Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27369 del 24/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 24/10/2019, (ud. 04/06/2019, dep. 24/10/2019), n.27369

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7601-2018 proposto da:

D.V.G., in proprio e quale legale rappresentante pro

tempore della V.G. & C. ASSICURAZIONI SAS,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA P. SEGNERI, 14, presso lo

studio dell’avvocato CLAUDIO FASSARI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

VITTORIA ASSICURAZIONI SPA, in persona dell’amministratore delegato,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI MONTE VERDE 162, presso lo

studio dell’avvocato GIORGIO MARCELLI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

INTESA SAN PAOLO SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 5502/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 26/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DOLMETTA

ALDO ANGELO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- La compagnia Vittoria Assicurazioni s.p.a. ha convenuto avanti al Tribunale di Roma Giancarlo D.V. e la s.a.s. D.V. & C., nonchè la s.p.a. Banca Intesa (come allora denominata Cassa di Risparmio di Rieti), chiedendo la condanna di costoro al pagamento di una determinata somma di denaro. Ha assunto, al riguardo, che il proprio ex agente generale D.V. & C. aveva stipulato delle polizze assicurative con la s.p.a. Italcoser Logistica, senza averne il potere; e che lo stesso – avendo ricevuto, per il pagamento dei premi, un assegno bancario non trasferibile intestato alla compagnia – lo aveva riscosso in proprio, portando la relativa somma su un conto corrente che aveva in essere presso la detta Banca.

Nel costituirsi le parte convenute, la Banca ha anche proposto domanda di garanzia nei confronti dell’accomandita e della persona fisica di D.V..

2.- Con sentenza del maggio 2015, il Tribunale di Roma ha accolto la domanda attorea, nonchè quella di garanzia formulata dalla Banca.

Avverso questo provvedimento hanno proposto appello principale la s.a.s. D.V. e D.V.G.. La Banca ha proposto appello incidentale.

Con sentenza depositata il 26 agosto 2017, la Corte di Appello di Roma ha rigettato entrambe le impugnazioni.

3.- La sentenza ha ritenuto, in particolare, che la procura speciale rilasciata dalla Compagnia all’agente assegnava a quest’ultimo la “facoltà di incassare i premi”, ma non anche “in presenza di pagamenti eseguiti con assegni muniti della clausola di non trasferibilità” – quella di “procedere alla loro negoziazione mediante l’accredito su un conto diverso da quello intestato alla compagnia”, per il quale “sarebbe occorsa una specifica ed espressa autorizzazione” o “anche un’autorizzazione generale che gli appellanti non hanno provato di avere ottenuto”.

Del resto – ha aggiunto la sentenza -, nei fatti l’assegno era stato negoziato quando il rapporto di agenzia si era ormai definitivamente concluso (“a seguito dell’avvenuta conoscenza da parte della D.V. s.a.s. dell’intervenuta accettazione”, da parte della compagnia, “del recesso esercitato dall’agente”).

4.- Avverso la detta pronuncia D.V.G. e la s.a.s. propongono ricorso per cassazione, che strutturano in due motivi.

Resiste la s.p.a. Vittoria Assicurazioni con controricorso.

Non ha svolto attività difensive nel presente grado di giudizio Banca Intesa.

5.- Il primo motivo di ricorso è rubricato “falsa applicazione della L. assegni, art. 43 “.

Ad avviso del ricorrente, ha errato la Corte territoriale “nel ritenere che il rappresentante negoziale, dotato di procura all’incasso in nome e per conto del prenditore, non possa incassare “con girata per procura” l’assegno non trasferibile intestato al suo mandante”.

Questo in quanto “la procura generale, che reca espressamente il potere di incasso dei premi, nonchè il contratto di agenzia, che reca espressamente il dovere di incassare i premi e riversarne le somme alla Vittoria Assicurazione”, integrano “una autorizzazione all’incasso degli assegni con girata per procura ai sensi della L. assegni, art. 26 “.

6.- Il motivo non merita di essere accolto.

La Corte romana ha basato la sua decisione su due distinte rationes (sopra, n. 3): una relativa alla constatazione che, al momento in cui l’assegno veniva “incassato”, il rapporto di agenzia era ormai terminato; l’altro, inerente alla mancata prova dell’esistenza di una procura a negoziare gli assegni, come rilasciata dalla Compagnia alla s.a.s. D.V..

Ora, il ricorrente non sfiora il tema di cui alla prima ratio, sull’avvenuta cessazione della procura, pur in sè stessa assorbente (v. comunque, per la completezza del discorso, quanto si viene a rilevare in ordine al secondo motivo di ricorso); e assume, in ordine all’altra, come scontato presupposto proprio quanto avrebbe per contro dovuto dimostrare nell’ambito del giudizio di merito: e cioè la sussistenza in fatto di una procura idonea, come relativa alla negoziazione degli assegni bancari.

7.- Il secondo motivo di ricorso assume vizio di omesso esame, circa la “ratifica dell’operato dell’agente anche dopo la conclusione del contratto”.

Anche a ritenere “già perfezionato il recesso dell’agente dal proprio contratto di agenzia, gli atti da lui compiuti appaiono comunque oggetto di ratifica, la quale, purchè risultante da documenti che evidenziano inequivocabilmente l’intenzione del dominus di appropriarsi degli effetti del contratto inefficace, non richiede un’espressa manifestazione di volontà”.

8.- Il motivo non merita di essere accolto.

La “ratifica” del contratto di assicurazione con il cliente, che sia stata posta in essere dalla Compagnia, non comporta nè implica, invero, alcuna ratifica dell’operato dell’agente in ordine all'”incasso” del relativo premio assicurativo: tanto meno del versamento delle pertinenti somme non già sul conto della Compagnia, bensì su quello personale dell’agente.

9.- Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 5.100,00 (oltre a Euro 100,00 per esborsi), oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile, il 4 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2019

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