Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27363 del 24/10/2019

Cassazione civile sez. II, 24/10/2019, (ud. 18/06/2019, dep. 24/10/2019), n.27363

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21562/2015 proposto da:

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.P.A., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MENGARINI n. 88,

presso lo studio dell’avvocato CARLA SILVESTRI, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARCO WEIGMANN;

– ricorrente –

contro

C.S.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE n. 1, presso lo studio dell’avvocato GIANLUIGI MALANDRINO,

che lo rappresenta e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 286/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 16/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/06/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale ed il rigetto di quello incidentale;

udito l’avvocato CARLA SILVESTRI per parte ricorrente, che ha

concluso per l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto di

quello incidentale, e l’avvocato GIANLUIGI MALANDRINO per parte

controricorrente, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

incidentale e il rigetto di quello principale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso ex artt. 414 c.p.c. e segg., C.E., agente di Fondiaria Assicurazioni S.p.a. per la città di Frosinone dal 1.5.1995 sino al 20.6.2001, data del recesso della società preponente dal rapporto contrattuale, evocava in giudizio detta preponente innanzi il Tribunale di Frosinone per sentirla condannare al pagamento dell’indennità aggiuntiva per recesso illegittimo e dell’indennità per riduzione del portafoglio di agenzia previste dagli accordi collettivi applicabili.

A seguito della declaratoria di incompetenza del Tribunale di Frosinone, la causa veniva riassunta innanzi il Tribunale di Firenze, presso il quale si costituiva la Fondiaria resistendo alla domanda e spiegando domanda riconvenzionale per il risarcimento del danno derivante dalla perdita di alcuni clienti compresi nel portafoglio dell’agenzia.

Con sentenza n. 307/2007 il Tribunale accoglieva tanto la domanda principale, ritenendo illegittimo il recesso e dovute le indennità invocate dal ricorrente, che quella riconvenzionale, ritenendo provato e non contestato il danno lamentato dalla compagnia assicurativa, e – operata la compensazione tra le due poste – condannava la Fondiaria al pagamento in favore del C. della somma di Euro 61.845,75 in linea capitale.

Interponeva appello avverso detta decisione Fondiaria e si costituiva in seconde cure il C., resistendo al gravame e spiegando appello incidentale in relazione alla domanda riconvenzionale di Fondiaria, a suo avviso erroneamente accolta dal primo giudice.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 286/2015, la Corte di Appello di Firenze rigettava tanto l’impugnazione principale che quella incidentale, confermando la sentenza di prime cure e condannando Fondiaria al pagamento dei 2/3 delle spese del grado.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione Unipolsai Assicurazioni S.p.a., già Fondiaria Assicurazioni S.p.a., affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso C.E., spiegando a sua volta ricorso incidentale affidato a tre motivi.

Ambo le parti hanno depositato memoria.

Con istanza depositata il 17.6.2019 il controricorrente ha chiesto lo stralcio della memoria depositata poichè relativa ad altro ricorso e per errore prodotta nel presente giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1882 e 1362 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte di Appello avrebbe dovuto tener conto che sia il contributo per il Servizio Sanitario Nazionale che il prelievo destinato ad alimentare il Fondo Vittime della Strada non fanno parte del premio della polizza e, di conseguenza, non entrano nella base di calcolo per la provvigione dovuta all’agente di assicurazioni.

Con il secondo motivo Unipolsai lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 dell’Accordo nazionale per gli agenti di assicurazione del 28.7.1994 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte di merito avrebbe dovuto considerare che la norma convenzionale non si riferisce alle somme che l’assicuratore è tenuto per legge ad incassare non già come parte del premio assicurativo, bensì come prelievi aggiuntivi da riversare in favore di altri soggetti.

Con il terzo motivo la compagnia lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 24 novembre 1970, n. 973, artt. 20 e segg., art. 1882 c.c., L. n. 562 del 1982, art. 8, poi confluito nella L. n. 990 del 1969, art. 11-bis, L. n. 1216 del 1961, art. 1748 c.c. e del D.Lgs. n. 173 del 1997, art. 45, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè la Corte di Appello avrebbe dovuto tener conto che il corrispettivo complessivamente incassato dalle compagnie di assicurazione a fronte del servizio di copertura del rischio comprende i cd. “premi puri” ed i cd. “caricamenti”, e che solo sui primi vanno calcolate le provvigioni dovute agli agenti di assicurazione.

Le prime due censure, che in ragione della loro connessone si prestano ad un esame congiunto, sono fondate.

Merita infatti di essere ribadito il principio secondo cui “In materia di contratto di agenzia nel settore assicurativo, le somme di denaro non costituenti corrispettivo del contratto di assicurazione e, per di più, destinate a soggetti diversi dall’assicuratore, quali imposte e tasse, non sono riconducibili alla nozione di premio assicurativo, che comprende solo il corrispettivo del rischio assunto dall’assicuratore. Ne consegue che gli importi corrisposti a titolo di contributi per Servizio sanitario nazionale e il Fondo di garanzia vittime della strada non costituiscono premio e non rientrano nella base di calcolo della provvigione” (Cass. Sez. L, Sentenza n. 21629 del 20/09/2013, Rv. 628783; conf. Cass. Sez. L, Ordinanza n. 26242 del 18/10/2018, Rv. 650863).

Negli stessi termini questa Corte si era espressa sin dal 2010 (cfr. Cass. Sez. L, Sentenza n. 11142 del 07/05/2010 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2743 del 05/02/2013, entrambe non massimate), affermando che il contributo obbligatorio a favore del S.S.N. non attiene nè ai costi del servizio assicurativo, nè al premio assicurativo, nè agli accessori, trattandosi di un prelievo forzoso assimilabile ad una imposta; di conseguenza, la nozione di premio assicurativo pagata dal cliente, sul quale va calcolata la provvigione dell’agente, non può comprendere somme di danaro non rappresentative del rischio assicurativo, quali appunto i contributi obbligatori versati al beneficiario ex lege e quindi, estranei al concetto di corrispettivo del contratto di assicurazione in senso tecnico, che mira a garantire i rischi propri delle causa negoziale assicurativa. Infatti il premio dovuto dall’assicurato all’assicuratore ai sensi dell’art. 1882 c.c., è unicamente la somma intascata dal secondo, e diretta, insieme a quelle versate dagli altri assicurati, a coprire il rischio proprio della causa negoziale. In detto concetto non sono comprese le somme che l’assicuratore è obbligato a prelevare dal cliente per poi versarle ad altri soggetti, tra le quali i contributi dovuti ad enti pubblici o ad istituzioni che perseguono finalità pubblicistiche non direttamente inerenti alla causa del contratto di assicurazione.

A ciò va aggiunto che questa Corte ha anche avuto modo di precisare che l’interpretazione opposta della clausola di cui all’art. 3 dell’accordo nazionale agenti del 1994, che nel caso di specie è stata fatta propria dalla Corte fiorentina, non è aderente ai canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c., in tema di accertamento della comune volontà delle parti, perchè contraria al significato delle parole adoperate dai contraenti, che prevedono il diritto dell’agente alla percezione di una provvigione calcolata soltanto sul premio assicurativo (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18513 del 02/09/2014, non massimata).

Il terzo motivo, che Unipolsai ha formulato in via subordinata rispetto alle prime due censure, è evidentemente assorbito dall’accoglimento di queste ultime.

Passando all’esame del ricorso incidentale, con il primo motivo il C. lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116,183 e 184 c.p.c. e art. 2697 c.c., perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente applicato, relativamente alla domanda riconvenzionale di Unipolsai concernente il danno derivante da storno della clientela, il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c., senza rilevare che il giudizio era stato introdotto prima dell’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009. Di conseguenza, ad avviso dell’appellante la Corte territoriale non avrebbe potuto valorizzare la mancata contestazione specifica come argomento esclusivo di prova a conferma della sussistenza del danno lamentato dalla compagnia assicurativa.

La censura è fondata.

Ed invero il giudizio è stato introdotto nel 2003 e quindi prima dell’entrata in vigore delle novelle di cui alla L. n. 80 del 2015, che ha modificato il sistema delle preclusioni in apertura del giudizio e la facoltà delle parti di modificare la domanda originariamente proposta, ed alla L. n. 69 del 2009, che ha invece introdotto nel processo civile l’obbligo di specifica contestazione delle allegazioni della controparte.

Con riferimento al primo profilo, merita di essere ribadito il principio per cui “L’art. 183 c.p.c., comma 4 (nel testo risultante dalla sostituzione operata dalla Legge 26 novembre 1990, n. 353, art. 17), nel consentire all’attore di formulare nella prima udienza di trattazione la nuova domanda o la nuova eccezione che siano conseguenza, oltre che della domanda riconvenzionale, dell’eccezione proposta dal convenuto con la comparsa di risposta, è rivolto a tutelare la parte attrice, a fronte di iniziative difensive della parte convenuta che mutino i termini oggettivi della controversia, o comunque introducano nel processo ulteriori questioni. Pertanto la norma, ove contempla l’eccezione dell’avversario, deve intendersi riferita all’eccezione in senso stretto, non alla semplice controdeduzione del convenuto che sia rivolta a contestare le condizioni dell’azione; rispetto a tale eccezione, inoltre, la nuova domanda o la nuova eccezione dell’attore devono presentarsi come consequenziali, e quindi configurarsi come una contro-iniziativa necessaria per replicare all’eccezione medesima” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 12545 del 08/07/2004, Rv.574313). Ne consegue che soltanto una eventuale eccezione in senso stretto consequenziale alla domanda riconvenzionale di Unipolsai avrebbe dovuto essere proposta dal C. nel termine di cui all’art. 183 c.p.c. – nella formulazione applicabile ratione temporis al caso di specie – mentre la semplice contestazione delle tesi difensive o della domanda riconvenzionale svolta da Unipolsai non era soggetta ad alcun termine decadenziale. Pertanto, la contestazione contenuta nella memoria ex art. 184 c.p.c. e nella comparsa conclusionale depositate in prime cure dall’attore (cui fa espressamente riferimento la sentenza oggi impugnata alle pagg. 7 e 8) avrebbe dovuto essere ritenuta sufficiente.

Con riferimento invece al secondo aspetto – concernente il principio di non contestazione – va osservato che il giudizio è stato introdotto prima dell’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, onde ad esso doveva essere applicato il testo dell’art. 115 c.p.c. anteriore a detta novella. Di conseguenza, la Corte fiorentina avrebbe dovuto ritenere idonea e sufficiente la semplice contestazione della domanda riconvenzionale, ancorchè generica, posto che nella vigenza del testo dell’art. 115 c.p.c., anteriore alla citata novella del 2009 valeva il principio secondo cui “I fatti addotti da una parte possono considerarsi pacifici, rimanendo così essa esonerata dalla relativa prova, soltanto quando siano stati esplicitamente ammessi dall’altra parte, ovvero questa, pur senza contestarli, abbia impostato la propria difesa su elementi e argomenti incompatibili con il loro disconoscimento” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 10864 del 07/05/2018, Rv. 648031).

Peraltro va osservato che, anche nel nuovo sistema processuale, conseguente all’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, l’obbligo di specifica contestazione concerne soltanto i fatti, e non anche i documenti prodotti dalla parte (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12748 del 21/06/2016, Rv. 640254; cfr. anche Cass. Sez. 6-L, Ordinanza n. 6606 del 06/04/2016, Rv. 639300; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 3022 del 08/02/2018, Rv. 647939). Va in proposito ribadito che “Il principio di non contestazione non opera in difetto di specifica allegazione dei fatti che dovrebbero essere contestati, nè tale specificità può essere desunta dall’esame dei documenti prodotti dalla parte, atteso che l’onere di contestazione deve essere correlato alle affermazioni presenti negli atti destinati a contenere le allegazioni delle parti, onde consentire alle stesse e al giudice di verificare immediatamente, sulla base delle contrapposte allegazioni e deduzioni, quali siano i fatti non contestati e quelli ancora controversi” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22055 del 22/09/2017, Rv. 646016; cfr. anche Cass. Sez. 6-L, Ordinanza n. 3126 del 01/02/2019, Rv. 652900, che ha escluso che l’onere di non contestazione si estenda anche alle prove acquisite agli atti del giudizio di merito).

Nel caso di specie Unipolsai aveva formulato la propria domanda riconvenzionale in termini generici, rinviando ai documenti allegati agli atti del fascicolo di merito. Se ne deduce che tanto in base alla norma processuale anteriore alla novella del 2009 che nel sistema successivo il C. non era vincolato a formulare una specifica contestazione della domanda stessa. Anche sotto questo profilo, pertanto, la Corte di Appello avrebbe dovuto ritenere sufficiente la contestazione contenuta nella memoria ex art. 184 c.p.c. e nella comparsa conclusionale depositate dal C. in prime cure (cfr. ancora pagg. 7 e 8 della sentenza impugnata).

Con il terzo motivo, che per ragioni logiche va esaminato prima del secondo, l’agente lamenta la violazione dell’art. 1746 c.c., perchè la Corte fiorentina avrebbe erroneamente ritenuto non applicabile al caso di specie il comma 3, della predetta disposizione, che vieta il patto finalizzato a porre a carico dell’agente la responsabilità, anche parziale, per l’inadempimento del terzo.

Anche questa censura è fondata, posto che l’art. 1746 c.c., comma 3 (inserito dalla Legge 21 dicembre 1999, n. 526) vieta, in termini generali, “il patto che ponga a carico dell’agente una responsabilità, anche solo parziale, per l’inadempimento del terzo”, ammettendo soltanto in via eccezionale il diritto delle parti “… di concordare di volta in volta la concessione di una apposita garanzia da parte dell’agente, purchè ciò avvenga con riferimento a singoli affari, di particolare natura e importo individualmente determinati, l’obbligo di garanzia assunto dall’agente non sia di ammontare più elevato della provvigione che per quell’affare l’agente medesimo avrebbe diritto a percepire, sia previsto per l’agente un apposito corrispettivo”.

Tale clausola normativa si applica, in assenza di una norma transitoria che ne preveda la retroattività, ai i patti stipulati successivamente alla sua entrata in vigore ed alle obbligazioni nate successivamente a tale data (cfr. Cass. Sez. L, Sentenza n. 7644 del 16/05/2012, Rv.622421). Poichè nel caso di specie il rapporto tra compagnia assicurativa ed agente si è interrotto per il recesso della prima in data 20.6.2001, la Corte fiorentina avrebbe dovuto verificare se i premi che, secondo la prospettazione di Unipolsai, non sarebbero stati riscossi dal C. con conseguente danno per la compagnia, si riferissero ad annualità anteriori all’entrata in vigore della novella del 1999 o meno. Solo nel primo caso, infatti, dell’art. 1746 c.c., comma 3, avrebbe potuto essere ritenuto inapplicabile.

Ne consegue l’erroneità dell’affermazione contenuta a pag.9 della sentenza della Corte territoriale, secondo cui la norma di cui all’art. 1746 c.c., comma 3, non sarebbe comunque applicabile al caso specifico.

In proposito, il giudice del rinvio dovrà procedere al riesame della fattispecie, considerando da un lato – ai fini dell’applicabilità o meno della norma di cui anzidetto – il solo elemento temporale relativo al sorgere dell’obbligazione, e tenendo conto, dall’altro lato, che nel sistema attualmente vigente, caratterizzato dalla compresenza di norme di legge e di clausole convenzionali a contenuto generale fissate dalla contrattazione collettiva di categoria, merita di essere ribadito il principio per cui “Nel contratto di agenzia, il patto dello star del credere in misura eccedente il massimo previsto dal contratto collettivo tempo per tempo vigente è legittimo, quale espressione dell’autonomia negoziale delle parti ex art. 1322 c.c., ove assunto in modo spontaneo e autonomo dall’agente, in vista della stipulazione di un contratto con un cliente reputato non solvibile dal preponente, che si è determinato alla conclusione per la sola garanzia così prestata, senza imposizione di un vincolo coercitivo che interferisca o alteri l’equilibrio sinallagmatico delle prestazioni tipiche del rapporto” (Cass. Sez. L, Sentenza n. 21994 del 31/10/2016, Rv. 641518).

Da quanto precede deriva l’accoglimento anche del terzo motivo del ricorso incidentale.

Il secondo motivo, con il quale il ricorrente incidentale lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., perchè la Corte territoriale lo avrebbe erroneamente ritenuto negligente in assenza della relativa prova, basandosi esclusivamente sull’argomento della mancata contestazione specifica della domanda riconvenzionale di risarcimento del danno proposta da Unipolsai, è invece da ritenere assorbito per effetto dell’accoglimento della prima e della terza censura.

In conclusione, vanno accolti il primo e il secondo motivo del ricorso principale, con assorbimento del terzo, nonchè il primo ed il terzo motivo del ricorso incidentale, con assorbimento del secondo.

La sentenza impugnata va di conseguenza cassata in relazione alle censure accolte e la causa va rinviata, anche per le spese del presente grado di legittimità, alla Corte di Appello di Firenze in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso principale, dichiarando assorbito il terzo.

Accoglie altresì il primo e il terzo motivo del ricorso incidentale, dichiarando assorbito il secondo.

Cassa la decisione impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Firenze in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 18 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2019

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