Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27361 del 29/12/2016


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Cassazione civile, sez. II, 29/12/2016, (ud. 13/10/2016, dep.29/12/2016),  n. 27361

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22407-2012 proposto da:

ARIOSTEA SPA, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO

FELICE, 89, presso lo studio dell’avvocato TIZIANO MARIANI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIANPIERO SAMORI’;

– ricorrente –

contro

C.C., C.T., ITALCERAMICHE DI C.T.

& C SAS IN LIQUIDAZIONE, CA.LU., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA G. FERRARI 235, presso lo studio

dell’avvocato MASSIMO FILIPPO MARZI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MARCELLO SACERDOTI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 941/2011 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 16/08/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/10/2016 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito l’Avvocato BRASCA Leonardo con delega depositata in udienza

dell’Avvocato SAMORI’ Gianpiero, difensore della ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato MARZI Massimo Filippo, difensore dei resistenti che

ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Italceramiche di C.T. e c. sas già snc citava davanti al Tribunale di Reggio Emilia Ceramica Ariostea Monocottura spa chiedendo la condanna al pagamento di Lire 231.137.014 a titolo di provvigioni, indennità di mancato preavviso e di clientela e rimborso spese lamentando di aver stipulato un contratto di agenzia nel 1979, rapporto protrattosi fino al 31.12.1993, unilateralmente risolto senza preavviso dalla convenuta.

Quest’ultima eccepiva la giusta causa imputabile all’agente e riconvenzionalmente chiedeva il risarcimento dei danni in conseguenza dell’attività concorrenziale svolta da C.C., figlio di T., tale da determinare l’interruzione del rapporto.

Il tribunale con sentenza non definitiva dichiarava il recesso posto in essere dalla Ariostea senza giusta causa e rimetteva in istruttoria per l’ulteriore corso.

Appellava la Ariostea spa, si costituivano C.T. in proprio e quale socio accomandatario di Italceramiche sas e liquidatore e C.C. in proprio chiedendo il rigetto dell’appello ed il riconoscimento delle somme dovute.

La Corte di appello di Bologna, con sentenza 16.8.2011, rigettava l’appello statuendo che il recesso per giusta causa può essere identificato nell’inadempimento colpevole e di non scarsa importanza dell’agente tale da ledere in misura considerevole i diritti del preponente e non consentire la prosecuzione del rapporto. Tutte le trasformazioni e vicende sociali erano state portate a conoscenza di Ariostea e non era previsto un obbligo di esclusiva.

Ricorre Ariostea spa con quattro motivi, resistono con controricorso i C. e Ca.Lu. ex socia accomandataria della Italceramiche, che hanno anche presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo si deduce violazione degli artt. 1375, 1750, 1751 e 2119 c.c. per essere stati esclusi i presupposti del recesso.

Col secondo motivo si lamentano violazione degli artt. 1743 e 1746 c.c. ed intrinseca contraddittorietà della motivazione.

Col terzo motivo si lamenta omessa pronunzia e violazione del diritto alla prova.

Col quarto motivo si denunziano violazione del principio del ne bis in idem e degli artt. 91 c.p.c. e ss perchè la Corte di appello ha ricondannato anche alle spese di primo grado già oggetto di previsione nella sentenza definitiva.

Le censure non meritano accoglimento.

La Corte di appello ha statuito che il recesso per giusta causa può essere identificato nell’inadempimento colpevole e di non scarsa importanza dell’agente tale da ledere in misura considerevole i diritti del preponente e non consentire la prosecuzione del rapporto.

Tutte le trasformazioni e vicende sociali erano state portate va conoscenza di Ariostea e non era previsto un obbligo di esclusiva.

L’opera dell’interprete, mirando a determinare una realtà storica ed obiettiva, qual è la volontà delle parti espressa nel contratto, è tipico accertamento in fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei canoni legali d’ermeneutica contrattuale posti dagli artt. 1362 c.c. e ss., oltre che per vizi di motivazione nell’applicazione di essi; pertanto, onde far valere una violazione sotto entrambi i due cennati profili, il ricorrente per cassazione deve, non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito siasi discostato dai canoni legali assuntivamente violati o questi abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti.

Di conseguenza, ai fini dell’ammissibilità del motivo di ricorso sotto tale profilo prospettato, non può essere considerata idonea – anche ammesso ma non concesso lo si possa fare implicitamente – la mera critica del convincimento, cui quel giudice sia pervenuto, operata, come nella specie, mediante la mera ed apodittica contrapposizione d’una difforme interpretazione a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata, trattandosi d’argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia, il cui riesame non è consentito in sede di legittimità (e pluribus, Cass. 9.8.04 n. 15381, 23.7.04 n. 13839, 21.7.04 n. 13579, 16.3.04 n. 5359, 19.1.04 n. 753).

Sui primi due motivi è sufficiente osservare che spetta al Giudice di merito rilevare l’esistenza dei presupposti del recesso e l’importanza dei motivi addotti.

Sul terzo motivo va rilevata la genericità della doglianza nel riferimento alla omessa pronunzia che imponeva di riportare le domande svolte ed alla negazione del diritto alla prova, posto che si fa riferimento ad una prova orale espletata e non riportata.

Le spese seguono la soccombenza e generico è il riferimento al ne bis in idem posto che, eventualmente, nell’altro giudizio, si potrà dedurre l’avvenuta condanna alle spese della prima fase del giudizio di primo grado.

In definitiva il ricorso va rigettato, con la conseguente condanna alle spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese liquidate in Euro 4200 di cui 200 per spese vive, oltre accessori.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2016

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