Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27392 del 29/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 29/12/2016, (ud. 02/11/2016, dep.29/12/2016),  n. 27392

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26905-2015 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA BARTOLOMEO

CASTALDI 1, presso lo studio dell’avvocato ELEONORA ZICCHEDDU, che

lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati CARMALDO STRADA ed

ALFONSO PANNI giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTREATE, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2290/33/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI MILANIO, emessa il 16/02/2015 e depositata il

26/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CRICENTI GIUSEPPE;

udito l’Avvocato Eleonora Ziccheddu, per il ricorrente, che si

riporta agli scritti.

Fatto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’Agenzia delle entrate, anche a seguito di questionario inviato al contribuente, ed accertando una disponibilità di beni e servizi incompatibile con il reddito dichiarato, ha ritenuto infedele la dichiarazione fatta da S.A., segnalando la circostanza all’autorità giudiziaria.

Secondo il contribuente pero l’Agenzia era già decaduta dal potere di accertamento, avendolo esercitato fuori termine, non potendo, in tal caso, beneficiare del raddoppio del termine in quanto, al momento in cui è emersa la notizia di reato, il termine per l’accertamento ordinario era già scaduto.

Sia i giudici di primo che quelli di secondo grado hanno respinto il ricorso, ritenendo, per contro, che operasse di regola il raddoppio dei termini.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il contribuente con un solo motivo, cui resiste con controricorso l’Agenzia.

In sostanza il contribuente lamenta violazione di legge, ritenendo che il raddoppio dei termini opera solo in caso di effettivo invio della denuncia entro il termine ordinario di accertamento e non oltre eludi termine, e che, nel decidere se vi siano fatti che impongono una denuncia, l’Agenzia non abbia discrezionalità ma debba valutare concretamente l’esistenza di estremi di reato.

Il ricorso è infondato.

Il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, dispone che “in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti – cioè gli ordinari termini di decadenza per l’accertamento- sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione”.

La norma è giudicata costituzionalmente legittima, nel senso che la Corte costituzionale (25 luglio 2011, n. 247) ha stabilito che il raddoppio dei termini di decadenza dal potere di accertamento come regolato dal D.L. n. 223 del 2006 è imposto da un fattore obiettivo, rinvenibile nell’obbligo di presentazione della denuncia penale, per cui non di raddoppio dei termini in senso proprio si tratta, bensì di un nuovo termine di decadenza, applicabile solo in presenza della circostanza citata.

Per questo motivo, ha soggiunto la Corte, non ha rilievo il fatto che la denuncia sia stata compiuta in un momento in cui gli ordinari termini di decadenza erano oramai spirati. In questo contesto, ha ulteriormente precisato, l’obbligo di denuncia, da un lato, sussiste solo ove vi siano seri indizi di reato, il che è un dato obiettivo non lasciato alla discrezionalità del funzionario dell’ufficio tributario; dall’altro, non è escluso dalla configurabilità di una causa di estinzione del reato come la prescrizione.

Il giudice tributario, in definitiva, deve vagliare la sola presenza dell’elemento idoneo a comportare la proroga, quindi verificare la sussistenza di seri indizi di reati utili a determinare l’insorgenza dell’obbligo di presentazione della denuncia, senza estendere l’esame all’accertamento del reato (da ultimo Sez. 5 n. 16728 del 2016).

Ciò posto, le due censure che nell’ambito del motivo di ricorso vengono formulate, appaiono infondate.

Il ricorso va pertanto respinto e le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in 5600,00 Euro, oltre alle spese prenotate a debito dando atto della sussistenza dei presupposti per il versamento del doppio del contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 2 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2016

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