Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27396 del 25/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 25/10/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 25/10/2019), n.27396

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8138-2014 proposto da:

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati EMANUELA CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI e MAURO RICCI;

– ricorrente –

contro

L.R., e L.M., entrambi nella qualità di eredi della

signora CESANA IOLANDA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PO

28, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE PENDIBENE, che li

rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 10620/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/03/2013, R. G. N. 6579/2010.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 21.3.2013, la Corte d’appello di Roma, in riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato l’INPS a corrispondere a L.R., quale erede pro quota di C.G. nonchè in proprio e quale procuratore speciale di L.M., entrambi nella qualità di eredi di C.I., a sua volta erede pro quota di C.G., la somma di Euro 31.361,45 a titolo di rivalutazione monetaria e interessi sulle somme liquidate a titolo di ricostruzione della pensione spettante a C.G., già ammessa al godimento dei benefici per i perseguitati per motivi politici e razziali di cui alla L. n. 96 del 1955 e succ. mod. e integraz.;

che avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’INPS, deducendo quattro motivi di censura;

che L.R., in proprio e nelle spiegate qualità, ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, l’INPS denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte di merito, ritenendo l’imprescrittibilità del credito e degli accessori, riconosciuto il diritto agli interessi e alla rivalutazione monetaria anche in data successiva al 1.4.1980, laddove con il ricorso introduttivo del giudizio essi erano stati domandati fino a tale data;

che, con il secondo motivo, l’INPS lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 96 del 1955, artt. 5 e 8, (per come modificati dalla L. n. 932 del 1980), L. n. 932 del 1980, art. 2,L. n. 36 del 1974, artt. 1, 5, 6,7 e 8, e artt. 2934 e 2935 c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto che gli accessori sui crediti maturati a titolo di ricostituzione del trattamento pensionistico non fossero soggetti a prescrizione;

che, con il terzo motivo, l’INPS si duole di violazione della L. n. 533 del 1973, art. 7 per avere la Corte di merito riconosciuto la spettanza degli accessori nonostante non vi fosse prova che la parte odierna controricorrente avesse proposto all’Istituto una domanda di ricostituzione della pensione;

che, con il quarto motivo, l’INPS deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 412 del 1991, art. 16 per avere la Corte territoriale disposto il cumulo di interessi e rivalutazione monetaria per periodi anche successivi all’entrata in vigore della legge cit., che aveva disposto il divieto di cumulo;

che il primo motivo è inammissibile per difetto di specificità, in quanto, benchè il ricorso per cassazione indichi correttamente il tenore tanto della causa petendi del ricorso introduttivo quanto del quesito rivolto dai giudici territoriali al CTU (cfr. rispettivamente pagg. 3 e 11 del ricorso per cassazione), il contenuto della relazione di consulenza tecnica non è trascritto, nemmeno nelle parti necessarie per intendere se davvero il perito abbia dato corso a calcoli eccedenti il contenuto della domanda (ciò che prima facie non pare potersi dire, stante la sostanziale omogeneità della differenza vantata in ricorso e quella riconosciuta in sentenza), in spregio al consolidato principio secondo cui, pur configurando la violazione dell’art. 112 c.p.c. un error in procedendo, rispetto al quale questa Corte è giudice anche del fatto processuale, il diretto esame degli atti processuali resta sempre condizionato ad un apprezzamento preliminare della decisività della questione sollevata (così Cass. S.U. 15281 del 2005 e, tra le più recenti, Cass. n. 5344 del 2013);

che per analoghe ragioni va rilevata l’inammissibilità anche del quarto motivo, non potendosi verificare, in mancanza di trascrizione della relazione peritale, se davvero i giudici territoriali abbiano disposto in violazione del divieto di cumulo di interessi e rivalutazione monetaria di cui alla L. n. 412 del 1991, art. 16;

che il secondo motivo è invece fondato, essendo consolidato il principio secondo cui, in materia pensionistica, l’imprescrittibilità concerne il diritto alla pensione, restando viceversa soggetti a prescrizione tanto i ratei maturati e non riscossi, purchè liquidati (giurisprudenza costante fin da Cass. nn. 2243 del 1988, 7094 e 9333 del 1990) che gli accessori (il diritto ai quali, nelle prestazioni pensionistiche conseguenti all’applicazione del beneficio della ricostituzione di cui alla L. n. 96 del 1955, art. 5 decorre dallo spirare del centoventunesimo giorno dalla data di presentazione al Ministero competente della domanda amministrativa volta al riconoscimento della qualifica di perseguitato per motivi politici o razziali: così da ult. Cass. n. 24745 del 2018, sulla scorta di Cass. n. 21119 del 2017);

che a non diverse conclusioni induce il carattere nella specie indennitario del beneficio della ricostituzione della pensione spettante ai perseguitati per motivi politici e razziali, valorizzato dalla Corte di merito al fine di escludere la prescrittibilità degli accessori, essendosi chiarito che, nella misura in cui la normativa istitutiva dei benefici per i perseguitati per motivi politici e razziali attribuisce a costoro diritti in materia pensionistica, sussistono ragioni di ordine logico e sistematico che impongono che il contenuto di essi sia quello tipicamente previsto dall’ordinamento previdenziale (Cass. n. 20054 del 2016);

che il terzo motivo è, per contro, infondato, essendosi chiarito che, ai fini del sorgere del diritto agli accessori sulle prestazioni pensionistiche spettanti ai perseguitati per motivi politici e razziali, non è necessario che si proponga un’autonoma domanda all’ente previdenziale, essendo all’uopo sufficiente quella presentata al Ministero competente per l’accertamento dello status di perseguitato (così espressamente Cass. n. 24745 del 2018, cit.);

che, pertanto, il ricorso va accolto per quanto di ragione e, cassata la sentenza impugnata, la causa va rinviata alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il terzo e dichiarati inammissibili il primo e il quarto. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2019

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