Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27352 del 30/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 30/11/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 30/11/2020), n.27352

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17029-2015 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO n.

96, presso lo studio dell’avvocato LETIZIA TILLI, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANTONIO ORONZO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati SERGIO

PREDEN, LIDIA CARCAVALLO, LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 181/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 26/02/2015 R.G.N. 1565/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/09/2020 dal Consigliere Dott. CALAFIORE DANIELA.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che:

La Corte di appello di l’Aquila, modificando la motivazione adottata dal primo giudice che aveva accertato la decadenza ai sensi del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, calcolando il relativo termine dalla data della domanda di accertamento rivolta all’INAIL, ha dichiarato comunque improponibile la domanda con la quale M.P. ha chiesto il riconoscimento del beneficio della rivalutazione contributiva ai sensi della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, per effetto del D.P.R. n. 639 del 1979, art. 47, posto che la domanda all’Inps era stata proposta il 31 marzo 2007 ed il ricorso giudiziale era stato depositato il 7 febbraio 2011;

per la cassazione della decisione propone ricorso M.P., affidato a due motivi;

l’INPS ha depositato procura speciale;

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che:

con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, non avendo la Corte d’appello correttamente esaminato la data di presentazione della domanda amministrativa all’INPS avvenuta il 19 aprile 2007 e non il 31 marzo 2007, pur essendo stata tale circostanza correttamente allegata ed essendo il relativo documento presente agli atti sin dal primo grado;

con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, laddove la corte territoriale aveva ritenuto che il termine di decadenza fosse di tre anni e non di tre anni più 300 giorni, necessari ad esaurire il procedimento amministrativo ai sensi della L. n. 533 del 1973, art. 7;

il primo motivo è inammissibile in quanto volto a denunciare non già l’omesso esame di un fatto decisivo, ma un errore revocatorio;

questa Corte di legittimità ha ritenuto che l’apprezzamento sulla inesistenza, nei fascicoli processuali (d’ufficio o di parte), di un documento che, invece, risulti esservi incontestabilmente inserito, non si concreta in un errore di giudizio, bensì in una mera svista di carattere materiale, costituente errore di fatto e, quindi, motivo di revocazione a norma dell’art. 395 c.p.c., n. 4, e non di ricorso per cassazione” (Cass., Sez. IV, 28/09/2016, n. 19174);

allo stesso modo, qualora il giudice abbia errato percettivamente su profilo negativo che, come tale, non risulti controverso ossia discusso specificatamente dalle parti la parte interessata può far valere tale preteso errore soltanto in sede di revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, sempre che ne ricorrano le condizioni (Cass., 11/06/2018, n. 15043;

poichè nella specie si legge nella sentenza impugnata che ” la domanda all’INPS è stata presentata il 31 marzo 2007 (…) deve ritenersi la fondatezza dell’eccezione di decadenza proposta dall’INPS ai sensi del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 (…)”, è palese che la Corte decidente sia incorsa non già in un errore di giudizio ma nella negazione di un fatto di cui è provata la positiva verità, onde nella specie non è riscontrabile il dedotto vizio motivazionale, ma un errore di fatto denunciabile solo, alla stregua dell’art. 395 c.p.c., n. 4, e dell’art. 398 c.p.c., al giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata;

il secondo motivo è infondato;

accertata l’intangibilità in questa sede dell’accertamento compiuto dalla Corte territoriale in ordine alla data di presentazione della domanda amministrativa rivolta all’INPS (31 marzo 2007), è evidente che il termine di tre anni e trecento giorni, entro il quale si sarebbe dovuta proporre la domanda giudiziale, è spirato il giorno 25 gennaio 2011, mentre il ricorrente ha depositato il ricorso presso il Tribunale di Pescara solo in data 7 febbraio 2011;

resta, dunque, irrilevante l’erroneo riferimento formulato dalla sentenza impugnata al solo termine di tre anni (D.P.R. n. 639 del 1970, ex art. 47) senza considerare l’ulteriore decorso dei trecento giorni necessari alla definizione del procedimento amministrativo ai sensi della L. n. 533 del 1973, art. 7 e della L. n. 88 del 1989, art. 46, commi 5 e 6;

in definitiva, il ricorso va rigettato;

2. non si deve provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità essendosi l’INPS limitato a depositare procura speciale.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2020

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