Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27356 del 06/12/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 27356 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: PERRINO ANGELINA MARIA

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 8110 del ruolo generale
dell’anno 2007, proposto
da
Ministero dell’economia e delle finanze, in persona

del ministro pro tempore, ed Agenzia delle entrate, in
persona del direttore pro tempore, rappresentati e
difesi ope legis dall’avvocatura dello Stato, presso gli
uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n.
12, domiciliano;
ricorrentecontro
Teorema s.r.1., in persona del legale rappresentante

pro tempore
-intimata

RG n. 8110/2007

Angelìna-

Data pubblicazione: 06/12/2013

Pagina 2 (1

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia, sede di Brescia, sezione 65°, depositata in data 26 gennaio 2006, n.
257/65/05;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 22 ottobre
2013 dal consigliere Angelina-Maria Perrino;

Tommaso Basile, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
Fatto
La società contribuente ricevette notifica di un avviso di rettifica
dell’imposta sul valore aggiunto per l’anno 1994, che impugnò, sostenendo che
l’ufficio non aveva subito alcun danno.
La Commissione tributaria provinciale accolse il ricorso, con sentenza che la
Commissione tributaria regionale ha confermato, reputando che non vi sia stata
«sottrazione di materia imponibile».
Ricorrono il Ministero e l’Agenzia delle entrate per ottenere la cassazione
della sentenza, affidando il ricorso a cinque motivi.
La società non spiega difese.
Diritto
/.- Va preliminarmente affermata l’inammissibilità del ricorso, là dove e
proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze, peraltro estraneo alle
precedenti fasi del giudizio.

Giova rimarcare al riguardo che, in tema di contenzioso tributario, a seguito
del trasferimento alle agenzie fiscali, da parte dell’articolo 57, 10 comrna, del
decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, di tutti i “rapporti giuridici”, i
“poteri”, e le “competenze” facenti capo al Ministero dell’economia e delle
finanze, a partire dal primo gennaio 2001 (giorno d’inizio di operatività del le
Agenzie fiscali in forza dell’articolo 1 del decreto ministeriale 28 dicembre
2000), unico soggetto attivamente e passivamente legittimato è l’Agenzia delle
entrate e la controversia non può essere instaurata dal Ministero (in termini,
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Angelina-Mai a P

o estensore

udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale

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Cass. 11 aprile 2011, n. 8177; Cass. 29 dicembre 2010, n. 26321; 12 novembre
2010, n. 22992; Cass. 19 gennaio 2009, n. 1123; Cass. 15 gennaio 2009, n. 874;
Cass. 22 maggio 2008, n. 13149).
2.- Col primo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360, 1° comma,
numero 4, c.p.c., l’ufficio denuncia la nullità della sentenza per violazione
dell’articolo 36 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, numero 546,

dell’articolo 132 del codice di procedura civile e dell’articolo 118 delle
disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, esponendo che la
sentenza ha del tutto taciuto l’oggetto del contendere e le questioni di fatto e di
diritto controverse.
2. /.-La complessiva censura è infondata.
La Corte ha rilevato che, nel processo tributario, la mancata esposizione
nella sentenza dello svolgimento del processo, dei fatti rilevanti della causa e
l’estrema concisione della motivazione in diritto determinano la nullità della
sentenza allorquando rendano impossibile l’individuazione del

thema

decidendum e delle ragioni che stanno a fondamento del dispositivo (Cass. 3
ottobre 2008, n. 24610). In particolare, si è precisato, la sola carente esposizione,
in apposita parte separata dalle altre, dello svolgimento del processo, non vale ad
integrare un motivo di nullità della sentenza, purché dal contesto di questa sia
dato desumere con sufficiente chiarezza le vicende processuali e in particolare le
domande svolte nel processo, le sottese difese e le ragioni delle conseguenti
decisioni adottate sulle stesse (Cass. 23 gennaio 2004, n. 1170).

2.2.-Nel nostro caso, la sentenza, sia pure in maniera assai stringata, ha dato
conto delle ragioni della decisione, sostenendo che non vi sia stato danno
all’erario in ragione dell’avvenuto versamento dell’imposta sul valore aggiunto
della quale si discute.
3.- Col terzo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360, 1° comma, n. 3,
c.p.c., logicamente prodromico rispetto al secondo, l’Agenzia lamenta la
violazione dell’articolo 2 del decreto legislativo 546/92, dolendosi della
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Angelina-

ria

i

stensore

3

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statuizione della sentenza impugnata secondo cui il giudice tributario non ha il
potere di accertare la nullità del contratto, anche a norma dell’art. 1417 del
codice civile.
3.1.-I1 motivo è fondato e va in conseguenza accolto.
In virtù dell’art. 2, 3 0 comma del decreto legislativo n. 546 del 1992, di ratti,
trova applicazione anche alla giurisdizione delle commissioni tributarie il

principio secondo cui il giudice munito della giurisdizione sulla domanda ha il
potere-dovere di definire le questioni che integrino antecedente logico della
decisione a lui richiesta, quando tali questioni debbano essere decise in via
incidentale (Cass. sez.un., 29 aprile 2003, n. 6631); principio che, del resto, ha
natura meramente esplicativa di regole generali già esistenti nell’ordinamento,
tra le quali v’è anche il divieto di sospensione del giudizio tributario in attesa
della risoluzione delle questioni stesse che sono normalmente devolute alla
cognizione di altri giudici (Cass. 29 febbraio 2008, n. 5476; Cass. 21 ottobre
2005, n. 20938).
Al giudice tributario va senz’altro riconosciuto il potere di accertare in via
incidentale la nullità del contratto, necessaria alla soluzione della questione
devoluta al suo esame.
3.2. -Giova precisare, tuttavia, che, nell’ipotesi delle fatturazioni
soggettivamente inesistenti, la quale emerge dalla narrativa della

sentenza

impugnata, non ricorre lo schema della simulazione.

E ciò in quanto il meccanismo simulatorio è del tutto estraneo al
dell’elusione fiscale, basata non già sulla simulazione, bensì

C0112,CW10

sull’abuso di

strumenti giuridici formali e cioè sul ricorso ad essi in assenza della concreta
sostanza economica ad essi corrispondente, al fine di utilizzarne gli effetti per
eludere l’imposizione. Nel caso della frode carosello, in via d’esempio, il
passaggio intermedio non corrisponde ad una effettiva intermediazione
commerciale, ma alla finalità di far apparire acquirente e quindi

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cessionario

An g elina- aria P rrestensore

un

4

5 di

evasore per potersi successivamente avvantaggiare del non

7

pagamento

(espressamente in termini, da ultimo, Cass. 15 maggio 2013, n. 16668).
4. Col secondo e col quinto motivo di ricorso, assorbenti rispetto al quarto.

da esaminare congiuntamente, perché logicamente avvinti, l’Agenzia lamenta:
-ex articolo 360, 1° comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione

si ponga in contrasto col divieto di ammissione della prova testimoniale da tale
norma stabilito l’utilizzabilità delle dichiarazioni

che di organi

dell’amministrazione finanziaria sono autorizzati a richiedere anche ai privati
sul conto di un determinato contribuente nella fase

amministrativa di

accertamento —secondo motivo;
-ex articolo 360, 1° comma, numero 5, c.p.c.,

l’insufficienza della

motivazione circa un punto decisivo della controversia, lamentando il fatto che
la sentenza si sia limitata ad affermare che le fatture in questione non hanno
sottratto materia imponibile —quinto motivo.
4.1.-L’ufficio al riguarda richiama gli elementi di fatto già dedotti in primo
grado e riproposti in appello concernenti l’inesistenza delle attività proclutti \ e
svolte dalle aziende stipulanti i contratti di soccida, la falsità delle fatture emesse
dai soccidanti, i quali hanno dichiarato di aver cessato ogni produzione,
l’inesistenza del contratto di soccida stipulato dalla contribuente e la mancata
fatturazione degli acquisiti da parte dei reali produttori e fornitori.
4.2.-La ricostruzione in fatto è essenziale, giustappunto al fine di \ eri ficare
se sia stata, o no, “sottratta materia imponibile” ed è stata del tutto pretermessa

dalla sentenza impugnata.
4.3.-Né l’articolo 7 del decreto legislativo 546/92 è di

ostacolo

all’utilizzabilità delle dichiarazioni rese da terzi ai verificatori nel

corso

dell’attività amministrativa —nella specie, i soccidanti.
La Corte ha al riguardo già stabilito che, in tema di contenzioso tributario, le
dichiarazioni di terzi raccolte dalla polizia tributaria ed inserite nel processo
RG n. 81 10/2007

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dell’articolo 7 del decreto legislativo numero 546 del 1992, sostenendo che non

Pd,Liiid

6

verbale di constatazione non hanno natura di testimonianza, bensì di mere
informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative, le quali, benché
sfornite, ex se, di dirimente efficacia probatoria, comunque non si pongono in
contrasto con il citato 4° comma dell’articolo 7 (Cass. 1 l marzo 2002, n. 3526).

4.4.- In particolare, si è precisato, la disposizione in questione, in quanto

organi amministrativi di verifica, disciplinati da altre disposizioni, vale soltanto
per la diretta assunzione, da parte del giudice tributario, nel contraddittorio delle
parti, della narrazione dei fatti della controversia compiuta da un terzo,
ovverosia della narrazione che, in quanto richiedente la formulazione di specifici
capitoli e la prestazione di un giuramento da parte del terzo assunto quale teste,
acquista un particolare valore probatorio; le dichiarazioni dei terzi raccolte dai
verificatori, invece, quand’anche nell’ambito di un procedimento penale,

e

inserite nel processo verbale di constatazione, hanno natura di mere
informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative e sono, pertanto,
pienamente utilizzabili quali elementi di prova (Cass. 7 febbraio 2013, n. 2916;
5 dicembre 2012, n. 21812; Cass. 30 settembre 2011, n. 20032; Cass. 20 aprile
2007, n. 9402; Cass. 29 luglio 2005, n. 16032; secondo Cass. 5 maggio 2011, n.
9876, in taluni casi le dichiarazioni possono assurgere al rango di presunzioni),

anche a favore del contribuente (Cass. 14 maggio 2010, n. 11785).
5.41 ricorso va in conseguenza accolto e la sentenza impugnata va cassata,
con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa
composizione per nuovo esame.
per questi motivi
La Corte:

-dichiara inammissibile il ricorso, là dove è proposto dal

Ministero

dell’economia e delle finanze;
-respinge il primo motivo di ricorso;
-accoglie il secondo, il terzo ed il quinto motivo di ricorso, assorbito il quarto;
RG n. 8110/2007

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limitativa dei poteri delle commissioni tributarie e non pure dei poteri degli

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MATERIA TRIBUTARIA

-cassa la sentenza impugnata;
-rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale dcilì
Lombardia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2013.

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