ufficio del registro in base alla dichiarazione successivamente alla presentazione della denuncia di successione e, poi, eventualmente in sede di liquidazione dell’imposta suppletiva.

In tutte e quattro le ipotesi di legislazione d’imposta appena passate in rassegna si verifica, dunque, necessariamente una liquidazione che si potrebbe chiamare primaria, sia perchè essa è la prima in ordine cronologico, sia perchè essa è a verificazione necessaria, e una liquidazione che si potrebbe chiamare secondaria, sia perchè essa è soltanto eventuale, sia perchè, se la si adotta, segue sempre quella primaria. Per entrambe le specie di liquidazioni l’orientamento costante della legislazione tributaria è, comunque, quello di imputare direttamente al contribuente gli effetti della liquidazione effettuata in base alla sua dichiarazione.

E’ ben vero che ciò è disposto espressamente solo per la liquidazione secondaria delle imposte dirette del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36-bis e dell’I.V.A. ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ex art. 54-bis, dal momento che i due articoli menzionati, comma 4, sono identicamente formulati, nel senso che “I dati contabili risultanti dalla liquidazione prevista nel presente articolo si considerano, a tutti gli effetti, come dichiarati dal contribuente”; ma, data la stretta analogia sistematica tra i regimi delle varie imposte, si deve ritenere che il medesimo principio valga anche per le imposte per le quali, a parità di struttura e di funzione della liquidazione, il principio dell’imputazione diretta degli effetti della liquidazione secondaria non sia esplicitato dal legislatore. Se ciò vale per la liquidazione secondaria, a maggior ragione vale per la liquidazione primaria (che è quella rilevante nella presente causa), la quale, per l’imposta di successione, è quella prevista, per l’appunto, dal D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 27, comma 1.

1.5 Nella specie, era evidente che l’avviso di liquidazione si riferisse all’imposta principale di successione, essendo stato emanato sulla scorta della dichiarazione presentata dalla contribuente (denuncia di successione presentata presso la Direzione Provinciale di Cosenza dell’Agenzia delle Entrate il 6 aprile 2011, n. 294, vol. 9990, in morte di F.S.G., deceduto il 3 settembre 2010) al solo fine di correggere un palese errore di calcolo nella somma aritmetica dei valori dei terreni riportati nel quadro “B” dell’attivo ereditario che si era riflesso nella determinazione della base imponibile e nella conseguente autoliquidazione dell’imposta di successione.

D’altra parte, lo stesso D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 33, comma 2 e 3, (che attiene, come si è detto, alla liquidazione dell’imposta principale di successione, tanto evincendosi anche dal richiamo fattone dal D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 27, comma 2) consente all’amministrazione finanziaria di “correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dal dichiarante nella determinazione della base imponibile” e di riportare le correzioni nell’avviso di liquidazione dell’imposta.

1.6 E’ il caso di aggiungere che, secondo questa Corte (da ultima: Cass., Sez. 5, 11 maggio 2018, n. 11466), con il D.Lgs. 26 gennaio 2001 n. 32 (applicabile nella fattispecie ratione temporis, trattandosi di avviso di liquidazione notificato nel mese di novembre dell’anno 2011), il legislatore, nel riprodurre, per le singole imposte, il contenuto della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7 (c.d. “Statuto del contribuente”), in tema di motivazione degli atti dell’amministrazione finanziaria, ne ha, in generale, attenuato il disposto e lo ha adattato alle singole tipologie di atti destinati al contribuente, tenendo conto della natura e della funzione di ciascuno di essi; in particolare, nella materia che qui interessa, mentre è stato ribadito, a pena di nullità, l’obbligo di indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche posti a fondamento dell’atto e quello di allegazione – o riproduzione del contenuto essenziale – degli atti richiamati con riguardo, rispettivamente, all’avviso di rettifica e liquidazione della maggiore imposta e all’avviso di accertamento e liquidazione d’ufficio (D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 34 e art. 35, comma 2-bis), analogo intervento non è stato operato in ordine all’avviso di liquidazione di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 33: e ciò in quanto tale avviso si risolve, di regola, in una mera liquidazione d’imposta, secondo criteri predeterminati dalla legge ed attraverso semplici operazioni contabili, alla stregua di quanto dichiarato dallo stesso contribuente (Cass., Sez. 5, 25 febbraio 2010, n. 4566; Cass., Sez. 5, 2 marzo 2011, n. 5052).

Come è stato ancora osservato da questa Corte (Cass., Sez. 5, 11 aprile 2011, n. 8190), solo il D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 33, comma 3, dispone, con riferimento al potere dell’amministrazione finanziaria di correggere gli errori materiali e di calcolo e di escludere le passività (o altri oneri, riduzioni e detrazioni), esposte in dichiarazione, ma non spettanti o non documentate, che dette correzioni ed esclusioni “devono risultare nell’avviso di liquidazione dell’imposta”, cosicchè tale obbligo non può essere assolto in modo generico e globale, ma esige, al fine di porre il contribuente in condizione di approntare una adeguata difesa, che le “voci” escluse siano analiticamente individuate, sì che per ciascuna di esse sia comprensibile la ragione del mancato riconoscimento, con riguardo ai distinti requisiti previsti nel D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, artt. 20,21,22,23,24,25 e 26.

Poichè, nella specie, non vi è stato disconoscimento di passività o correzione di errori della contribuente, l’avviso di liquidazione sarebbe stato congruamente motivato con l’indicazione degli importi dovuti in base all’imponibile dichiarato (Cass., Sez. 5,11 maggio 2018, n. 11466).

2. La Commissione Tributaria Regionale ha fatto malgoverno di tali principi, confondendo l’imposta principale con l’imposta complementare di successione e annullando l’avviso di liquidazione per (implicita) violazione del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 34, comma 2-bis, a causa della omessa motivazione della rettifica e della liquidazione della maggiore imposta. Laddove, invece, trattandosi di imposta principale di successione, l’avviso di liquidazione non aveva bisogno di alcuna motivazione alla stregua dei dati forniti dalla dichiarazione presentata dalla medesima contribuente.

3. Pertanto, il ricorso può essere accolto e l’impugnata decisione deve essere cassata; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, u.p., con pronuncia di rigetto del ricorso originario della contribuente.

4. La peculiarità della fattispecie giustifica la compensazione delle spese di lite dei precedenti gradi di giudizio, mentre nel presente la condanna alle spese segue il principio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente; compensa le spese dei giudizi di merito; condanna la contribuente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’amministrazione finanziaria, liquidandole nella somma complessiva di Euro 2.200,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2020

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