Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27362 del 24/10/2019

Cassazione civile sez. II, 24/10/2019, (ud. 18/06/2019, dep. 24/10/2019), n.27362

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28503/2015 proposto da:

R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, C.SO TRIESTE n.

109, presso lo studio dell’avvocato DONATO MONDELLI, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati SANDRA ANTIC e,

NICOLA CERA;

– ricorrente –

contro

TIDIERRE DI B.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1164/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 07/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/06/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato DONATO MONDELLO per parte ricorrente, che ha

concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 23.7.2004 M.P. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 1824/2004, emesso dal Tribunale di Verona in favore di B.S. per l’importo di Euro 7.506,40 a titolo di corrispettivo per la realizzazione degli impianti idrico-sanitario e di riscaldamento relativi ad un immobile sito in (OMISSIS) di proprietà dell’opponente. Nella narrativa dell’atto di citazione l’opponente deduceva l’esistenza di vizi, il mancato completamento delle opere e la loro esecuzione con ritardo rispetto ai tempi previsti, ed invocava quindi la revoca del decreto opposto, l’accertamento che nulla era dovuto all’appaltatore e la condanna di quest’ultimo al risarcimento del danno, quantificato in Euro 11.370,00.

Si costituiva l’opposto resistendo alla domanda e deducendo che le opere eseguite in difformità dal preventivo iniziale erano state approvate dalla committente; che non era mai stato pattuito un termine di esecuzione dei lavori; che il ritardo era stato causato dalla sospensione degli stessi, dovuta alla disorganizzazione del cantiere, da attribuire alla Direzione Lavori e non ad esso opposto.

Con sentenza n. 61/2009 il Tribunale respingeva l’opposizione (recte, la accoglieva in parte), condannando l’opponente al pagamento della somma di Euro 7.231,40, di poco inferiore a quella in origine indicata nel decreto opposto.

Interponeva appello R.A., erede dell’opponente, e si costituiva in seconde cure B.S. resistendo al gravame.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 1164/2015, la Corte di Appello di Venezia rigettava l’impugnazione ritenendo che fosse stato dimostrato l’intervenuto accordo tra le parti sull’esecuzione delle opere indicate nel preventivo azionato dal B. in sede monitoria; che le opere indicate da detto documento fossero state eseguite; che l’istruttoria avesse escluso l’esistenza di un accordo per la realizzazione di opere ulteriori; che il ritardo nell’esecuzione delle opere fosse addebitabile alla disorganizzazione del cantiere nel quale l’appaltatore aveva operato; che l’istruttoria avesse confermato che la sospensione dei lavori da parte dell’appaltatore era stata condonata ed accettata dalla committente; che, infine, l’esistenza di vizi dell’opera fosse stata eccepita dalla committente solo tardivamente.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione R.A. affidandosi a sei motivi.

L’intimato non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in combinato-disposto con gli artt. 1655. 1657,1662,1665 e 1667 c.c., perchè la Corte di Appello avrebbe dovuto considerare che l’onere della prova circa il contenuto del contratto di appalto e le prestazioni che ne costituivano oggetto avrebbe dovuto essere fornita dall’appaltatore, attore in senso sostanziale, e non invece dal committente. La Corte di merito avrebbe quindi errato nell’affermare che il committente non aveva dimostrato l’esatto contenuto dell’incarico conferito all’appaltatore, operando una illegittima inversione dell’onere della prova.

La censura è infondata.

Risulta infatti dalla sentenza impugnata, sostanzialmente confermativa degli argomenti già sviluppati dal giudice di prime cure, che “Il Tribunale ha ritenuto che il B. abbia eseguito le prestazioni descritte in preventivo perchè non contestata dalla committenza e comprovate dalle prove orali esperite, mentre ha escluso che fossero state convenute altre prestazioni in aggiunta al preventivo così come non ha ravvisato l’inadempimento da ritardo causa mancata previsione del termine o la tardività dei vizi” (cfr. pag. 17). Dal passaggio appena richiamato si ricava che l’esecuzione delle opere di cui al preventivo è stata ritenuta comprovata sia dalla mancata contestazione del committente, sia all’esito della prova orale: tale duplice argomentazione non è scalfita dalla doglianza in esame e dimostra che, contrariamente a quanto sostenuto dall’odierno ricorrente, la Corte di merito non ha operato alcuna inversione dell’onere della prova, ritenendo piuttosto, sulla base dell’istruttoria orale esperita in prime cure e dell’atteggiamento processuale del committente – il quale non aveva contestato l’esecuzione delle opere di cui al preventivo -, da una parte dimostrata l’esecuzione delle opere oggetto del preventivo predetto, e dall’altra parte non provata l’esistenza di un accordo per l’esecuzione di opere ulteriori.

Trattasi di motivazione attinente al merito della controversia ed alla valutazione delle risultanze dell’istruttoria esperita in corso di causa, che – in sè stessa – non può essere oggetto di revisione in questa sede (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dei criteri normativi di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362-1366 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte di Appello non avrebbe correttamente interpretato i documenti contrattuali dimessi in atti del giudizio di merito.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta l’omessa pronuncia e la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, perchè la Corte territoriale non avrebbe rilevato che le opere oggetto dell’appalto non erano mai state collaudate nè accettate formalmente dal committente. Ad avviso del ricorrente, in mancanza di accettazione o collaudo delle opere l’appaltatore non avrebbe diritto ad alcun corrispettivo.

Con il quarto motivo il ricorrente lamenta l’omessa pronuncia e la nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, in combinato disposto con l’art. 132 c.p.c., perchè la Corte lagunare non avrebbe esaminato i motivi di appello proposti dal R. in seconde cure, ma si sarebbe limitata ad una conferma delle statuizioni del Tribunale.

Con il quinto motivo il ricorrente lamenta l’omessa pronuncia, la nullità della sentenza e la violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, in quanto la Corte veneziana avrebbe respinto le istanze istruttorie dell’odierno ricorrente senza fornire alcuna motivazione al riguardo. In tal modo sarebbe stato precluso al ricorrente il diritto di dimostrare la fondatezza della propria tesi difensiva.

Infine, con il sesto motivo il R. lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, perchè la Corte di Appello non avrebbe tenuto conto del fatto che l’appaltatore aveva abbandonato il cantiere e che alcuni pagamenti erano stati eseguiti dal committente in favore di un certo C., altro idraulico che avrebbe ultimato le opere non completate dal B..

Tutte le predette censure, che in ragione della loro connessione meritano ad un esame congiunto, sono inammissibili.

Esse infatti si risolvono nella richiesta di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, da ritenere estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

Inoltre, va ribadito il principio secondo cui “L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330).

In aggiunta, va rilevata la genericità del secondo motivo di ricorso, che non precisa quale, tra i diversi criteri previsti dalla legge in materia di ermeneutica contrattuale, sarebbe stato in concreto violato dalla Corte lagunare nel caso di specie.

Stesso dicasi per il quinto motivo, relativo alla mancata ammissione delle istanze istruttorie, che pure difetta di specificità posto che il ricorrente non riporta quali sarebbero dette istanze nè allega alcun elemento idoneo a dimostrarne la rilevanza ai fini del decidere, cosicchè la censura si risolve in una doglianza del tutto generica.

Ed infine, il sesto motivo non sì confronta con il fatto che la decisione impugnata affronta espressamente la questione dell’abbandono del cantiere da parte dell’appaltatore, ritenendo che la “… sospensione dei lavori nell’aprile 2003 non solo è stata giustificata dal B. a causa della mancata corresponsione di un acconto… ma venne condonata dalla committenza come si evince dalla lunga narrativa dell’appello” (cfr. pag. 19) ed affermando che “… la committenza iniziò a lamentare pretesi ritardi solo dopo la lettera 8 luglio 2003 di Tidierre ed oltretutto avanzando doglianze generiche”e che “In particolare con la citata missiva B. rimarcava: sempre con riferimento alla data odierna (08/07/2003) volevo far presente la mia impossibilità nel proseguire gli impianti presso il Vostro cantiere, vista la completa assenza dell’impresa appaltatrice in loco”. Se ne ricava che la Corte di Appello, al contrario di quanto lamentato dal ricorrente, ha espressamente esaminato la sospensione dei lavori e l’abbandono del cantiere da parte del B., ritenendoli legittimi alla luce delle concorrenti motivazioni di cui anzidette (mancato pagamento di un acconto da parte del committente; accettazione da parte di quest’ultimo; impossibilità di operare per assenza dell’appaltatore). Nessun profilo di omesso esame si può, di conseguenza, in concreto configurare.

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti per l’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.500 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 18 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA