Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27372 del 06/12/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 27372 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso 7551-2009 proposto da:
POSSENTI FIORELLA, POSSENTI ROBERTO, POSSENTI MASSIMO,
elettivamente domiciliati in ROMA VIA LUCREZIO CARO
62, presso lo studio dell’avvocato RIBAUDO SEBASTIANO,
che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato
BOTTI ARTURO giusta delega a margine;
– ricorrenti –

2013
3102

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

Data pubblicazione: 06/12/2013

- controricorrente

.’

avverso

la

sentenza

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST.

n.

294/2007

di BRESCIA,

della

depositata il

12/02/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

CHINDEMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato RIBAUDO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udienza del 07/11/2013 dal Consigliere Dott. DOMENICO

R.G. 7551/2009
Fatto
La Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, con sentenza n.
294/63/07, depositata il 12.2.2008, confermava la sentenza della Commissione tributaria
provinciale di Bergamo n. 19/06/2006 che riteneva la legittimità del!’ avviso di irrogazioni
sanzioni, relativo all’anno 2003, nei confronti della società Tisbe Bar di Possenti Fiorella & C., ai

due lavoratrici subordinate non iscritti nei libri obbligatori.
Proponeva ricorso per cassazione la società deducendo i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione dell’art. 2 D.lgs 546/1992, in relazione all’art. 360, n. 1, c.p.c.
rilevando, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 14/5/2008, n. 130, il difetto di
giurisdizione del giudice tributario sulle controversie relative alle sanzioni irrogate dagli uffici
finanziari per l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie;
b) omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art.
360, n. cinque, c.p.c., non avendo attribuito efficacia probatoria i giudici di appello al verbale
redatto dagli ispettori del lavoro e alle dichiarazione delle lavoratrici,
c) Violazione degli artt. 3, comma 3, D.L. n. 12/2002, convertito in 1. n. 73/02, art. 36 bis, comma 7
D.L. n. 223/2006, convertito in 1. 248/2006 e art. 3, comma 3„ D.lgs n. 472/97, in relazione all’art.
360, n. tre, c.p.c., lamentando che la La CTR, in applicazione del principio del favor rei„ previsto
dall’art. 3, comma 3, algs n. 472/97, avrebbe dovuto considerare la nuova formulazione dell’ art.
3, comma 3, D.1. n. 12/2002,così come modificato dall’ art. 36 bis, comma 7 D.L. n. 223/2006,
convertito in 1. 248/2006.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.
I contribuenti hanno presentato memoria.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 7.11.2013, in cui il PG ha concluso come in
epigrafe.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo è infondato.
A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 130 del 2008, con cui è stata dichiarata la
illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 (come sostituito dalla L. n. 448 del
2001, art. 12, comma 2) nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie
relative a tutte le sanzioni irrogate dagli Uffici finanziari, anche quando conseguano a violazione di
disposizioni non aventi natura fiscale(quali quelle in esame), la presente controversia appartiene alla
giurisdizione del giudice ordinario (Cass. S.U. 15846/2008).
1

sensi dell’art. 3 1. 73/2002, a seguito di processo verbale Inps in data 15.10.2003 per l’impiego di

Tuttavia la pronuncia del giudice delle legge non può incidere su una situazione già esaurita, quale
– nella specie – il giudicato implicito sulla giurisdizione formatosi a seguito della decisione di merito
pronunciata in primo grado e non impugnata in sede d’appello in punto di difetto di giurisdizione,
sebbene tale difetto fosse stato già rilevato dalla Corte Costituzionale con le ordinanze n. 34 e 35
del 2006 e 395/2007, che avevano sottolineato l’imprescindibile collegamento tra la giurisdizione
del giudice tributario e la natura tributaria del rapporto.
L’interpretazione dell’art. 37 cod. proc. civ., secondo cui il difetto di giurisdizione “è rilevato, anche

processuale e di ragionevole durata del processo (“asse portante della nuova lettura della norma”),
della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e
dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo
essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto
della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. (Cass. Sez. U, Sentenza n.
24883 del 09/10/2008; cfr anche Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2067 del 28/01/2011; Cass. Sez. U,
Sentenza n. 26019 del 30/10/2008; Cass. Sez. U, Sentenza n. 26019 del 30/10/2008;
La questione sul difetto di giurisdizione del giudice tributario in tema di sanzioni ex art. 3, comma
3, 1.n. 73/2002 non è mai stata sollevata dall’odierna ricorrente nei pregressi gradi di giudizio.
Il principio costituzionale della durata ragionevole del processo consente,quindi, come nella
fattispecie, di escludere la rilevabilità davanti alla Corte di cassazione, del difetto di giurisdizione
qualora sul punto si sia formato un giudicato implicito, per effetto della implicita pronuncia sul
merito in primo grado e della mancata impugnazione, al riguardo, dinanzi al giudice di appello.
È, quindi, inammissibile l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata per la prima volta in sede di
legittimità dalla parte che, soccombente nel merito in primo grado, aveva appellato la sentenza del
giudice tributario senza formulare alcuna eccezione sulla giurisdizione, così ponendo in essere un
comportamento incompatibile con la volontà di eccepire il difetto di giurisdizione e prestando
acquiescenza al capo implicito sulla giurisdizione della sentenza di primo grado, ai sensi dell’art.
329, comma 2 cod. proc. civ..
Anche il secondo motivo va disatteso.
La sentenza della Corte Cost. 12.4.2005 n. 144 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, in
relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, l’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 1992,
n. 12, convertito in legge dall’art. 1 della legge 23 aprile 2002, n. 72, nella parte in cui non ammette
la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al
primo gennaio dell’anno in cui è stata constatata la violazione.

2

d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo”, deve tenere conto dei principi di economia

L’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 3, comma 3, del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, conv. in
legge 23 aprile 2002, n. 73 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 36 bis del d.l. 4
luglio 2006, n. 223, conv. in legge 24 agosto 2006, n. 248) non richiede, da parte
dell’Amministrazione, alcun onere di dimostrare l’effettiva durata del rapporto di lavoro irregolare,
essendo sufficiente il mero accertamento dell’esecuzione di prestazione lavorativa da parte di
soggetto che non risulti da scritture o da altra documentazione obbligatoria.
È, invece, specifico onere del datore di lavoro dimostrare l’effettiva durata della prestazione

compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione (Sez. 5, Sentenza n. 21778
del 20/10/2011)
Fermo restando il divieto di ammissione della prova testimoniale posto dall’art. 7 del d.lgs. 31
dicembre 1992, n. 546, nel processo tributario, sussiste il potere di introdurre, per entrambe le parti,
dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale – con il valore probatorio proprio degli elementi
indiziari, i quali, possono concorrere a formare il convincimento del giudice, per garantire il
principio della parità delle armi processuali nonché l’effettività del diritto di difesa.
Tuttavia non è sufficiente a provare la data di inizio del rapporto di lavoro la sola dichiarazione del
dipendente, in mancanza di ulteriori elementi di prova che facciano ritenere plausibile tale
affermazione, apparendo la motivazione sopra riportata del tutto insufficiente a dimostrare la data
di effettivo inizio del rapporto di lavoro (cfr Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1960 del 10/02/2012)
Correttamente, quindi, la CTR non ha attribuito rilevanza alla dichiarazione rilasciata dalla sig.ra
Piana Carmela
Non si può inoltre attribuire natura probatoria relativamente alla data di effettivo inizio del rapporto
di lavoro al cedolino paga della sig.ra Martinuzzi Sara relativo al mese di luglio che nulla prova in
ordine alla effettiva data di assunzione
I verbali di accertamento dell’ispettorato del lavoro e dei funzionari ispettivi degli enti previdenziali,
in materia di omesso versamento di contributi, fanno fede, fino a querela di falso, sulla loro
provenienza dal pubblico ufficiale che li ha formati, nonché sui fatti che il medesimo attesti
avvenuti in sua presenza o da lui compiuti e possono,altresì, fornire utili elementi di giudizio,
liberamente apprezzabili, in ordine agli altri fatti che i verbalizzanti abbiano dichiarato di aver
desunto o attinto dall’inchiesta da essi svolta, ivi comprese le dichiarazioni di terzi tra cui vanno
ricomprese anche le dichiarazioni dei lavoratori oggetto di indagine ispettiva. (Cass. Sez. L,
Sentenza n. 14158 del 02/10/2002)
Peraltro il verbale ispettivo da contezza unicamente della situazione riscontrata dagli ispettori al
momento dell’accesso e non è finalizzato a individuare la durata dell’illecito ai fini della sanzione
3

lavorativa per evitare che l’entità della sanzione pecuniaria sia determinata “ex lege”, “per il periodo

-MURO.

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in questione, stante la presunzione (relativa) di retrodatazione dell’assunzione (superabile dal
datore di lavoro), essendovi una evidente differenza tra i comparti normativi che regolano il
recupero dei contributi previdenziali, la repressione degli illeciti connessi all’assunzione e le
sanzioni di contrasto alla c.d economia sommersa.
Anche l’ultimo motivo è infondato. avendo i giudici correttamente ritenuto applicabile, nel caso di
specie la citata normativa nella versione antecedente alla riforma del 2006.
L’ art. 3, comma 3„ D.Igs n. 472/97, nel prevedere il principio del favor rei, afferma che “se la

sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di
irrogazione sia divenuto definitivo”
Va, tuttavia, evidenziato che il D.Igs 472/97 concerne le ” disposizioni generali in materia di
sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell’art. 3, comma 3, della
legge 23 dicembre 1996, n. 662.
Nella fattispecie in esame non si ravvisano violazione di norme tributarie, essendo più oggetto di
contestazione e trattasi di violazione di sanzioni amministrative di natura non tributarie, attenendo
alla disciplina lavoristica
La stessa Corte Costituzionale, con sentenza n. 140/2002, ha ribadito che, con riferimento alle
sanzioni amministrative, rientranti nell’ambito di applicazione della legge 689/1981, vigono i
principi di legalità e di irretroattività della legge, principi diversi da quelli contemplati dal D.Igs
472/1997, ispirati al principio del favor rei, di matrice lavoristica, il cui risvolto e la retroattività
della lex mitior, come tale inconferente nel caso in questione.
Va, conseguentemente, rigettato il ricorso.
L’evolversi della giurisprudenza in epoca successiva alla presentazione del ricorso costituisce
giusto motivo per la compensazione delle spese del giudizio di legittimità

29!3
PQM
Rigetta il ricorso.
Dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità
Così deciso in Roma, il 7.11.2013

legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono

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