Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27371 del 01/12/2020
Cassazione civile sez. trib., 01/12/2020, (ud. 11/09/2019, dep. 01/12/2020), n.27371
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
Dott. D’AURIA Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22169-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
C.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CESARE MACCARI
123, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO PORFIDIA, rappresentato
e difeso dall’avvocato ALDO BALDI;
– controricorrente –
e contro
COMIR SAS;
– intimate –
avverso la sentenza n. 3109/2014 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,
depositata il 26/03/2014;
Udita la relazione della causa svolta nellaòcamera di consiglio del
11/09/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE D’AURIA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
La vicenda giudiziaria trae origine dal provvedimento di diniego al rimborso Iva richiesto dal contribuente C.G., in relazione alla dichiarazione dell’anno di imposta 1999 presentata nel 2000.
Proponeva ricorso il C. il quale ribadiva che il credito era di Euro 186.689,36, che era stato indicato nella dichiarazione dell’anno 1999, e mai utilizzato in compensazione negli anni successivi per aver conferito l’azienda alla società di persone Comir sas.
Aggiungeva che il credito non si era prescritto essendo intervenuto riconoscimento da parte dell’Agenzia delle Entrate nel 2006.
La Commissione Provinciale di Caserta condannava l’Agenzia delle Entrate al rimborso iva, non trovando applicazione il termine biennale per la restituzione, trattandosi di credito già richiesto con la dichiarazione e neppure era maturata la prescrizione decennale per effetto del riconoscimento del credito intervenuto nel 2006.
Avverso la predetta sentenza proponeva appello l’Ente impositore chiedendo un riesame completo della vicenda (appello pienamente devolutivo). La commissione regionale della Campania confermava la decisione impugnata.
Propone ricorso in Cassazione l’Agenzia delle Entrate affidandosi a quattro motivi:
1) Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 30, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3;
2) Violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 30 e 57, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
3) Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3;
4) Violazione del termine prescrizionale di cui all’art. 2932 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
Si costituiva con controricorso il contribuente che chiedeva la dichiarazione di inammissibilità e /o il rigetto del ricorso Presentava memoria il contribuente ex art. 380 bis c.p.c..
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente dichiarato inammissibile il ricorso notificato anche alla società Comir sas, che non ha partecipato agli altri gradi del giudizio, non essendo peraltro destinataria di alcun atto della P.A..
Esaminando il quarto motivo di gravame con efficacia dirimente, l’Agenzia deduce che erano prive di rilevanza giuridica, nel giudizio di rimborso sia la circostanza che l’Agenzia non aveva proceduto alla rettifica nei termini di legge che quella relativa alla consegna di fogli elettronici. In particolare tali fogli illegittimamente erano stati considerati dalla Commissione Regionale quale riconoscimento del debito, mentre non potevano avere alcuna efficacia probatoria e rilevanza giuridica, essendo stati stampati da un impiegato di Formia, ufficio peraltro non competente per la pratica di rimborso.
La Corte territoriale ha ritenuto che il foglio elettronico consegnato da un dipendente della amministrazione finanziaria di Formia, stampato a richiesta del contribuente nel 2006, avesse efficacia interruttiva della prescrizione, in quanto contenente una ricognizione del debito.
In realtà il foglio elettronico contenente dati raccolti dalla P.A. è atto di per sè interno e come tale inidoneo a costituire atto utile all’interruzione della prescrizione.
Va sul punto confermato l’orientamento costante di questa Corte nel senso che “il riconoscimento del diritto, al fine della interruzione della prescrizione, ex art. 2944 c.c., è configurabile in presenza dei requisiti della volontarietà, della consapevolezza, della inequivocità, della esternazione e della recettizietà” (Cass. i6 giugno 2000, n. 8248). Nel caso di specie manca sicuramente il requisito dell’esternazione, indispensabile al fine di manifestare anche alla controparte del rapporto la portata ricognitiva, esternazione che non può consistere nella mera stampa di un atto interno e non destinato a far sorgere obblighi per la P.A. Del resto appare intuitivo che l’esternazione per avere validità giuridica deve provenire dal titolare dell’organo a cui è attribuito il potere di rappresentare l’ente, e non certamente da un qualsiasi impiegato di un ufficio che non aveva la responsabilità e la gestione del procedimento amministrativo. Inoltre poichè il riconoscimento del credito produce obblighi a carico della P.A., in base ai principi della contabilità di Stato, occorreva la sottoscrizione specifica dell’atto, mentre nel caso il foglio elettronico si limitava a riassumere i dati contenuti nella dichiarazione dei redditi del contribuente senza che fosse intervenuto alcun tipo di verifica.
In definitiva deve escludersi che qualsiasi impiegato che ha eventualmente effettuato la cd stampata dei dati conservati dalla P. a. fosse cosciente che stesse riconoscendo un debito della P.A. nè comunque aveva il relativo potere.
Conclusivamente, quindi, il ricorso va accolto, in relazione al quarto motivo, rimanendo assorbiti gli altri; la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, essendo incontroverso per quanto detto l’intervenuta prescrizione va respinto l’originario ricorso del contribuente.
Le spese seguono la soccombenza e liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo del ricorso (assorbiti gli altri) e decidendo nel merito respinge il ricorso proposto dal contribuente che condanna al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 6000 oltre spese prenotate a debito.
Dichiara inammissibile il ricorso nei confronti della soc. Comir sas.
Così deciso in Roma, il 11 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2020