Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27354 del 06/12/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 27354 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: PERRINO ANGELINA MARIA

SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 2038 del ruolo generale
dell’anno 2007, proposto

da
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro
tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’avvocatura
dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via
dei Portoghesi, n. 12, domicilia;
– ricorrente-

contro
Torrisi Francesco
-intimato—

per la cassazione della sentenza della Commissione
tributaria regionale della Sicilia, sede di Catania, sezione
18°, depositata in data 15 novembre 2005, n. 240/18/05;

RG n. 2038/2007
Angelina-

estensore

Data pubblicazione: 06/12/2013

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udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 22
ottobre 2013 dal consigliere Angelina-Maria Perrino;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore
generale Tommaso Basile, che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso

Fatto

destinatario di un avviso di accertamento concernente l’iva
afferente all’anno d’imposta 1993, fondato sulla presunzione che il
contribuente, che aveva proceduto a più acquisti di oro usato presso
istituti bancari ricavandone guadagni dopo averlo rivenduto, aveva
svolto tale attività in chiave imprenditoriale, risultando in
conseguenza soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto.
L’impugnazione proposta da Torrisi è stata accolta dalla
Commissione tributaria provinciale, con sentenza che la
Commissione tributaria regionale ha confermato nel merito,
affermando la mancanza di prova alcuna in ordine alla natura
imprenditoriale dell’attività svolta; la sentenza ha aggiunto che
l’amministrazione era decaduta dal potere di accertamento per
l’inosservanza del termine quinquennale stabilito dall’articolo 57
del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972 e
comunque ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello perché
calibrato su motivi nuovi ed in ogni caso non specifici.
Ricorre l’Agenzia delle entrate per ottenere la cassazione della
sentenza, affidando il ricorso a quattro motivi.
Il contribuente non spiega difese.
Diritto
/.- Col primo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360, 1°
comma, numero 4, c.p.c., l’Agenzia delle entrate lamenta la
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o te ore

In esito ad un accertamento induttivo, Francesco Torrisi fu

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violazione dell’articolo 57 del decreto del Presidente della
Repubblica numero 633 del 1972, deducendo che l’eccezione di
decadenza dell’ufficio dal potere di accertamento è stata
tardivamente, e quindi inammissibilmente, proposta ed è anche
infondata nel merito, riferendosi all’anno d’imposta 1993.

Quanto al primo, la narrativa della sentenza dà conto del fatto
che —soltanto- con le controdeduzioni all’appello dell’ufficio
<<...si eccepisce...la nullità dell'avviso di accertamento per intervenuta decadenza della notifica non eflèttuata entro il termine quinquennale di cui all'art. 57 del DPR 633/72...>>.
Va quindi ribadito che il termine di decadenza stabilito, a
carico dell’ufficio tributario ed in favore del contribuente, per
l’esercizio del potere impositivo, ha natura sostanziale e non
appartiene a materia sottratta alla disponibilità delle parti, in quanto
tale decadenza non concerne diritti indisponibili dello Stato alla
percezione di tributi, ma incide unicamente sul diritto del
contribuente di non vedere esposto il proprio patrimonio, oltre un
certo limite di tempo, alle pretese del fisco, sicché è riservata alla
valutazione del contribuente stesso la scelta di avvalersi o meno
della relativa eccezione, da ritenersi, pertanto, eccezione in senso
proprio, non rilevabile d’ufficio né proponibile per la prima volta in
grado d’appello (Cass. 27 giugno 2011, n. 14028; risponde ad
analogo principio Cass., ord. 27 gennaio 2012, n. 1154).
1.2.- Quanto al secondo, giova rimarcare che il giudizio è
calibrato sulla sussistenza, che l’Agenzia delle entrate afferma e il
contribuente nelle fasi di merito ha negato, della soggettività
passiva di Torrisi ai fini iva. Di qui lo svolgimento
dell’accertamento induttivo, che fa leva su tale soggettività e che
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1.1.-11 motivo è fondato in entrambi i suoi profili.

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con ogni evidenza è stato svolto, come prevede il 1° comma
dell’articolo 55 del decreto del Presidente della Repubblica numero
633/72, al cospetto della mancanza della dichiarazione annuale, la
presentazione della quale implica, appunto, la soggettività passiva
ai fini iva.

2° comma dell’articolo 57 del decreto del Presidente della
Repubblica numero 633 del 1972, il quale in tal caso stabilisce che
l’avviso di accertamento possa essere notificato «…fino al 31
dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la
dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata»: dunque, la
notifica dell’avviso, che pacificamente è avvenuta in data 29 giugno
1999, è pienamente tempestiva, essendo intervenuta entro il
quinquennio dall’anno in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere
presentata, ossia, dall’anno 1994, in cui avrebbe dovuto essere
presentata la dichiarazione concernente l’anno d’imposta 1993.

2.-Col secondo e col terzo motivo di ricorso, da esaminare
congiuntamente, perché logicamente avvinti, l’Agenzia delle entrate
si duole:
-ex articolo 360, 1° comma, numero 5, c.p.c., dell’omessa o
comunque insufficiente e contraddittoria motivazione, là dove
manca qualsivoglia motivazione in ordine alla sussistenza dei
requisiti della novità dei motivi di appello —secondo motivo;
-ex articolo 360, 1° comma, numeri 4 e 5, c.p.c., la violazione
e falsa applicazione degli articoli 53 e 57 del decreto legislativo
numero 546 del 1992 e l’omessa o comunque insufficiente
motivazione relativa, lamentando anzitutto la carenza di ogni
specificazione in ordine alla pretesa novità ed escludendo
comunque che tale novità ci fosse —terzo motivo.
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La mancanza della dichiarazione comporta l’applicabilità del

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2. /.-La complessiva censura formulata è fondata e va in
conseguenza accolta.
La narrativa della sentenza dà conto del contenuto
dell’appello dell’ufficio, riferendo che esso, nell’insistere per la
conferma dell’avviso di accertamento, faceva leva su elementi che

svolgimento di attività abituale non saltuaria da parte del
contribuente e suffragati dalla confessione spontanea resa in sede di
verifica.

2.2.-Non emerge, dunque, dalla stessa ricostruzione della
sentenza, alcun elemento di novità capace d’immutare le ragioni
dedotte a fondamento dell’avviso; elementi che, giova sottolineare,
non sono specificati o comunque dedotti in motivazione.

2.3.- A tanto va aggiunto, sul piano processuale, che, per
consolidato orientamento della Corte, nel processo tributario, ove
l’amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in
appello le stesse ragioni e argomentazioni poste a sostegno della
legittimità del proprio operato, come già dedotto in primo grado, in
quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità
dell’avviso di accertamento annullato, è da ritenere assolto l’onere
d’impugnazione specifica previsto dall’art. 53 d.leg. 31 dicembre
1992 n. 546, secondo il quale il ricorso in appello deve contenere «i
motivi specifici dell’impugnazione», atteso il carattere devolutivo
pieno dell’appello, che è un mezzo di impugnazione non limitato al
controllo di vizi specifici della sentenza di primo grado, ma rivolto
ad ottenere il riesame della causa nel merito (vedi, fra varie, Cass.
29 febbraio 2012, n. 3064).
3.-Col quarto motivo di ricorso, proposto ex articolo 360, 10
comma, numeri 3 e 5 c.p.c., l’Agenzia lamenta la violazione
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ensore

comunque erano invocati a sostegno della prospettazione dello

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dell’articolo 55 del decreto del Presidente della Repubblica numero
633 del 1972 e degli articoli 2697, 2727 e 2730 del codice civile
nonché l’omessa o comunque insufficiente e contraddittoria
motivazione relativa, sostenendo che la sentenza ha del tutto
trascurato gli elementi indiziari dedotti a fondamento

3.1.-11 motivo è fondato e va in conseguenza accolto.
La Corte ha già avuto occasione di sottolineare che, in tema
di iva, l’accertamento in ordine alla riconducibilità della cessione di
un bene ad un’attività di commercio posta in essere nell’esercizio
abituale e professionale di un’impresa, valutato in relazione alle
concrete modalità ed al contenuto oggettivo e soggettivo dell’atto,
costituisce apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di
legittimità se congruamente motivato (Cass. 20 dicembre 2006, n.
27208); e ciò in quanto nell’ambito delle attività commerciali
rientrano solo quelle che siano svolte in forma di impresa e, quindi,
imprescindibilmente qualificate dai caratteri dell’abitualità
(ancorché non dell’esclusività) e della professionalità dell’esercizio,
di guisa che, ai fini considerati, si devono ritenere rilevanti solo le
cessioni di beni e le prestazioni di servizi compiute nell’esercizio di
attività commerciali continuative e stabili e non quelle che si
esauriscono in isolati atti di produzione o commercio (vedi,
specificamente, Cass. 3 ottobre 2007, n. 20716).

3.2.- Per un verso, difatti, è qualificabile come soggetto
passivo IVA pure la persona fisica che eserciti un’attività
economica, intesa come attività di produzione, di
commercializzazione o di prestazione di servizi (Corte giust. 13
giugno 2013, C-62/12, Galin Kostov, punti 27 e 31); per altro verso,
la nozione di attività economica, a norma del secondo paragrafo
RG n. 2038/2007
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isore

dell’accertamento induttivo.

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N. 131 TAL.,1tLL. .

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5

MATERIA’rRizuTARIA,

della sesta direttiva, comprende

<>(Corte
giust. 20 giugno 2013, C-219/12, Fuchs, punto 16).

3.3.-La sentenza impugnata ha riconosciuto che l’attività

quanto alle caratteristiche imprenditoriali del suo svolgimento, si è
limitata a far leva, al fine di escluderle, sulla qualità di pensionato
da lavoro dipendente rivestita da Torrisi, senza indagare le quantità
di oro acquistato, il numero delle compravendite e l’arco di tempo
nel corso del quale esse si sono susseguite; elementi, questi, su cui
l’Agenzia delle entrate ha fatto leva, valorizzando anche alcuni
passi delle dichiarazioni rese dal contribuente nel corso della
verifica, dell’esistenza delle quali ha dato conto la stessa narrativa
della sentenza.
4.-La sentenza impugnata va in conseguenza cassata, con
rinvio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale
della Sicilia in diversa composizione, che procederà agl i
accertamenti omessi.

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per questi motivi
La Corte:
-accoglie il ricorso;
-cassa la sentenza impugnata;
-rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale
della Sicilia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione quinta
civile, il 22 ottobre 2013.

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svolta dal contribuente si è risolta in compravendite lucrative, ma,

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