Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27379 del 01/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 01/12/2020, (ud. 27/01/2020, dep. 01/12/2020), n.27379

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18684-2013 R.G. proposto da:

P.B., rappresentato e difeso dall’avv. Ruggero

Stendardi, elettivamente domiciliato presso lo studio di

quest’ultimo in Roma via Donatello n. 75;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

generale dello Stato domiciliata in Roma via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 73/22/13 depositata i 4/3/2013;

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 27.01.2020

dal Consigliere Dott. Catello Pandolfi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

P.B., di professione architetto, ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 73/22/13 depositata in data 4/03/2013.

La vicenda trae origine dalla notifica in data 7.11.2008, dell’avviso di accertamento relativo ad IRPEF per l’anno d’imposta 2003.

L’Ufficio aveva contestato l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi relativa ai suddetto anno. Il contribuente non contestava la mancata presentazione, ma l’attribuiva ad una mera dimenticanza.

L’Ufficio, aveva, quindi, ricostruito il reddito in via induttiva ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41, mediante il c.d. redditometro.

In tal modo accertava un reddito complessivo di Euro 24.346,00 sulla base di fattori indici quali il possesso di una vettura Alfa 75, di due immobili in (OMISSIS) e di un immobile locato in (OMISSIS), esigendo, per maggiori imposte e sanzioni la somma di Euro 7.899,20 (di cui 3.500,00 per tributi ed Euro 4.399,20 per sanzioni).

Il contribuente opponeva l’accertamento innanzi alla CTP di Roma che accoglieva il ricorso.

L’Ufficio appellava tale decisione con esito favorevole.

L’impugnativa del contribuente è basata su cinque motivi. Il ricorrente ha anche depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..

L’Amministrazione finanziaria resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Giova preliminarmente sottolineare che la mancata presentazione della dichiarazione derivasse, come sostenuto dalla contribuente, da mera dimenticanza, non incide sulla legittimità dell’accertamento, rilevando a tal fine solo l’omissione nella sua oggettività.

Venendo ai motivi del ricorso, con il primo, il contribuente lamenta violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4, 5, e 6.

La doglianza è infondata.

Non trova, infatti, riscontro la tesi propugnata dal ricorrente secondo cui l’accertamento mediante il c.d. redditometro vada ricondotto allo schema dell’accertamento basato sull’applicazione degli studi di settore. Da tale assunto discenderebbe – secondo il ricorrente – che la sola rilevazione di fattori-indici detta capacità contributiva dovrebbe essere integrata da altri elementi, sintomatici di maggiore capacità contributiva, con i quali l’Amministrazione dovrebbe integrare i primi. Ricavandoli, in particolare, dal contraddittorio endoprocedimentale, da ritenere – sostiene il ricorrente obbligatorio anche in caso di accertamento mediante redditometro.

La tesi prospettata va respinta in quanto la giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che “In tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai D.M. 10 settembre e D.M. 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicchè è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. (Sez. 5 -, 31/10/2018, n. 27811)

Inoltre, l’accertamento in questione discende dalla omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, per cui, come pure affermato dalla Corte “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, nell’ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41, l’Ufficio può fare ricorso a presunzioni cd. supersemplici, anche prive, cioè, dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, comportanti l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale può fornire elementi contrari intesi a dimostrare che il reddito non è stato prodotto o è stato prodotto in misura interiore a quella indicata induttivamente dall’Amministrazione. (Sez. 5 -, Sentenza n. 15167 del 16/07/2020).

L’accertamento posto in essere dall’Ufficio risulta conforme ai principio ora ricordati e va respinto.

Il secondo motivo, appare inammissibile in relazione alla sua riformulazione ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), applicabile ratione temporis in ragione della data di pubblicazione della sentenza (4.03.2013) impugnata in questa sede.

Con il suddetto motivo, infatti, il contribuente non lamenta l’omesso esame di un fatto, inteso in senso storico/naturalistico, specificamente individuato (e nella specie non lo è stato), tale da determinare, per fa sua necessaria decisività, un esito opposto a quello a cui il giudicante era pervenuto.

Si duole, invece, che la motivazione fosse insufficiente e/o illogica sul presupposto che la CTR avesse incentrato la fondatezza dell’accertamento sulla disponibilità da parta del contribuente di una vettura Alfa 75, mentre l’atto impositivo aveva indicato, come fattore-indice prevalente, il ricavato dalla locazione di un appartamento in (OMISSIS), circostanza che la decisione avrebbe taciuto. La doglianza è, oltre che inammissibile, infondata giacchè il richiamo alla sola vettura era inserito nella struttura della decisione come elemento puramente esemplificativo, senza che fossero ignorati gli altri fattori indicati nell’avviso di accertamento. In sostanza, con il motivo il ricorrente cerca di introdurre una rivalutazione dei fatti di segno opposto a quello operata dal giudice di merito.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la circostanza che la CTR avrebbe violato le norme in tema di ripartizione dell’onere della prova, non dando rilevanza alla documentazione contabile prodotta all’Ufficio e versata in atti e ritenendo legittimo l’accertamento solo in base all’automatica applicazione del “redditometro”, mancando di integrarla con ulteriori fattori.

Per contro, in base a quanto affermato, nel rigettare il primo motivo del ricorso, la mancata presentazione da parte del contribuente della dichiarazione rende legittimo l’accertamento induttivo sulla base di presunzioni cd. supersemplici. Tal che il giudice regionale, riscontrata la sussistenza delle condizioni di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41, ha correttamente ritenuto esserne derivata in versione dell’onere della prova. Per cui avrebbe dovuto essere il contribuente a dimostrare l’inesattezza dell’accertamento del reddito di Euro 24.346,17 dedotto con l’avviso notificatogli. Nè poteva essere di ausilio, per contestarlo, la documentazione elencata a pag. 25 del ricorso ed in particolare la dichiarazione alla Cassa di categoria (Inarcassa) pari a Euro 15.378,00 riferito ai solo reddito professionale ai fini Irpef, non comprensivo della maggiore capacità contributiva derivante dalla disponibilità degli immobili in (OMISSIS) e (OMISSIS) e dell’autovettura, oltre che delle risorse per far fronte alle relative spese di gestione. Circostanze queste ultime per contrastare le quali non sono state addotte specifiche prove contrarie.

La doglianza posta con il terzo motivo, perciò, è anch’essa infondata.

Con il quarto motivo, il ricorrente ha censurato l’omessa motivazione da parte della CTR in merito alla violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, nella parte in cui impone, quale presupposto per l’accertamento, che lo scostamento, riscontrato rispetto agli elementi indice della maggiore capacità contributiva, si verifichi per due o più periodi di imposta. Ora la doglianza appare incongrua in quanto la normativa richiamata, e che il giudice regionale avrebbe omesso di esaminare, assume come presupposto che la dichiarazione del reddito sia stata presentata. Solo in tal caso l’Ufficio può procedere alla comparazione per valutare se sia rilevabile uno scostamento tra quanto accertato e quanto dichiarato e se tale scostamento risulti anche in altri due periodi d’imposta. Ne caso di specie, l’omessa presentazione della dichiarazione non ha invece consentito di dar corso a tale verifica.

Pertanto, avendo la CTR basato la sua decisione sulla legittimità dell’accertamento proprio in ragione della omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, la stessa Commissione ha implicitamente rigettato la lamentata violazione dell’art. 38.

Analoga considerazione deve farsi in relazione al quinto motivo.

Avendo la CTR ritenuto legittimo il recupero d’imposta, ha con ciò stesso, implicitamente, rigettato la domanda sull’infondatezza delle sanzioni comminate, posto che essa presupponeva l’esclusione della pretesa tributaria invece riconosciuta.

Il quarto e il quinto motivo sono perciò infondati. In entrambi i casi, l’incompatibilità logica tra decisione adottata dal giudice e la domanda del contribuente, ne implicava necessariamente il rigetto, rendendone superflua un’esplicita motivazione (ex multis, Sez. V, 2/04/2020, n. 7662).

Ne deriva che il ricorso va rigettato con condanna alle spese della fase oltre che alla rifusione di quelle prenotate a debito ed al versamento del c.d. doppio contributo.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alle spese di legittimità di Euro 1.700,00, nonchè alla rifusione, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese prenotate a debito. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, del presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2020

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