Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27372 del 24/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 24/10/2019, (ud. 25/06/2019, dep. 24/10/2019), n.27372

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7391-2018 proposto da:

M.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CATANZARO 2,

presso lo studio dell’avvocato PIETRO ALGIERI, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIOVANNI COSCARELLA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2446/4/201/42 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CALABRIA, depositata il 29/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GORI

PIERPAOLO.

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza n. 2446/4/17 depositata in data 29 agosto 2017 la Commissione tributaria regionale della Calabria rigettava l’appello principale proposto da M.P. e accoglieva l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 6801/13/16 della Commissione tributaria provinciale di Cosenza con cui era stato parzialmente accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso un avviso di accertamento per II.DD. e IVA 2008, in relazione alla dedotta deducibilità dei costi per consumo carburante, e rigettata nel resto la ripresa per operazioni oggettivamente inesistenti;

– Avverso tale decisione, ha proposto ricorso per cassazione il contribuente deducendo un unico motivo. L’Agenzia delle entrate ha depositato controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con un unico motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – il contribuente deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, nella specie il passaggio in giudicato di sentenza del giudice penale favorevole al contribuente, in relazione a processo originato dai medesimi fatti, maturato nel corso dell’appello, di cui era stata prodotta copia, e di cui la CTR non ha tenuto conto;

– Il motivo è inammissibile. Va al proposito ribadito che: “In materia di contenzioso tributario, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorchè i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l’accertamento degli Uffici finanziari, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in tema di prova posti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sè inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna. Ne consegue che l’imputato assolto in sede penale, anche con formula piena, per non aver commesso il fatto o perchè il fatto non sussiste, può essere ritenuto responsabile fiscalmente qualora l’atto impositivo risulti fondato su validi indizi, insufficienti per un giudizio di responsabilità penale, ma adeguati, fino a prova contraria, nel giudizio tributario.” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 16262 del 28/06/2017, Rv. 644927 – 01);

– “Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione” (Cass. 7 aprile 2017 n. 9097);

– Nel caso di specie non è contestato il passaggio in giudicato di sentenza del giudice penale favorevole al contribuente, in relazione ad un processo originato dai medesimi fatti, maturato nel corso dell’appello, il fatto che ne era stata prodotta copia avanti al giudice di appello, e che la CTR non ne ha tenuto conto. Tuttavia, premesso che, secondo i principi giurisprudenziali che precedono, nessuna automaticità discende nel processo tributario da tale esito in sede penale, è formalistica la deduzione del contribuente che censura la mancata considerazione espressa del fatto del passaggio in giudicato in sè e per sè. Per risultare fatto, oltre che oggetto di discussione, decisivo, il contribuente avrebbe dovuto evidenziare elementi di fatto che, presi in esame dal giudice penale e non dalla CTR, avrebbero potuto condurre ad un diverso esito della sentenza. Al di là delle argomentazioni di principio, i riferimenti in ricorso ai passaggi ritenuti rilevanti della sentenza penale (ad es., circa l’acquisto dei materiali, le testimonianze dei dipendenti della ditta del M. – For Mixer -, il contenuto delle fatture a p.9 e ss. del ricorso), sono relativi ad elementi di prova e prima ancora a fatti già dedotti avanti al giudice tributario (ad es. p. 3 della sentenza, secondo capoverso e ss.), considerati dalla CTR, e oggetto di un accertamento in fatto sfavorevole al contribuente che non può essere rivalutato in questa sede, in quanto riservato al giudice di merito;

– In conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso e il regolamento delle spese di lite segue la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso, e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 5.600,00 per compensi, oltre Spese prenotate a debito.

La Corte dà atto che, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013), per effetto del presente provvedimento sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui al testo unico spese di giustizia, D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2019

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