Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27363 del 30/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/11/2020, (ud. 30/09/2020, dep. 30/11/2020), n.27363

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11707/2018 R.G. proposto da:

M.P., rappresentato e difeso dall’Avv. Rosanna Carta, con

domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della

Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappresentato e

difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in

Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

 

Fatto

RILEVATO

che M.P., cittadino del Gambia, ha proposto ricorso per cassazione, per tre motivi, avverso il decreto del 23 febbraio 2018, con cui il Tribunale di Cagliari ha rigettato la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e, in subordine, della protezione sussidiaria o del permesso di soggiorno per motivi umanitari da lui proposta;

che il Ministero dell’interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, censurando il decreto impugnato per illogicità e contraddittorietà della motivazione, nella parte in cui ha rigettato l’istanza di audizione proposta da esso ricorrente, a causa della sua mancata comparizione in udienza, senza considerare che, in assenza di un’espressa previsione della comparizione personale nel decreto di fissazione dell’udienza, la mancata comparizione non poteva considerarsi ingiustificata;

che il motivo è inammissibile, non essendosi il Tribunale limitato, nel rigettare l’istanza di audizione proposta dal ricorrente, a dare atto della mancata comparizione personale dello stesso in udienza, ma avendo altresì escluso la necessità di un rinvio per l’espletamento di tale incombente, in virtù di un confronto tra il contenuto del ricorso e le dichiarazioni rese dinanzi alla Commissione territoriale, all’esito del quale ha ritenuto superflua l’acquisizione di qualsiasi chiarimento o integrazione;

che nel procedimento d’impugnazione del diniego di riconoscimento della protezione internazionale, mentre la fissazione dell’udienza per la comparizione delle parti riveste carattere obbligatorio, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, comma 11, lett. a), in caso di indisponibilità della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, determinandosi altrimenti la nullità del decreto con cui viene deciso il ricorso, l’opportunità di disporre l’audizione è invece rimessa alla discrezionalità del giudice di merito, la cui valutazione è insindacabile in sede di legittimità ove, come nella specie, risulti sorretta da adeguata motivazione (cfr. Cass., Sez. I, 28/02/2019, n. 5973; Cass., Sez. VI, 31/01/2019, n. 2817);

che con il secondo motivo il ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nel rigettare la domanda di riconoscimento della protezione internazionale, il decreto impugnato non ha tenuto conto degli atti di violenza da lui subiti a causa del suo rifiuto di convertirsi alla religione islamica, e riferiti nel corso del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, nonchè riportati nel provvedimento amministrativo di diniego della protezione;

che il motivo è inammissibile, riflettendo l’omesso esame di un fatto che risulta non solo specificamente preso in considerazione dal decreto impugnato, il quale ha escluso la sottoposizione del ricorrente ad atti di violenza volti a provocarne la conversione, ma altresì inidoneo ad orientare in senso diverso la decisione, avendo il Tribunale osservato che il ricorrente, oltre a potersi sottrarre ai contrasti insorti con lo zio, in quanto ormai adulto ed emancipato dalla famiglia, avrebbe potuto comunque invocare la protezione delle autorità statali, ormai in grado di fornire adeguata tutela contro gli atti di violenza;

che nel censurare il predetto accertamento, il ricorrente si limita a richiamare il verbale del colloquio sostenuto dinanzi alla Commissione territoriale, la cui omessa valutazione non è deducibile come motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non integrando di per sè l’omesso esame di un fatto decisivo ove, come nella specie, il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass., Sez. VI, 8/11/2019, n. 28887; Cass., Sez. lav., 1/07/2015, n. 13448; 20/02/2015, n. 2498);

che, nell’escludere l’idoneità dei predetti atti di violenza a giustificare l’accoglimento della domanda, il decreto impugnato ha correttamente applicato il D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 5, lett. c), che nell’ammettere il riconoscimento della protezione internazionale anche a fronte di atti di persecuzione o di un danno grave proveniente da soggetti non statuali, la subordina espressamente alla condizione che lo Stato o le organizzazioni che controllano lo stesso o una parte consistente del suo territorio non possano o non vogliano fornire protezione, ai sensi dell’art. 6, comma 2, (cfr. Cass., Sez. I, 21/10/2019, n. 26823; Cass., Sez. VI, 3/07/2017, n. 16356; 20/07/2015, n. 15192);

che con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 116 c.p.c., nonchè l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando il decreto impugnato per illogicità e contraddittorietà della motivazione, nella parte in cui ha escluso che la frequentazione dei corsi di italiano presso una struttura di accoglienza fosse sintomatica d’integrazione nel territorio italiano, senza tener conto degli altri corsi da lui frequentati al di fuori del centro di accoglienza presso il quale è ospitato;

che il motivo è inammissibile, non essendosi il Tribunale limitato, nel rigettare la domanda di riconoscimento della protezione umanitaria, ad escludere che il ricorrente abbia raggiunto un sufficiente livello d’integrazione sociale e lavorativa nel territorio italiano, ma avendo preso altresì in esame la situazione politica e sociale del Paese di origine, in riferimento alla quale ha ritenuto insussistenti le condizioni di instabilità ed insicurezza allegate a sostegno della domanda;

che il predetto apprezzamento si pone perfettamente in linea con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di protezione umanitaria, secondo cui il riconoscimento di tale misura postula una valutazione comparativa tra la situazione oggettiva e soggettiva in cui verrebbe a trovarsi il richiedente in caso di rimpatrio ed il livello d’integrazione dallo stesso raggiunto nel Paese di accoglienza, senza che quest’ultimo possa assumere di per sè rilievo, se isolatamente considerato (cfr. Cass., Sez. Un., 13/11/2019, n. 29459; Cass., Sez. I, 15/05/2019, n. 13079);

che, nel contestare le conclusioni cui è pervenuto il decreto impugnato, il ricorrente si limita ad insistere esclusivamente sul livello d’integrazione da lui raggiunto in Italia, lamentando l’omessa considerazione di fatti comprovanti la volontà d’inserirsi nel tessuto sociale e politico del Paese di accoglienza, senza censurare l’accertata insussistenza di una situazione di diffusa violazione dei diritti umani nel Paese di origine, la cui esclusione, in quanto di per sè sufficiente a giustificare il rigetto della domanda, consente di ritenere non decisive le circostanze pretermesse;

che il ricorso va dichiarato pertanto inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza, allo stato, dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dal cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2020

 

 

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