Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27377 del 29/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 29/12/2016, (ud. 24/11/2016, dep.29/12/2016),  n. 27377

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18941-2015 proposto da:

POSTE ITALIANE SPA, in persona del rappresentante legale pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE MAZZINI 134, presso lo

studio dell’Avvocato LUIGI NORMA), che lo rappresenta e difende,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

G.A. e C.M., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA RENO 21, presso lo studio dell’Avvocato ROBERTO RIZZO, che li

rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3348/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

03/04/2014, depositata il 16/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/11/2016 dal Consigliere Dott. GIULIO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

I,a causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 24 novembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“In sede di rinvio da Cass. n. 16236/2012, la Corte di appello di Roma, con sentenza del 16 luglio 2014, in parziale riforma della decisione del primo giudice, dichiarava la nullità del termine apposto ai contratti di lavoro stipulati da G.A. e C.M. con Poste Italiane e relativi rispettivamente ai periodi 3 – 31 maggio 1999 e 10.12.1998 – 30.1.1999, accertava la intercorrenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e confermava la decisione del Tribunale (già confermata dalla sentenza della Corte di Appello n. 24287/2006 cassata da questa Corte) di condanna di Poste Italiane al risarcimento) del danno in favore dei predetti lavoratori quantificato nelle retribuzioni maturate dal 10.3.2001 (quanto alla G.) e dal 26.7.2001 (quanto al C.) oltre accessori.

La Corte territoriale, per quello che ancora rileva in questa sede, rilevava che non poteva trovare applicazione lo ius superveniens costituito dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, in quanto Poste Italiane non avevano appellato il capo della sentenza del Tribunale riguardante il risarcimento del danno sicchè tale capo era divenuto irrevocabile.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso Poste Italiane s.p.a. affidato ad un unico motivo.

Resistono con controricorso la G. ed il C..

Con l’unico motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c. e art. 2099 c.c. per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto coperto dal giudicato il capo della decisione del primo giudice relativo alla condanna risarcitoria così escludendo la possibilità di applicazione dello ius superveniens di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32. Ed infatti, Poste Italiane, nell’impugnare la decisione del Tribunale, ne aveva chiesto la totale riforma ragion per cui non poteva essersi formato alcun giudicato anche sulla statuizione in ordine al risarcimento del danno anche perchè la sentenza della Corte di Appello n. 2487/2006, in accoglimento del ricorso incidentale proposto dai lavoratori, aveva riformato la sentenza del Tribunale – con cui erano stati dichiarati legittimi i contratti stipulati per ragioni di “ferie” ed illegittimi i contratti stipulati ” per esigenze eccezionali…” dichiarando la nullità dei contratti giustificati dalla necessità di garantire il servizio in concomitanza delle ferie (stipulati anteriormente agli altri).

Il motivo è fondato.

Al riguardo, deve rilevarsi che la formazione della cosa giudicata per mancata impugnazione su un determinato capo della sentenza investita dall’impugnazione, può verificarsi soltanto con riferimento ai capi della stessa sentenza completamente autonomi, in quanto concernenti questioni affatto indipendenti da quelle investite dai motivi di gravame, perchè fondate su autonomi presupposti di fatto e di diritto, tali da consentire che ciascun capo conservi efficacia precettiva anche se gli altri vengono meno (cfr. Cass. 29 aprile 2006 n. 10043; Cass. 3 ottobre 2007 n. 22863).

Non è questo il caso di specie, in cui la statuizione relativa alle conseguenze economiche presuppone l’illegittimità del contratto a termine ed è a questa strettamente collegata (Cass. n. 21834 del 15 ottobre 2014).

Peraltro, vale ricordare che è stato anche precisato come la sentenza di primo grado che, statuendo sulla legittimità di alcuni contratti di lavoro a tempo determinato, abbia dichiarato l’illegittimità dell’apposizione del termine al primo di essi e riconosciuto il diritto al risarcimento, ancorchè impugnata solo sulla prima questione, non passi in giudicato sulla seconda, che non costituisce capo autonomo ma dipendente da una statuizione sottoposta ad impugnazione. Ne consegue che, ove sia cassata la sentenza sull’illegittimità del contratto, anche la statuizione sul “quantum” resta travolta per l’effetto espansivo che la riforma o la cassazione produce sui capi dipendenti ai sensi dell’art. 336 c.p.c. (Cass. n. 25086 del 11/12/2015).

Per tutto quanto sopra considerato, si propone, ex art. 375 c.p.c., n. 5, l’accoglimento del ricorso, la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Roma che provvederà all’applicazione dello ius prperveniens costituito dall L. n. 183 del 2010, art. 32″.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

E’ stato depositato il verbale di conciliazione stipulato fra l’oste Italiane e la G. in data 22 gennaio 2016 in sede sindacale.

Dal suddetto verbale di conciliazione, debitamente sottoscritto dal lavoratore interessato e dal rappresentante della Poste Italiane S.p.A., risulta che le parti hanno raggiunto un accorcio transattivo concernente la controversia in esame dandosi atto dell’intervenuta amichevole e definitiva conciliazione a tutti gli effetti di legge, dichiarando la G. di rinunciare all’azione ed ai diritti di cui alla presente controversia e la società di procedere all’assunzione a tempo indeterminato della predetta.

Tale verbale di conciliazione si appalesa idoneo a dimostrare l’intervenuta cessazione della materia del contendere nel giudizio di cassazione tra le dette parti ed il conseguente sopravvenuto loro difetto di interesse a proseguire il processo.

Quanto alla posizione del C. il Collegio condivide pienamente il contenuto della relazione evidenziando che sulla questione agitata nel presente giudizio, sono intervenute le Sezioni Unite, con sentenza n. 21691 del 27 ottobre 2016, che hanno affermato i seguenti principi: 1) “L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere interpretato nel senso che la violazione di norme di diritto può concernere anche disposizioni emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, qualora siano applicabili al rapporto dedotto in giudizio perchè dotate di efficacia retroattiva. In tal caso è ammissibile il ricorso per cassazione per violazione di legge sopravvenuta”; 2) “Il ricorso per violazione di legge sopravvenuta incontra il limite del giudicato. Se la sentenza si compone di più parti connesse tra loro in un rapporto per il quale l’accoglimento dell’impugnazione nei confronti della parte principale determinerebbe necessariamente anche la caducazione della parte dipendente, la proposizione dell’impugnazione nei confronti della parte principale impedisce il passaggio in giudicato anche della parte dipendente, pur in assenza di impugnazione specifica di quest’ultima”.

Orbene, alla luce di quanto esposto, va dichiarata cessata la materia del contendere tra Poste Italiane e G.A. e, in ragione del contenuto transattivo dell’accordo, è conforme a giustizia disporre la compensazione delle spese del giudizio di cassazione tra le dette parti. Diversamente, con riferimento alla posizione del C., il ricorso va accolto e l’impugnata sentenza cassata, sul punto relativo alle conseguenze economiche derivate dalla declaratoria di nullità del termine apposto al contratto di lavoro, con rinvio alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014).

Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

La Corte dichiara cessata la materia del contendere e compensa le spese del presente giudizio riguardo alla posizione di G.A.; accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio quanto alla posizione di C.M..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. D.P.R., art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2016

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