Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27371 del 29/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 29/12/2016, (ud. 23/11/2016, dep.29/12/2016),  n. 27371

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18374-2015 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA

32, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO ALESSANDRO PASSARINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ROBIRTO REGNI giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RENO 6, presso

lo studio dell’avvocato PIETRO MARIA PUTTI, rappresentata e difesa

dall’avvocato ALESSANDRO ROCCO giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 95/2015 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 24/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio, letta la memoria depositata dalla parte intimata.

2. C.M. ricorre avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona, del 24 febbraio 2015, che aveva rigettato il gravame avverso la decisione di primo grado che, in accoglimento dell’eccezione di giudicato esterno sollevata dalla parte convenuta, aveva dichiarato inammissibile la domanda risarcimento del danno patrimoniale per le spese sostenute da esso datore di lavoro, per attività d’indagine volta ad individuare responsabili di ammanchi di cassa.

3. L’intimata resiste con controricorso, deduce l’inammissibilità del ricorso per molteplici profili e ne chiede il rigetto.

4. Il ricorso è qualificabile come manifestamente infondato.

5. Come insegna costante giurisprudenza di questa S.C., qualora due giudizi tra le stesse parti facciano riferimento al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto accertato e risolto, pur ove il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo (cfr., ex multis, Cass. un. 3488/2016; 14535/2012; 22520/2011).

6. La ratio del principio risiede nella necessità di evitare che la portata precettiva del giudicato venga sminuita o comunque alterata da successive sentenze incidenti sul medesimo oggetto, id est prevenire un contrasto fra giudicati.

7. Diversamente, la portata precettiva del giudicato che abbia riconosciuto un determinato quantum debeatur potrebbe essere smentita (ridimensionata o comunque alterata) all’infinito, via via proponendo sempre nuove questioni sui criteri di calcolo del credito, già determinato nel suo ammontare nel precedente giudizio.

8. Nella specie, con sentenza del Tribunale di Ancona del 22 settembre 2011, non appellata e divenuta pertanto irretrattabile, il predetto Giudice aveva escluso il riconoscimento del danno patrimoniale (per il pagamento delle spese sostenute per l’intervento di un’agenzia investigativa) reputando tardiva la produzione della nota provvisoria, relativa alle predette spese, allegata alla memoria autorizzata per la discussione, e non provato “l’esborso effettivo di tale somma di denaro, con conseguente insufficienza della stessa a sostenere la pretesa attorea” (così si legge, testualmente, nella predetta decisione).

9. L’inesistenza del diritto per difetto di prova deve, pertanto, ritenersi irretrattabile e la relativa pretesa non più proponibile in un nuovo giudizio fra le stesse parti, come correttamente ritenuto dalla Corte territoriale.

10. Ne consegue il rigetto del ricorso.

11. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza con distrazione in favore dell’avvocato Alessandro Rocco, dichiaratosi antistatario.

12. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass. Sez. Un. 22035/2014 e alle numerose successive conformi).

13. Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente impugnatoria) da rigettarsi integralmente, deve provvedersi in conformità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del quindici per cento, da distrarsi in favore dell’avvocato Alessandro Rocco, dichiaratosi antistatario.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2016

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