Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27344 del 29/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 29/12/2016, (ud. 11/10/2016, dep.29/12/2016),  n. 27344

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21038-2015 proposto da:

P.G., in proprio e quale socia accomandataria e legale

rappresentante pro tempore dell’Agenzia Immobiliare B. VITERBO UNO

SAS DI P.G. & C., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA PANAMA 86 (STUDIO LEGAL & CONSULTING INTERNATIONAL), presso

lo studio dell’avvocato GIOVANNI RANALLI, che la rappresenta e

difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

B.M.T., Q.E.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 4257/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’11/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LINA RUBINO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

“è Stata depositata in cancelleria la seguente relazione: – Nel 2007 B. M. T. conveniva in giudizio la società di mediazione immobiliare Immobiliare B Viterbo Uno s.a.s. di P.G. e c. nonchè Q.E. per sentirle condannare al risarcimento del danno subito a seguito della conclusione, tramite l’intervento di mediazione della società, di un preliminare di acquisto immobiliare con un soggetto, tale P.G., rivelatosi non proprietario dell’immobile, invece di proprietà della Quadrarli. Veniva chiamata in causa su richiesta della società la compagnia assicuratrice per la responsabilità professionale di quest’ultima.

Il Tribunale di Viterbo accoglieva in parte la domanda dell’attrice condannando la società Immobiliare b Viterbo al risarcimento dei danni e la compagnia di assicurazione a tenere indenne la società.

Introdotto l’appello da parte della società B Viterbo, il giudice di appello ordinava l’integrazione del contraddittorio nei confronti della Groupama s.p.a., compagnia assicuratrice della società, parte del giudizio di primo grado e condannata dal tribunale a tenere indenne la società da quanto questa era stata condannata a versare alla attrice. Non avendo nessuna delle parti provveduto alla integrazione del contraddittorio nel termine fissato dal giudice, la corte d’appello dichiarava inammissibile l’impugnazione.

P.G., in proprio e n. q. di socio accomandatario della Immobiliare B Viterbo Uno s.a.s., propone ricorso per la cassazione della sentenza della corte d’Appello di Roma n. 4257/2014 depositata il 25.6.2014, articolato in due motivi notificato alle sole B. e Q. che non hanno svolto in questa sede attività difensiva.

Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., in quanto appare destinato ad essere dichiarato inammissibile.

Con il primo motivo, la società denuncia la violazione di legge in riferimento agli artt. 102 e 331 c.p.c.: sostiene che la declaratoria di inammissibilità dell’intero appello fosse errata, non esistendo, nei confronti del soggetto non evocato in appello (la propria compagnia di assicurazioni), un litisconsorzio necessario, in quanto si trattava di cause scindibili essendo le posizioni della società di mediazione e della società di assicurazione legate tra loro soltanto da un vincolo di solidarietà passiva.

Il motivo di ricorso, per come è redatto, non consente di capire -perchè non la riporta – quale fosse stata la posizione processuale assunta dalla compagnia di assicurazioni nel corso del giudizio di primo grado. In particolare, non chiarisce, come avrebbe dovuto fare ai fini di contestare la pronuncia di inammissibilità della intera impugnazione, se l’assicurazione si sia limitata a contestare la domanda di manleva, proposta nei suoi confronti dall’assicurata, dando in tal modo luogo ad un rapporto scindibile, o se abbia contestato anche il titolo dell’obbligazione principale, ovvero la sussistenza stessa della responsabilità della società di mediazione immobiliare verso la sua cliente, e quindi la fondatezza della domanda proposta nei confronti del proprio chiamante. In quest’ultimo caso, infatti, a differenza dal precedente, a causa della posizione processuale assunta dal soggetto chiamato in garanzia, si sarebbe instaurato un litisconsorzio necessario processuale atto a giustificare la intervenuta declaratoria di inammissibilità dell’intera impugnazione.

Neppure dalla lettura della stringata sentenza di appello è ricostruibile tale circostanza.

E’ ben vero infatti che qualora l’ordine di integrazione del contraddittorio fosse stato emesso in difetto dei presupposti per la sua emanazione esso sarebbe improduttivo di effetti, sicchè la mancata ottemperanza al medesimo, essendo irrilevante, non potrebbe determinare l’inammissibilità dell’impugnazione (Cass. n. 17458 del 2013; Cass. n. 2672 del 2008).

Tuttavia, per verificare appunto se l’ordine di integrazione fosse stato emesso o meno in presenza dei presupposti di legge, sarebbe stato necessario chiarire la posizione processuale assunta dalla terza chiamata.

Come questa Corte ha avuto più volte modo di chiarire, infatti, “Nel caso in cui il convenuto chiami un terzo in causa, esperendo nei suoi confronti una domanda di garanzia impropria fondata su un titolo diverso ed indipendente rispetto a quello posto a base della domanda principale, ove il terzo non si limiti a contrastare la domanda di manleva, ma contesti anche il titolo dell’obbligazione principale, quale antefatto e presupposto della garanzia azionata, e, quindi, la fondatezza della domanda proposta nei con, fronti del proprio chiamante, si configura una ipotesi di inscindibilità di cause che dà logo a litisconsorsio processuale in fase di impugnazione, sicchè, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., la mancata integrazione del contraddittorio nel giudizio di appello determina la nullità, rilevabile d’ufficio ed anche in sede di legittimità, dell’intero procedimento di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso” (Cass. n. 20552 del 2014; Cass. n. 11055 del 2009).

Il secondo motivo è in ogni caso inammissibile in quanto ripropone in questa sede i motivi di appello sulla carenza di responsabilità della società di mediazione, non esaminati dal giudice di appello in ragione della declaratoria di inammissibilità dell’intero appello e che avrebbero dovuto essere a questo riproposti in sede di rinvio in caso di accoglimento del ricorso.

Si ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile”.

La ricorrente non ha depositato memoria.

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa.

Il ricorso proposto va pertanto dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

Infine, il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, pertanto deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2016

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