Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27374 del 08/10/2021

Cassazione civile sez. II, 08/10/2021, (ud. 20/05/2021, dep. 08/10/2021), n.27374

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12669/2017 proposto da:

W.H., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO n.

36-B, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO SCARDIGLI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIERO PETROCCHI;

– ricorrente –

contro

CITTA’ METROPOLITANA DI FIRENZE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3835/2016 del TRIBUNALE di FIRENZE, depositata

il 17/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/05/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso al Giudice di Pace di Firenze W.H. proponeva opposizione avverso un verbale di contravvenzione al C.d.S. contestando, per quanto ancora rileva, la redazione dello stesso in lingua tedesca, e non invece in lingua italiana.

Nella resistenza della Provincia di Firenze, il Giudice di Pace di Firenze, con sentenza n. 5288/2014, rigettava l’opposizione.

Interponeva appello avverso detta decisione il W. ed il Tribunale di Firenze, con la sentenza impugnata, n. 3835/2016, emessa nella resistenza della Città metropolitana di Firenze, rigettava il gravame.

Propone ricorso avverso detta decisione il W. affidandosi a tre motivi.

La Città Metropolitana di Firenze, intimata, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente principale lamenta la violazione del R.D.L. n. 1796 del 1925, art. 1, comma 1, in relazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 28 del 1982 ed all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Poiché la lingua ufficiale degli atti promananti dai pubblici uffici è l’italiano, il ricorrente censura la decisione del Tribunale nella parte in cui essa avrebbe erroneamente affermato: da un lato, che la norma sulla redazione degli atti in italiano si applicherebbe soltanto agli atti processuali; dall’altro lato, che tutti gli elementi essenziali della contestazione sarebbero stati tradotti in italiano nel provvedimento notificato al W., mentre così non sarebbe.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 495 del 1992, art. 383, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, poiché l’atto notificatogli non sarebbe corrispondente al modello previsto dalla richiamata disposizione.

Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della Convenzione di Strasburgo del 24.11.1977, ratificata in Italia con L. n. 149 del 1983, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il giudice di merito non avrebbe considerato che detta norma prescrive la notifica degli atti nella loro lingua originaria, salvo il diritto del destinatario di chiederne la traduzione nella propria lingua. Ad avviso del W., dunque, la notificazione sarebbe stata valida ov’essa fosse stata eseguita in italiano, salvo il suo diritto a chiedere la traduzione dell’atto in tedesco, ma non sarebbe invece valida la notificazione eseguita direttamente in tedesco, con traduzione in italiano.

Le tre censure, suscettibili di esame congiunto, sono inammissibili.

La sentenza impugnata afferma, all’esito di un accertamento in punto di fatto, che “Nel caso in esame, è stata notificata un’autonoma verbalizzazione conforme al modello previsto dall’art. 383 C.d.S., comma 4, sia da un punto di vista formale (perché contenente tutti gli elementi previsti a pena di nullità dall’art. 201 C.d.S., comma 1 e dall’art. 383 reg. att. C.d.S., comma 1), sia da un punto di vista sostanziale, in quanto, chiaramente, idonea a garantire l’esercizio del diritto di difesa all’interessato” (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata).

Il ricorrente contesta il richiamato passaggio della motivazione sostenendo che:

1) con il primo motivo, che non tutti gli elementi essenziali dell’atto sarebbero stati riportati anche nella traduzione in lingua italiana;

2) con il secondo motivo, che il verbale notificatogli non sarebbe conforme allo schema previsto dall’art. 383 reg. att. C.d.S., comma 1, adottato con D.P.R. n. 495 del 1992.

Il primo motivo difetta di specificità, perché il ricorrente non riporta il contenuto del verbale che gli è stato notificato: assume semplicemente che una parte di esso non sarebbe stata tradotta in lingua italiana, ma non si trascrive detta parte, non consentendo in tal modo al collegio di procedere alla verifica del vizio denunciato.

Identico limite presenta il secondo motivo, nel quale il ricorrente non riporta il modello che si assume conforme alla previsione del D.P.R. n. 495 del 1992, art. 383, né propone un raffronto tra lo stesso ed il provvedimento che in concreto gli è stato notificato. Anche in questo caso, dunque, la censura non pone il collegio in condizione di verificare il vizio di non corrispondenza dell’atto al modello legale denunciato dal W..

Ambedue le censure, dunque, non sono idonee a superare l’accertamento di fatto contenuto nella decisione impugnata, secondo cui il verbale notificato al ricorrente era conforme al modello legale e conteneva tutti gli elementi previsti dalla norma del regolamento di attuazione al C.d.S..

L’inammissibilità dei primi due motivi implica l’inammissibilità anche della terza censura, poiché il giudice di merito ha ritenuto, come detto in esito ad un accertamento in fatto non adeguatamente attinto dalle prime due doglianze, che la notificazione in concreto eseguita dall’amministrazione era conforme al modello legale, essendo stata notificata al ricorrente un’autonoma verbalizzazione contenente gli elementi essenziali dell’atto, secondo lo schema legale previsto dal C.d.S. e del relativo regolamento attuativo.

In definitiva, il ricorso è inammissibile.

Nulla per le spese, in assenza di svolgimento di attività difensiva da parte intimata nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 20 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2021

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