Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27344 del 24/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 24/10/2019, (ud. 17/09/2019, dep. 24/10/2019), n.27344

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17504-2016 proposto da:

CONSORZIO DI BONIFICA DELTA DEL PO (già CONSORZIO DI BONIFICA DELTA

PO ADIGE), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR 17, presso lo

studio dell’avvocato MASSIMO PANZARANI, rappresentato e difeso

dall’avvocato PAOLA MALASOMA;

– ricorrente –

contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. società di cartolarizzazione

dei crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, CARLA

D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO, ESTER ADA SCIPLINO e

GIUSEPPE MATANO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 643/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 21/01/2016, R. G. N. 952/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/09/2019 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato PAOLA MALASOMA;

udito l’Avvocato ESTER ADA SCIPLINO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Venezia confermava la sentenza del Tribunale di Rovigo che aveva rigettato l’opposizione proposta dal Consorzio di Bonifica Delta del Po agli avvisi di addebito aventi ad oggetto il pagamento di contribuzione per malattia e maternità relativa ai periodi da gennaio 2010 a maggio 2011.

2. La Corte territoriale, dopo aver precisato che per i datori di lavoro privati l’obbligo di versare la contribuzione per maternità e per malattia sussiste anche in ipotesi di previsione contrattuale collettiva che obblighi il datore di lavoro ad anticipare il trattamento di malattia, ha accertato l’obbligo contributivo argomentando dalla natura giuridica di impresa pubblica individuata dal D.L. n. 112 del 2008, art. 20, comma 2, conv. in L. n. 133 del 2008, del Consorzio ricorrente e richiamando, per coincidenza di principi regolatori, il precedente di questa Corte di cassazione costituito dalla sentenza n. 2756 del 2014, formatosi su fattispecie riferita a soggetto pubblico regionale trasformato in soggetto svolgente attività di impresa pubblica.

3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Consorzio di Bonifica Delta del Po, affidandosi ad un articolato motivo.

4. L’INPS, anche nella qualità di mandatario di S.C.C.I. s.p.a., ha resistito controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Con l’unico motivo di ricorso, il Consorzio di Bonifica Delta del Po denuncia violazione e o errata applicazione del D.L. n. 112 del 2008, art. 20 conv. in L. n. 133 del 2008 in ragione dell’errata qualificazione giuridica dei Consorzi di Bonifica ai fini dell’applicazione della contribuzione previdenziale di maternità relativa ai propri dipendenti e della loro inclusione tra i destinatari del D.L. n. 112 del 2008, art. 20, comma 2 conv. in L. n. 133 del 2008 che, a decorrere dal primo gennaio 2009, ha previsto l’obbligo del versamento all’INPS della contribuzione per malattia e maternità nei confronti delle imprese dello Stato, degli Enti Pubblici e degli enti locali, privatizzati e a capitale misto; sostiene il ricorrente che la sentenza impugnata sia incorsa in errore per aver accolto la tesi dell’INPS basata sulla considerazione della sua natura di impresa appartenente ad ente pubblico, laddove l’esatta natura giuridica, emergente dal contesto normativo costituito dalla legge regionale veneta n. 12 del 2009 ed ancor prima dal R.D. n. 215 del 1933, art. 59, sarebbe quella di ente pubblico economico istituito per perseguire finalità pubblicistiche erogando servizi di utilità pubblica; pertanto – prosegue il ricorso – in quanto tale il Consorzio sarebbe estraneo alla previsione del D.L. n. 112 del 2008, art. 20, comma 2, cit. anche in considerazione del fatto che in tale veste esso eroga direttamente ai propri dipendenti le prestazioni di malattia e maternità.

6. La questione controversa richiede, in primo luogo, l’identificazione dei soggetti destinatari del disposto del D.L. n. 112 del 2008, art. 20, comma 2, conv. in L. n. 133 del 2008 che ha il seguente tenore: “A decorrere dal i gennaio 2009, le imprese dello Stato, degli enti pubblici e degli enti locali privatizzate e a capitale misto sono tenute a versare, secondo la normativa vigente: a) la contribuzione per maternità; b) la contribuzione per malattia per gli operai”.

7. Su tale tema questa Corte di cassazione (proprio a partire da Cass. n. 2756 del 2014 citata dalla sentenza impugnata e poi con Cass. nn. 18395 e 21536, 22291 del 2019) ha affermato che il riferimento alle “imprese dello Stato” – secondo un’interpretazione del testo costituzionalmente orientata al principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. – conduce a ritenere che all’elencazione in essa prevista non può essere attribuito carattere tassativo, posto che, l’espressione “imprese di Stato” che ricorre nel linguaggio comune, dal punto di vista giuridico (cioè come volta ad indicare lo svolgimento diretto da parte dello Stato di un’attività economica, costituita dall’offerta di beni e servizi in un mercato, a scopo di lucro) non ha cittadinanza negli Stati membri della UE, ponendosi in contrasto con gli artt. 106 e 107 TFUE, come interpretati dalla Corte di giustizia UE (vedi, per tutte, Comunicazione della Commissione UE sull’applicazione delle norme dell’Unione Europea in materia di aiuti di Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di interesse economico generale – Testo rilevante ai fini del SEE – 2012/C 8/02 e ivi ampi richiami).

8. Ne consegue che la suddetta espressione – tenendo conto anche degli artt. 11 e 117 Cost. – non può che essere intesa in senso atecnico, come riferita alle “imprese partecipate, in tutto o in parte, dallo Stato” (vedi INPS – Circolare n. 114 del 30 dicembre 2008 e INPDAP – Nota operativa n. 18 del 22 dicembre 2009 nonchè Nota 20 luglio 2011, n. 18). Pertanto, è evidente che la stessa valenza atecnica debba essere attribuita alla restante parte dell’elencazione contenuta nel citato comma 2, che quindi va inteso nel senso di assoggettare alla contribuzione ivi prevista (da effettuare all’INPS): a) tutte le imprese degli pubblici e degli enti locali (di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e successive modificazioni e integrazioni), che sono state interessate, per effetto di norme di legge, di regolamento o convenzione, da processi di privatizzazione avviati nel corso degli anni ‘90 ed ancora in via di completamento e che hanno continuato ad essere assoggettate ad un regime previdenziale di tipo pubblicistico, nonchè a regimi speciali riconosciuti alle medesime in forza di specifiche disposizioni normative; b) tutte le imprese a capitale misto degli enti pubblici e degli enti locali; c) nonchè le imprese costituite a seguito di trasformazioni di enti ed istituti di diritto pubblico, i cui dipendenti già assoggettati a regimi previdenziali speciali sono poi confluiti nell’INPDAP.

9. Ciò premesso, va individuata la natura giuridica del Consorzio ricorrente. Sul punto questa Corte di legittimità (vd., tra le altre, Cass. SS.UU. n. 1547 del 20 gennaio 2017) ha avuto modo di affermare, al fine di accertare la natura dei consorzi di bonifica, che l’art. 59 R.D. n. 215 del 1933, li qualifica espressamente quali “persone giuridiche pubbliche”; inoltre, la medesima definizione è ribadita dall’art. 862 c.c. Inoltre, quanto alla presente fattispecie, va osservato che la L.R. Veneto 8 maggio 2009, n. 12, art. 1, (avente ad oggetto “Nuove norme per la bonifica e la tutela del territorio”), che ha abrogato la precedente L.R. n. 3 del 1976 (contenente “Riordino dei consorzi di bonifica e determinazione dei relativi comprensori”) e la L.R. 1 marzo 1983, n. 9 (intitolata “Nuove disposizioni per l’organizzazione della bonifica”), con rispettive integrazioni e modifiche, così espressamente recita all’art. 3 (Consorzi di bonifica): “Nell’ambito di ciascun comprensorio di cui all’art. 2, la Giunta regionale costituisce un consorzio di bonifica avente natura di ente pubblico economico, retto da un proprio statuto, la cui azione è informata ai principi di efficienza, efficacia, economicità, trasparenza e sussidiarietà, secondo le disposizioni della presente legge”.

10. La giurisprudenza di questa Suprema Corte è costante nel ritenere che i consorzi di bonifica, definiti dalla legge – come si è visto – enti pubblici economici, pur avendo natura pubblicistica quanto a costituzione e ad organizzazione, operano con caratteri di economicità ed imprenditorialità, conseguendone ricavi idonei, almeno tendenzialmente, a coprire i costi e le eventuali perdite (Cass., 13.7.2000, n. 9300, – Cass. SU., 11.1.1997, n. 191; Cass., SU., 2.4.1996, n. 3036). Si è pure aggiunto che i rapporti di lavoro intercorrenti fra tali enti ed i rispettivi dipendenti hanno natura privata (Cass., 3.11.1992, n. 11907) e che l’attività dagli stessi espletata, di natura imprenditoriale, non si sottrae alla classificazione come industriale o agricola; tale natura, industriale o agricola, dell’attività imprenditoriale svolta dal consorzi di bonifica va accertata non sulla base di criteri generali ed astratti – come quelli stabiliti, ai fini previdenziali, dal D.P.R. n. 797 del 1955, art. 33 e L. n. 92 del 1979, art. 6, lett. b), o, in tema di determinazione del reddito agrario, dal D.P.R. n. 597 del 1973, art. 28 – ma, in conformità all’enunciazione dell’art. 2070 c.c., comma 1, posta in necessario collegamento con gli artt. 2195 e 2135 c.c., sulla base dell’attività effettivamente esercitata da tali enti (pubblici economici), attività da considerare, peraltro, dopo la soppressione dell’ordinamento corporativo, non già alla stregua di criteri meramente merceologici, ma tenendo conto della valutazione operatane dalla contrattazione collettiva (Cass., 23.11.1992, n. 12498).

11. Peraltro, il Consorzio ricorrente non contesta tali caratteri ed anzi richiama un’opinione che esclude la possibilità che un ente pubblico possa definirsi economico senza esercizio effettivo di attività d’impresa. Tuttavia, ritiene errata la sentenza impugnata imputandole di aver assimilato la propria natura giuridica a quella degli Istituti per l’edilizia residenziale pubblica, di cui trattava il precedente di questa Corte di legittimità n. 2756 del 2014.

12. La critica non coglie nel segno giacchè, per quanto si è sopra esposto, il principio espresso da quel precedente e dai successivi arresti sopra indicati risulta applicabile alla posizione contributiva del Consorzio ricorrente, posto che anch’esso è qualificabile in termini di “impresa pubblica” nell’accezione atecnica sopra specificata, che comporta la sua inclusione nel novero dei soggetti tenuti al versamento dei contributi di maternità e malattia, ai sensi del D.L. n. 112 del 2008, art. 20, comma 2, conv. in L. n. 133 del 2008.

13. Inoltre, del tutto irrilevante, ai fini della configurabilità dell’obbligo contributivo in oggetto, è la circostanza che il Consorzio abbia erogato ai propri dipendenti i trattamenti in questione alla luce della funzione svolta dall’obbligo contributivo all’interno dell’intero sistema previdenziale.

14. Invero, va qui ribadito quanto affermato da questa Corte di cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 10232 del 2003 (seguita da Cass. n. 15112 del 2004 e da Cass. n. 13791 del 2006), là dove si è affermato che il fondamento della previdenza sociale sta nel principio di solidarietà, onde il concetto di sinallagma, ossia di equilibrio di obbligazioni corrispettive, risulta insufficiente alla rappresentazione del sistema giacchè all’apporto contributivo delle categorie interessate si accompagna il costante intervento finanziario dello Stato e quindi della solidarietà generale.

15. Pertanto il legame tra contributi o prestazioni può anche mancare, come nel caso dei contributi di mera solidarietà (cfr. Corte Cost. n. 26 del 2003) o di contribuzione figurativa o, ancora, quando debba operare il principio di automaticità delle prestazioni, di cui all’art. 2116 c.c.; nè l’ammontare delle prestazioni è necessariamente proporzionale a quello dei contributi, dipendente dalla quantità della retribuzione imponibile, dalla varietà delle aliquote di computo, dall’età dell’assicurato e nel lungo periodo anche dalle variazioni del prodotto interno (nazionale) lordo.

16. Dunque, ben può persistere l’obbligazione contributiva a carico del datore di lavoro anche quando per tutti o per alcuni dei lavoratori dipendenti l’ente previdenziale non sia tenuto a certe prestazioni.

17. L’obbligazione contributiva previdenziale partecipa, inoltre, della natura delle obbligazioni di natura pubblicistica, equiparabili a quelle tributarie a causa dell’origine legale e della destinazione ad enti pubblici e quindi all’espletamento di funzioni sociali (Cass. 21 luglio 1969 n. 2727); si tratta cioè di un’obbligazione pubblica e, quindi, di un rapporto nato dalla legge, da essa esclusivamente regolato e pertinente alla finanza complementare dello Stato.

18. Tutto ciò comporta che il regime legale della contribuzione non può essere alterato da statuizioni dell’autonomia privata. Tali debbono oggi ritenersi quelle contenute nei contratti collettivi, a differenza di quelle vigenti nel regime corporativo, soppresso dal D.L. 5 agosto 1943 n. 721 e dal D.Lgt. 23 novembre 1944, n. 369. Pertanto, non vale ad escludere l’obbligazione contributiva oggetto di causa la previsione del c.c.n.l. 1 giugno 2005 agli artt. 95 e 100, c.c.n.l. applicato dal Consorzio ricorrente nei rapporti di lavoro intercorrenti con i propri dipendenti, che obbliga il medesimo ad erogare direttamente ai dipendenti sia il trattamento di malattia che quello di maternità.

19. In definitiva, il ricorso va rigettato.

20. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

21. L’esito del giudizio determina la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2019

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