Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27391 del 25/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 25/10/2019, (ud. 10/07/2019, dep. 25/10/2019), n.27391

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11608-2014 proposto da:

EUROACUSTICA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIUSEPPE TRIBULATO;

– ricorrente principale –

contro

F.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dagli avvocati VINCENZO GATTO e CARLO AUTRU

RYOLO;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

contro

EUROACUSTICA S.R.L.,

– ricorrente principale – controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 38/2014 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 04/02/2014, R. G. N. 64/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/07/2019 dal Consigliere Dott. CARLA PONTERIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale assorbito ricorso incidentale condizionato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 38 depositata il 4.2.14, la Corte d’appello di Messina, in parziale accoglimento dell’appello principale di F.E. e in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato la Euroacustica s.n.c. al pagamento in favore dell’ex agente del compenso fisso mensile relativo ai mesi da marzo a luglio 2002 nonchè delle indennità di risoluzione del rapporto, suppletiva di clientela e di mancato preavviso; ha respinto l’appello incidentale della società.

2. La Corte territoriale ha confermato la pronuncia del Tribunale quanto alla qualificazione del rapporto tra le parti come di agenzia, e non di lavoro subordinato.

3. Ha accertato, anche in base alla consulenza d’ufficio, la natura di compenso fisso mensile, in aggiunta alle provvigioni, della somma di Lire 2.000.000 corrisposta dalla società all’agente a partire dal gennaio 1999 e preceduta, nel periodo 1993 – 1998, da un rimborso fisso di lire 20.000 giornaliere.

4. Ha ritenuto che l’omessa corresponsione del compenso fisso mensile a partire dal marzo 2002 fosse ingiustificata in ragione dell’accordo contrattuale come ricostruito in base alla concreta esecuzione data dalle parti e che tale inadempimento da parte della società integrasse una giusta causa di recesso da parte dell’agente.

5. Ha condannato la società al pagamento del compenso fisso mensile illegittimamente sospeso nei mesi da marzo a luglio 2002 nonchè delle indennità contrattualmente dovute in conseguenza del recesso dell’agente per giusta causa, come da questi richiesto nel ricorso introduttivo della lite.

6. La Corte di merito ha respinto l’appello incidentale della società sia quanto alla pretesa restituzione di somme versate a titolo di acconti provvigionali non dovuti e sia quanto alla pretesa indennità di mancato preavviso.

7. Avverso tale sentenza la Euroacustica s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, cui ha resistito con controricorso e ricorso incidentale condizionato il F.. La società ha depositato controricorso al ricorso incidentale.

8. La causa, originariamente fissata in adunanza camerale, è stata rinviata per la trattazione alla odierna pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo di ricorso, la Euroacustica s.r.l. ha censurato la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1321 e 1322 c.c., art. 1742 c.c. e dell’art. 7 dell’Accordo Economico Collettivo (Aec) del 20.3.2002 ed omessa motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

2. Ha sottolineato come l’Appendice al mandato di agenzia, sottoscritto il 4.10.01, (prodotto in primo grado e allegato al ricorso in cassazione), prevedesse la corresponsione della somma mensile di Lire 2.000.000 “a titolo di acconto provvigioni”; come, conformemente a tale accordo, le cedole di lavoro riassuntive sottoscritte dall’agente nel periodo ottobre 2001 – luglio 2002 recassero la dicitura, accanto alla somma di Lire 4.000.000, di “Anticipo Provvigioni Bimestrale”.

3. Ha aggiunto che solo a partire da marzo 2002, a causa del repentino calo di fatturato dell’agente, la società aveva sospeso il pagamento dell’anticipo provvigionale; e che la qualificazione della somma lire 2.000.000 come fisso mensile aggiuntivo rispetto alle provvigioni fosse contraria alla regolamentazione pattizia risultante per iscritto e al comportamento delle parti in conformità alla stessa, quindi in contrasto con le disposizioni sopra richiamate, oltre che priva di motivazione.

4. Col secondo motivo la società ricorrente ha dedotto erronea motivazione su due fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nonchè violazione dell’art. 1742 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

5. Ha sostenuto come l’art. 1742 c.c. richiedesse la forma scritta sia per il contratto di agenzia e sia per le clausole aggiuntive, come le appendici economiche.

6. Ha definito illogica la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha desunto la modifica dell’accordo datato 4.10.01 per fatti concludenti, cioè in base al comportamento delle parti anteriore alla conclusione dell’accordo stesso e, comunque, in base al comportamento posteriore protrattosi per un tempo non abbastanza lungo.

7. Col terzo motivo la società ricorrente ha dedotto violazione degli artt. 402 e 420 c.p.c., per avere la Corte di merito introdotto d’ufficio un nuovo tema di indagine, cioè la modifica per fatti concludenti del contratto di agenzia, non dedotto nel ricorso di primo grado e neanche successivamente.

8. Col quarto motivo la società ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., artt. 414 e 420 c.p.c. e art. 1751 c.c., nonchè omessa motivazione su un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

9. Ha affermato come la Corte di merito abbia riconosciuto le indennità di risoluzione del rapporto e suppletiva di clientela benchè nessuna domanda ai sensi dell’art. 1751 c.c. fosse stata proposta dall’agente e, peraltro, in mancanza dei presupposti richiesti dalla disposizione citata.

10. Col quinto motivo la società ha censurato il capo della sentenza, di rigetto dell’appello incidentale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione degli artt. 1321,1322 c.c., art. 1742 c.c., artt. 7 e 9 dell’Accordo Economico Collettivo del 20.3.02; e ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per errata motivazione.

11. Ha richiamato l’art. 7 dell’Aec secondo cui “l’agente o rappresentante non ha diritto ad anticipi ove sia debitore della ditta per altro titolo”; ha rilevato come, nel caso di specie, la c.t.u. disposta in appello avesse escluso che all’agente spettassero provvigioni maturate nel periodo marzo-giugno 2002, mentre era pacifico che il medesimo aveva ricevuto anticipi provvigionali nel periodo ottobre 2001-luglio 2002; che erroneamente la Corte di merito aveva respinto la pretesa della società di ottenere in restituzione tali anticipi provvigionali, non compensabili con future provvigioni a causa del recesso dell’agente a far data dal 31.7.02; che parimenti era dovuta l’indennità di mancato preavviso per essere il recesso dell’agente immotivato, data l’illegittimità della pretesa di un fisso mensile.

12. Col ricorso incidentale condizionato il sig. F. ha censurato la sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 2094,1741,2099,2115,2118,2119,2120,2121 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la stessa negato la qualificazione del rapporto come di lavoro subordinato, senza adeguatamente valutare gli elementi emersi dalle deposizioni testimoniali e dal libero interrogatorio dal legale rappresentante della società, atti a dimostrare come il predetto lavorasse in via esclusiva per la società, utilizzando locali e strutture dell’azienda, fosse sottoposto alle direttive aziendali e collaborasse col personale dipendente ed autonomo della stessa.

13. I primi due motivi di ricorso principale possono essere esaminati congiuntamente e, laddove denunciano violazione degli artt. 1321,1322 e 1742 c.c. e dell’art. 7 Aec, sono infondati.

14. Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte (Cass. n. 729 del 2003; n. 1824 del 2013; n. 9226 del 2014; Ord. n. 21764 del 2015), laddove per il contratto sia prevista la forma scritta ad probationem, la successiva modifica di singole clausole non deve necessariamente essere pattuita per iscritto ma può risultare anche da un comportamento tacito concludente.

15. Deve ulteriormente precisarsi (cfr. Cass. n. 9226 del 2014) come la ricostruzione della modifica di clausole contrattuali per facta concludentia si risolva in una quaestio facti, per sua natura riservata al giudice del merito ed esposta a censura di legittimità solo in ipotesi di illogicità e incongruenza della motivazione, nel caso di specie veicolabile unicamente entro i limiti del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis.

16. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha ricostruito il regolamento negoziale in base alla comune volontà delle parti come desumibile dalla concreta esecuzione del rapporto contrattuale; in particolare ha considerato tutto il periodo di svolgimento del rapporto di agenzia ed ha rilevato che fino al 1998 vi era stata la corresponsione di una somma fissa determinata in lire 20.000 giornaliere; che a partire dal 1999 e anche dopo l’accordo del 4.10.01 era stata sempre corrisposta la somma mensile di lire 2.000.000, in aggiunta alle provvigioni e in maniera fissa; ha implicitamente rilevato come nessuna modifica nella condotta contrattuale delle parti fosse intervenuta dopo l’accordo del 4.10.01 e come la sospensione del fisso mensile fosse avvenuta solo a partire da marzo 2002, per iniziativa unilaterale della società.

17. Ove pure si riqualificassero le censure ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dovrebbe rilevarsi l’estraneità delle stesse al perimetro del nuovo vizio motivazionale, come delineato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 8053 del 2014; le censure, infatti, non concernono l’omesso esame di un fatto, inteso nella sua accezione storico-fenomenica, che abbia carattere decisivo; neppure ricorrono i caratteri della motivazione cd. apparente, risultando al contrario chiaramente percepibile il percorso motivazionale seguito dalla Corte territoriale quanto alla ricostruzione del comportamento delle parti nell’esecuzione del contratto.

18. Infondato è anche il terzo motivo di ricorso con cui, nella sostanza, si denuncia che la Corte di merito abbia d’ufficio introdotto un nuovo tema di indagine, rilevante ai fini della causa petendi, relativo alla modifica delle clausole contrattuali per fatti concludenti.

19. Tale censura, da ricondurre all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, risulta smentita dall’esame del ricorso introduttivo di primo grado (consentito in relazione alla denuncia di un error in procedendo, cfr. Cass., S.U. n. 8077 del 2012), in cui il F. aveva specificamente allegato (pag. 3) di percepire un compenso “comprendente un fisso mensile, negli ultimi anni pari a 2 milioni, corrispondenti ad Euro 1.035,22, che se pure formalmente denominato dalle parti quale acconto provvigione, in realtà non è mai stato tale perchè, fino al marzo 2002, è stato sempre erogato in aggiunta alla componente variabile della retribuzione stessa”.

20. Il quarto motivo di ricorso è infondato quanto alla dedotta violazione di legge atteso che Corte d’appello ha impropriamente richiamato l’art. 1751 ma ha in concreto applicato la disciplina prevista dal contratto collettivo ed ha interpretato la domanda dell’agente, nella parte riferita a “ogni altro istituto contrattualmente previsto”, come tale da rivendicare le indennità previste dall’Aec. Nessuna censura è mossa quanto all’esistenza dei presupposti per l’applicabilità dell’Aec e per il riconoscimento delle indennità di fine rapporto ivi previste.

21. Il quinto motivo risulta assorbito in ragione del rigetto degli altri motivi, in quanto logicamente incompatibile con i presupposti su cui la Corte d’appello ha fondato l’accoglimento della domanda dell’agente.

22. Passando ad esaminate il ricorso incidentale proposto dal lavoratore, deve anzitutto escludersi il carattere condizionato dello stesso.

23. Il ricorso incidentale condizionato, di creazione giurisprudenziale, altro non è che il ricorso incidentale della parte interamente vittoriosa, subordinato all’accoglimento del ricorso principale.

24. Le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 23271 del 2014) hanno statuito che “il ricorso incidentale per cassazione della parte totalmente vittoriosa, che investa questioni pregiudiziali processuali o preliminari di merito, ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, ma deve essere esaminato con priorità solo se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d’ufficio, non siano state esaminate nel giudizio di merito, poichè in questo caso cessano di essere rilevabili d’ufficio. Ne consegue che il loro esame postula la proposizione di un’impugnazione che sia ammissibile in presenza di un interesse della parte, che sorge solo in presenza della fondatezza del ricorso principale; in caso contrario, il ricorrente incidentale manca di interesse alla pronuncia sulla propria impugnazione, poichè il suo eventuale accoglimento non potrebbe procurargli un risultato più favorevole di quello derivante dal rigetto del ricorso principale”.

25. Deve escludersi il carattere condizionato del ricorso incidentale nel caso di specie in cui il lavoratore ha impugnato l’autonomo capo di sentenza rispetto a cui era rimasto soccombente, quello cioè concernente la domanda di accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro.

26. Il ricorso incidentale è infondato.

27. E’ costante l’affermazione secondo cui, ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, è censurabile in sede di legittimità soltanto la determinazione dei criteri generali e astratti da applicare al caso concreto, cioè l’individuazione del parametro normativo, mentre costituisce accertamento di fatto, come tale incensurabile in detta sede se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici, la valutazione delle risultanze processuali al fine della verifica di integrazione del parametro normativo, (cfr. Cass., n. 17009 del 2017; Cass., n. 9808 del 2011; Cass., n. 13448 del 2003; Cass., n. 8254 del 2002; Cass., n. 14664 del 2001; Cass., n. 5960 del 1999).

28. Quanto allo schema normativo di cui all’art. 2094 c.c., si è precisato che costituisce elemento essenziale, come tale indefettibile, del rapporto di lavoro subordinato, e criterio discretivo, nel contempo, rispetto a quello di lavoro autonomo, la soggezione personale del prestatore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro, che inerisce alle intrinseche modalità di svolgimento della prestazione lavorativa e non già soltanto al suo risultato, (cfr. Cass., 27.2.2007 n. 4500).

29. Tale assoggettamento non costituisce un dato di fatto elementare quanto piuttosto una modalità di essere del rapporto potenzialmente desumibile da un complesso di circostanze; sicchè ove esso non sia agevolmente apprezzabile, è possibile fare riferimento, ai fini qualificatori, ad altri elementi (come, ad esempio, la continuità della prestazione, il rispetto di un orario predeterminato, la percezione a cadenze fisse di un compenso prestabilito, l’assenza in capo al lavoratore di rischio e di una seppur minima struttura imprenditoriale), che hanno carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria (cfr. Cass., n. 4500 del 2007; Cass., n. 13935 del 2006; Cass., n. 9623 del 2002; Cass. S.U., n. 379 del 1999).

30. Tali elementi, lungi dall’assumere valore decisivo ai fini della qualificazione giuridica del rapporto, costituiscono indizi idonei ad integrare una prova presuntiva della subordinazione, a condizione che essi siano fatti oggetto di una valutazione complessiva e globale, (Cass., n. 9108 del 2012; Cass. S.U., n. 584 del 2008; Cass. n. 722 del 2007; Cass., n. 19894 del 2005; Cass., n. 13819 del 2003; Cass., S.U., n. 379 del 1999).

31. La Corte d’appello ha correttamente individuato ed analizzato i parametri normativi del lavoro subordinato e autonomo e gli elementi indiziari, dotati di efficacia probatoria sussidiaria ai fini della qualificazione giuridica del rapporto di lavoro, ed ha ritenuto non integrata la fattispecie di cui all’art. 2094 c.c.; ha considerato anzitutto non irrilevante il nomen iuris adottato dalle parti nella conclusione del contratto ed ha ricostruito, in base all’istruttoria svolta, come il F. organizzasse la propria attività in autonomia, senza essere tenuto ad osservare orari di lavoro e senza che risultasse la sottoposizione del medesimo al potere direttivo o ahche al potere di controllo e vigilanza aziendale.

32. La sentenza impugnata si è conformata ai principi di diritto sopra enunciati e si sottrae alle censure di violazione di legge che vengono mosse col motivo di ricorso in esame. Quest’ultimo è poi inammissibile laddove sollecita, anche attraverso ampi riferimenti alle prove testimoniali raccolte e al libero interrogatorio del legale rappresentante della società, una nuova valutazione del materiale probatorio e degli argomenti difensivi, non consentita in questa sede di legittimità.

33. Per le considerazioni svolte, devono essere respinti il ricorso principale e quello incidentale.

34. In ragione della reciproca soccombenza, sì compensano le spese del giudizio di legittimità.

35. si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale.

Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e incidentale, a norma del medesimo art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2019

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