Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27402 del 25/10/2019

Cassazione civile sez. II, 25/10/2019, (ud. 03/07/2019, dep. 25/10/2019), n.27402

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7674/2015 proposto da:

(OMISSIS), in persona dell’amministratore pro tempore

L.V., F.M., F.V., B.C.,

R.S., C.L., D.M.N., O.A.,

G.M. (anche come procuratore di G.E.), GI.EL. e

GO.GI., quali condomini, rappresentati e difesi dagli Avvocati

GIORGIO PIACENTINO e MASSIMO FOSSATI, ed elettivamente domiciliati

presso lo studio dell’Avv. Mario Vinciguerra in ROMA, VIA STEFANO

INFESSURA 14;

– ricorrenti –

contro

TECHNE COSTRUZIONI GENERALI s.r.l., in persona dell’Amministratore

unico e legale rappresentante A.G.C., rappresentata e

difesa dagli Avvocati CARLO MERANI e STEFANO GATTAMELATA ed

elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in ROMA,

VIA di MONTEFIORE 22;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1455/2014 della CORTE d’APPELLO di TORINO

depositata il 1/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

3/07/2019 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per l’inammissibilità o, in

subordine, il rigetto del ricorso;

udito, per i ricorrenti, l’Avv. MARIO VINCIGUERRA per delega

dell’Avv. GIORGIO PIACENTINO e, per la resistente, l’Avv. RENZO

CUOMO per delega dell’Avv. STEFANO GATTAMELATA che hanno

rispettivamente concluso come in atti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La TECHNE COSTRUZIONI GENERALI s.r.l. stipulava con il (OMISSIS) un contratto di appalto e permuta in data 10.7.2007, avente a oggetto lavori di manutenzione straordinaria dello stabile condominiale per il corrispettivo pattuito di Euro 90.000,00 oltre IVA, oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, somma che avrebbe dovuto essere pagata alla Techne mediante permuta, ovvero con la cessione dei locali sottotetto di proprietà del Condominio da trasformare in unità residenziali, garantita da fideiussione bancaria a prima richiesta, prestata dal Condominio alla concorrenza di Euro 116.500,00, qualora lo stesso non fosse addivenuto alla stipula del contratto definitivo di compravendita dopo l’ultimazione dei lavori. Il contratto di appalto prevedeva una clausola compromissoria di devoluzione a un arbitrato rapido per la soluzione di ogni controversia.

La Techne escuteva la fideiussione imputando la mancata ultimazione dei lavori e quindi la mancata cessione del sottotetto a comportamenti dilatori del Condominio. Mentre tre condomini provvedevano a cedere le loro quote indivise alla Techne, le parti modificavano la clausola compromissoria con un autonomo compromesso arbitrale che prevedeva, per le controversie inerenti al contratto, l’arbitrato di diritto; che la Techne promuoveva chiedendo l’accertamento dell’inadempimento del Condominio al contratto, la violazione dei doveri di cooperazione e di buona fede e, quindi, la risoluzione del contratto, oltre al risarcimento dei danni e alle spese.

Il Condominio, costituitosi unitamente ai condomini F.M., F.V., B.C., R.S., C.L., D.M.N., O.A., G.M., anche quale procuratore di G.E., GI.EL. e GO.GI. (fatta eccezione per i tre condomini che avevano ceduto le loro quote all’impresa), chiedeva, a sua volta, in via riconvenzionale, la risoluzione del contratto per inadempimento di Techne, l’accertamento dei lavori non eseguiti o ultimati, la manleva da parte di Techne in relazione alla fideiussione bancaria escussa.

Disposta CTU, il Condominio sollevava eccezione di improcedibilità dell’arbitrato ex art. 816 quater c.p.c., perchè non proposto nei confronti di tutti i condomini. Il Collegio arbitrale rigettava l’eccezione con lodo non definitivo del 24.1/8.2.2011; esperiva l’istruttoria testimoniale e, all’esito, con lodo definitivo del 28.11.2012, reso esecutivo dal Tribunale di Torino il 10.12.2012: dichiarava risolto il contratto per fatto e colpa prevalenti del Condominio e dei condomini intervenienti; condannava il Condominio e tali condomini al pagamento a favore di Techne di Euro 357.557,77; condannava i soccombenti al pagamento dei due terzi delle spese di procedura, di difesa e di CTU, ponendo a carico di Techne il residuo terzo.

Il Condominio e i condomini soccombenti impugnavano il lodo, deducendone la nullità totale o parziale.

La Techne eccepiva l’inammissibilità dell’impugnazione per violazione dei casi tassativi di nullità; l’inammissibilità ex art. 348 bis c.p.c. e l’infondatezza nel merito.

Con sentenza n. 1622/2014, depositata in data 1.9.2014, la Corte d’Appello di Torino dichiarava inammissibile l’impugnazione, per mancata ricorrenza delle ipotesi enunciate dall’art. 829 c.p.c., condannando il (OMISSIS) e i condomini intervenuti alle spese di lite del grado.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione il (OMISSIS), F.M., F.V., B.C., R.S., C.L., D.M.N., O.A., G.M., anche quale procuratore di G.E., Gi.El. e Go.Gi., sulla base di quattro motivi; resiste la Techne Costruzioni, con controricorso illustrato da memorie. La causa proviene dalla adunanza camerale dell’8 aprile 2019.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano la “Violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) con riferimento all’art. 829 c.p.c., comma 1 sub 12, ovvero, in via alternativa-cumulativa mancanza di motivazione/motivazione solo apparente risolventesi in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (art. 360 c.p.c., n. 4), ovvero in omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione (art. 360 c.p.c., n. 5), il tutto in ordine all’affermazione di inammissibilità dell’impugnazione del lodo arbitrale per omessa pronuncia su eccezione (art. 829, n. 12) o per mancanza di motivazione/motivazione solo apparente (combinato disposto art. 829, n. 5 – art. 823 c.p.c., n. 5) con riferimento al conseguimento nel novembre 2008 del costo dei lavori di manutenzione tramite escussione della fideiussione bancaria, pregiudicante la proposizione dell’azione risolutiva per inadempimento del Condominio”.

1.2. – Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono la “Violazione e/o errata applicazione/interpretazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) con riferimento al combinato disposto dell’art. 829, comma 1, n. 5 e art. 823 c.p.c., n. 5, ovvero violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, per omessa motivazione (art. 360 c.p.c., n. 4) nel ritenere inammissibile – in quanto censura di merito in ordine alla motivazione ovvero doglianza per travisamento dei fatti – l’evidenziazione della nullità parziale del lodo per mancanza di motivazione o motivazione solo apparente in ordine all’eccezione di appurata incommerciabilità delle mansarde per insanabile appurata violazione edilizia, consistita nella sopraelevazione realizzata in misura superiore a quella autorizzata di 29/30 cm.”.

1.3. – Con il terzo motivo, i ricorrenti censurano la “Violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, integrativa dell’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere la Corte d’Appello omesso di motivare l’affermazione di inammissibilità del primo motivo di impugnazione del lodo, dedotto nelle conclusioni assunte avanti alla Corte stessa con riferimento alla nullità del lodo “per mancanza di motivazione e/o travisamento-dimenticanza di risultanze processuali, integrative per la loro sussistenza di ipotesi motivazione apparente” in ordine alla condanna del Condominio al pagamento della somma di Euro 50.973,00, quale saldo dovuto alla Techne per i lavori di manutenzione del sottotetto”.

1.4. – Con il quarto motivo, i ricorrenti deducono la “Violazione da parte della Corte d’Appello di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) e precisamente del combinato disposto dell’art. 829 c.p.c., n. 5 e art. 823 c.p.c., n. 5 e violazione del disposto dell’art. 132 c.p.c., n. 4 (art. 360 c.p.c., n. 4), rientrabile anche nell’ipotesi ex art. 360 c.p.c., n. 5, nell’affermazione dell’inammissibilità dell’impugnazione per motivazione solo apparente correlativa alla decisione di condanna del Condominio e dei condomini intervenuti al pagamento della somma di Euro 232.109,65, quale importo dei lavori eseguiti dalla Techne per la trasformazione del sottotetto in mansarde abitabili”.

2. – In considerazione della loro stretta connessione logico-giuridica, afferente alla medesima statuizione concernente la impugnazione della decisione arbitrale, e della sostanziale identità della loro formulazione, i motivi vanno esaminati e decisi congiuntamente.

2.1. – Essi non possono trovare accoglimento.

2.2. – La Corte di merito ha correttamente affermato che “è noto che il giudizio di impugnazione arbitrale ha in un certo senso natura di appello limitato, tanto da essere qualificato a critica vincolata; ed è soggeto non già alle disposizioni di cui agli artt. 339 c.p.c. e segg., ma a quelle degli artt. 827 c.p.c. e segg., che lo suddividono in due fasi: la prima rescindente, finalizzata all’accertamento di eventuali nullità del lodo e che può concludersi con l’annullamento del medesimo, la seconda rescissoria, solo eventuale, che fa seguito all’eventuale annullamento ed in cui il giudice ordinario procede alla ricostruzione del fatto sulla base delle prove dedotte. Pertanto detto mezzo è diretto in sede rescindente all’accertamento delle eventuali nullità in cui siano incorsi gli arbitri tassativamente elencate dall’art. 829 c.p.c., e pronunciabili esclusivamente per determinati errori in procedendo, nonchè per inosservanza delle regole di diritto ma nei limiti previsti dal comma 2” (Cass. n. 20880 del 2010; conf. Cass. n. 12199 del 2012).

Precisato, dunque (ai sensi della normativa applicabile ratione temporis al giudizio de quo), di non potere entrare nel merito della controversia se non nel caso di verifica positiva dell’ammissibilità della impugnazione con superamento della fase rescindente, valutata alla stregua delle norme di diritto, la Corte distrettuale (rigettata l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione ex art. 348 bis c.p.c.) ha viceversa ritenuto fondata l’eccezione di inammissibilità per mancata ricorrenza delle ipotesi tassativamente enunciate dall’art. 829 c.p.c., giacchè “i motivi di impugnazione, anche se formalmente costruiti intorno a presunte cause di nullità del lodo, si risolvono tutti in censure di merito inammissibili”, come reso evidente e specificato nel prosieguo della motivazione(sentenza impugnata, pagina 6), in cui la Corte distrettuale rileva tale vizio, con riferimento a tutti i motivi di impugnazione del lodo., risolventisi in doglianze avverso la motivazione del lodo definitivo.

2.3. – E’ principio consolidato (di recente Cass. n. 28997 del 2018) quello secondo cui, al fine di verificare se la sentenza della Corte di appello sia affetta da violazioni di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3 (entro i cui confini è circoscritta la nullità del lodo arbitrale per inosservanza delle regole in iudicando) e adeguatamente motivata in relazione ai motivi di impugnazione del lodo, la Cassazione non può apprezzare direttamente il lodo arbitrale, ma solo la decisione emessa dalla Corte di appello. Infatti, il sindacato di legittimità va condotto esclusivamente attraverso il riscontro della conformità a legge e della logicità della motivazione della sentenza che ha deciso sull’impugnazione del lodo, e non può riguardare il convincimento espresso dalla Corte del merito sulla correttezza e congruità della ricostruzione dei fatti e della valutazione degli elementi istruttori operata dagli arbitri (v., tra le tante, oltre a Cass. n. 28997 del 2018, cit.: Cass. n. 19324 del 2014, Cass. n. 15086 del 2012; Cass. n. 6986 del 2007, quest’ultima nel senso che la Cassazione non può sindacare la soluzione delle questioni di merito da parte del giudice della impugnazione del lodo). Ulteriore principio da ribadire è quello per cui la denuncia di nullità del lodo arbitrale, in quanto ancorata agli elementi accertati dagli arbitri, postula l’allegazione esplicita dell’erroneità del canone di diritto applicato rispetto a detti elementi e non è, pertanto, proponibile in collegamento con la mera deduzione di lacune d’indagine e di motivazione, che potrebbero evidenziare l’inosservanza di legge solo all’esito del riscontro dell’omesso o inadeguato esame di circostanze di carattere decisivo (v. Cass. n. 19324 del 2014; Cass. n. 7259 del 2004; Cass. n. 5633 del 1999). Infine, tenuto conto della doglianza per vizio motivazionale va confermato che “In tema di impugnazione del lodo arbitrale, il difetto di motivazione, quale vizio riconducibile all’art. 829 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 823 c.p.c., n. 3, è ravvisabile (contrariamente a quanto reso evidente dalla sentenza impugnata) soltanto nell’ipotesi in cui la motivazione del lodo manchi del tutto ovvero sia a tal punto carente da non consentire l’individuazione della ratio della decisione adottata o, in altre parole, da denotare un iter argomentativo assolutamente inaccettabile sul piano dialettico, sì da risolversi in una non-motivazione” (Cass. n. 12321 del 2018).

2.4. Ciò posto, la denunciata violazione di legge nei motivi di Cassazione risulta infondata perchè essenzialmente involge, come detto, la valutazione di merito compiuta dagli arbitri da parte della Corte di merito (come tale dunque insindacabile in quanto adeguatamente motivata), la quale non incontra altro limite se non quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuta a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (ex plurimis, Cass. n. 9275 del 2018; Cass. n. 5939 del 2018; Cass. n. 16056 del 2016; Cass. n. 15927 del 2016).

La censura proposta si configura, dunque, come il tentativo di introdurre, anche in questa sede, temi di indagine ed elementi nuovi, che avrebbero dovuto essere introdotti dinanzi alla Corte di appello; di prospettare una rinnovata valutazione delle questioni di fatto in senso apoditticamente difforme da quella operata dal giudice del merito e, in definitiva, di trasformare il giudizio di legittimità in un ulteriore grado di merito di quel giudizio di impugnazione (Cass. n. 19324 del 2014).

3. – Il ricorso va dunque rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Va emessa altresì la dichiarazione ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 10.200,00 di cui Euro 200,00 per rimborso spese vive, oltre al rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%, ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2019

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