Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27342 del 30/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 30/11/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 30/11/2020), n.27342

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9191-2016 proposto da:

P.R., elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio

dell’avvocato SERGIO VACIRCA, rappresentato e difeso dall’avvocato

CLAUDIO LALLI;

– ricorrente principale –

contro

A.R.S.T. S.P.A. – Azienda Regionale Sarda Trasporti, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II n. 326, presso lo studio

dell’avvocato CLAUDIO SCOGNAMIGLIO, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati PIER GIORGIO CORRIAS, MASSIMO CORRIAS;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso il provvedimento n. 391/2015 della CORTE D’APPELLO di

CAGLIARI, depositata il 02/10/2015 R.G.N. 276/2014.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Che la Corte d’Appello di Cagliari, con la sentenza n. 391 del 2015, depositata il 2 ottobre 2015, ha accolto per quanto di ragione sia l’appello dall’Azienda regionale trasporti – ARST – spa nei confronti di P.R., sia l’appello incidentale di quest’ultimo, entrambi proposti avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Cagliari.

In parziale riforma della sentenza impugnata, il giudice di appello ha rigettato la domanda di conversione dei rapporti di lavoro a termine.

Veniva, altresì, riformata la statuizione sulle spese di giudizio.

2. Il lavoratore aveva adito il Tribunale esponendo di essere stato assunto dalla Gestione governativa delle Ferrovie meridionali sarde come conducente di autobus presso la sede di Carbonia, con un contratto a tempo indeterminato iniziato il 1 febbraio 2008, nel quale era subentrata l’ARST spa a decorrere dal 1 giugno 2008, alla quale era stato trasferito il complesso ferroviario già gestito dal Ministero dei trasporti. Scaduto tale contratto il 30 settembre 2008, il lavoratore era stato assunto nuovamente a termine dall’ARST spa con decorrenza dal 16 dicembre 2008 e con scadenza 31 ottobre 2009.

Il ricorrente aveva dedotto la nullità delle clausole di apposizione del termine ai contratti, in quanto le stesse non riportavano chiaramente la motivazione richiesta dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1.

La nullità del termine era stata invocata anche in relazione al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 3, non avendo l’ARST spa effettuato la valutazione dei rischi, ai sensi del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4 e redatto il relativo documento.

3. L’ARST si costituiva in giudizio, resistendo alla domanda, esponendo, in particolare, la sussistenza di ragioni legittimanti l’assunzione a termine (quali, ad esempio, lavoratori distaccati presso la Regione, aventi diritto a permessi ex lege n. 104 del 1992, assentatisi per fruire ferie arretrate), nonchè che si era reso necessario, durante lo svolgimento di un concorso pubblico per l’assunzione di “operatori di esercizio”, garantire il relativo servizio per la durata della procedura.

4. Il Tribunale dichiarava la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato sin dal 12 luglio 2008 con condanna della società al pagamento, ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32, di un’indennità risarcitoria pari a 4,5 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

5. La Corte d’Appello ha ritenuto che sussisteva la nullità del termine, ma ha rigettato la domanda di conversione.

In relazione al contratto stipulato con il Ministero, e cioè con l’Amministrazione pubblica, ha affermato che trovava applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 e dunque non poteva darsi luogo alla trasformazione del rapporto di lavoro a termine in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Per il contratto stipulato dall’ARST trovava applicazione ratione temporis la disciplina di cui al D.L. n. 112 del 2008, in ragione della quale non poteva darsi corso alla trasformazione.

Statuiva che l’indennità di cui all’art. 32, comma 5, cit., era onnicomprensiva del danno subito dal lavoratore, ed era stata correttamente commisurata in concreto nella fattispecie in esame.

6. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre il lavoratore prospettando tre motivi di ricorso.

7. Resiste l’ARST con controricorso, con cui in via preliminare eccepisce l’inammissibilità per mancanza di autosufficienza del ricorso principale, e ricorso incidentale articolato in due motivi.

8. Entrambe le parti hanno depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Che con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione della L. Regione autonoma Sardegna n. 16 del 1974, e della Legge della Regione autonoma Sardegna n. 21 del 2005. Violazione e falsa applicazione dell’art. 117 Cost.. Violazione della L. Cost. n. 3 del 1948.

Illegittimità costituzionale della Legge della Regione autonoma Sardegna n. 16 del 1974, in relazione agli artt. 3 e 117 Cost., e della L. Cost. n. 3 del 1948.

2. Il ricorrente precisa che la censura è centrata sulla parte della sentenza relativa alla statuizione del divieto di conversione del contratto a termine in contratto di lavoro a tempo indeterminato, che la Corte d’Appello fa derivare dalla Legge della Regione Sardegna n. 16 del 1974.

Il ricorrente deduce che la L.R. n. 16 del 1974, non era più vigente al momento della stipula del contratto a termine in questione e che, comunque, lo stesso non prevedeva alcuna nullità per i contratti stipulati in violazione di quanto previsto, trattandosi di una mera norma programmatica.

Qualora si ritenesse che i contratti stipulati senza l’espletamento di concorso siano nulli, la normativa regionale dovrebbe essere rimessa alla Corte costituzionale per verificarne la legittimità, attesa la potestà legislativa delle Regione, ai sensi dell’art. 3 dello Statuto di autonomia, nella materia ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della Regione e stato giuridico ed economico del personale.

La norma regionale sarebbe, altresì, in contrasto con la legislazione statale in materia di ordinamento civile (D.Lgs. n. 165 del 2001 e D.Lgs. n. 368 del 2001, che sanzionano l’abuso del ricorso al contratto a termine con la conversione, ovvero, con il risarcimento del danno), ex art. 117 Cost., e con la direttiva Europea che obbliga gli Stati membri a prevedere un’adeguata tutela per l’abuso di contratti a tempo determinato, e con le leggi nazionali di recepimento.

Inoltre, un lavoratore assunto con contratto a termine dall’ARST si troverebbe privo della tutela che invece spetta a un lavoratore di un ente pubblico economico, di un ente pubblico o di un soggetto privato, con violazione dell’art. 3 Cost..

Privo di rilievo, altresì, sarebbe la L. n. 133 del 2008, art. 2-bis.

3. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione della Legge della Regione autonoma Sardegna n. 16 del 1974 e della Legge della Regione autonoma Sardegna n. 21 del 2005, nonchè conseguente violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001 (per la ritenuta mancata abrogazione delle prime due norme ad opera del D.Lgs. n. 368 del 2001) nella parte in cui viene negata la conversione del contratto dichiarato nullo in relazione all’apposizione del termine in contratto a tempo indeterminato – omessa e comunque contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia costituito dalla esistenza o meno di un obbligo di assunzione per concorso.

Il ricorrente ricorda che la Corte d’Appello ha ritenuto l’illegittimità del termine per la mancanza di specifica motivazione in ragione dei principi di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, tuttavia non ha fatto applicazione di tale decreto legislativo con riguardo alla misura della conversione, richiamando l’obbligo di assunzione ex L.R. n. 16 del 1974, palesandosi, pertanto, la contraddittorietà della decisione.

In tal modo, il giudice di secondo grado aveva fatto applicazione di una giurisprudenza formatasi prima del 2001 (non rilevante nella specie, atteso che viene in rilievo un contratto stipulato dopo il 2001), dovendo trovare applicazione, con specifico riguardo all’aspetto sanzionatorio, il D.Lgs. n. 368 del 2001 e i principi affermati dalla Corte di giustizia. La L.R. n. 21 del 2005, nonchè il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, ha abrogato la L.R. n. 16 del 1974.

Ciò, sia che si consideri l’ARST come ente pubblico economico, sia come società per azioni, al momento della stipula del contratto.

Il ricorrente richiama l’orientamento della Corte di giustizia secondo il quale nell’applicare la direttiva sul contratto a termine, non può farsi differenza tra lavoratori pubblici e privati quanto alla sanzione prevista per i contratti a termine irrispettosi della direttiva CE 1999/70, che deve essere effettiva e tale da concretizzare un effetto dissuasivo per la ripetizione di tali violazioni contrattuali.

Il ricorrente deduce che la Legge della Regione Sardegna n. 16 del 1974, nella parte in cui prevede l’obbligo del concorso pubblico è stata abrogata dal D.Lgs. n. 368 del 2001, applicabile nella specie, ma ancor prima dalla legge regionale n. 21 del 2005, in quanto incompatibile con la stessa, sussistendo, diversamente, dubbio di legittimità costituzionale della disciplina regionale in relazione alla disciplina comunitaria e nazionale.

4. I primi due motivi di ricorso devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione, Gli stessi sono inammissibili.

5. La fattispecie in esame ha ad oggetto due contratti a termine.

Il primo, come peraltro riportato nel ricorso (pag. 1 e 2 del ricorso) stipulato dal lavoratore con il Ministero dei trasporti Gestione governativa ferrovie meridionali sarde dal 1 febbraio 2008 al 31 maggio 2008, prorogato in data 29 maggio 2008 sino al 30 settembre 2008, contratto a termine in cui era subentrata l’ARST spa con effetti giuridici dal 1 giugno 2008; il secondo contratto a termine stipulato con l’ARST spa con decorrenza 16 dicembre 2008 al 10 giugno 2009, poi prorogato al 31 ottobre 2009.

6. In ragione della motivazione della sentenza di appello e dei motivi di ricorso, ai fini di un compiuto inquadramento della fattispecie, occorre precisare quanto segue in relazione al quadro normativo statale e regionale di riferimento e alle conseguenti deliberazioni della Giunta regionale, in sede di attuazione.

7. L’Azienda Regionale Sarda Trasporti, istituita con personalità giuridica di diritto pubblico dalla legge della Regione Sardegna n. 3 del 9 giugno 1970, è stata successivamente disciplinata dalla Legge della Regione Sardegna 20 giugno 1974, n. 16.

Era demandata all’ARST (L.R. n. 16 del 1974, art. 2) “L’impianto e la gestione nella Regione degli autoservizi di linea per il trasporto di persone e bagagli, di qualunque natura e durata (…)”.

8. In relazione a contratti a termine rispetto ai quali trovava applicazione ratione temporis la L.R. n. 16 del 1974, questa Corte (sentenze n. 5229 del 2017 e n. 6413 del 2017) ha affermato che l’art. 23 della suddetta legge regionale, che prevede l’assunzione esclusivamente mediante concorso pubblico del personale dell’azienda di trasporto locale ARST, impedisce la conversione in contratti a tempo indeterminato dei contratti a termine illegittimamente stipulati con la stessa, e tale disposizione non viola l’art. 3 Cost., in quanto applicazione della generale forma di reclutamento per le figure soggettive pubbliche, posta a presidio delle esigenze d’imparzialità ed efficienza dell’azione amministrativa, nè confligge con la direttiva n. 1999/70/CE, poichè le misure nazionali atte a fronteggiare l’abusiva reiterazione dei contratti a termine possono essere anche diverse dalla suddetta conversione, purchè sufficientemente effettive e dissuasi.

9. L’ARST, con la L.R. Sardegna 7 dicembre 2005, n. 21 è stata tarsformata “in società per azioni, a partecipazione azionaria pubblica e privata, con il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria e con la denominazione di “ARST S.p.A”” (art. 30, comma 1).

La L. n. 21 del 2005, art. 30, al comma 4, ha inoltre previsto che “le azioni della società di proprietà regionale sono attribuite all’Assessorato regionale degli enti locali, finanze e urbanistica che esercita i diritti di azionista secondo le direttive emanate dalla Giunta regionale”.

L’art. 47 della medesima legge regionale ha, quindi, abrogato la L.R. n. 16 del 1974.

Come affermato da Cass., n. 3621 del 2018, tale disposizione era chiara nell’estendere l’effetto abrogativo all’intera disciplina riguardante l’Azienda Regionale, salvo quanto previsto dall’art. 46, che “al fine di garantire che l’attuazione della presente legge comporti i minori costi per la collettività”, ha stabilito che “il trasferimento alla Regione ed alle autonomie locali delle funzioni e dei compiti in materia di trasporto pubblico locale e la trasformazione delle aziende di trasporto operanti in Sardegna si realizzano senza pregiudizio degli esistenti livelli occupazionali e con la garanzia di conservazione dei trattamenti economici e previdenziali goduti all’entrata in vigore della presente legge”.

10. Con la deliberazione n. 30/43 del 2.8.2007, la Giunta della Regione autonoma Sardegna deliberava “”di procedere alla trasformazione, ai sensi della L.R. n. 21 del 2005, art. 30 e secondo le procedure definite dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 115, dell'”Azienda Regionale Sarda Trasporti – ARST” in una società per azioni (…) “ARST S.p.A.”, dando atto che la stessa subentrerà in tutti i rapporti attivi e passivi dell’Azienda originaria e conserverà tutti i diritti e gli obblighi anteriori alla trasformazione, fermo restando che delle obbligazioni sorte anteriormente alla costituzione della società risponderà in ogni caso la Regione Autonoma della Sardegna

11. Il quadro di riferimento normativo si modificava ulteriormente per effetto del D.L. n. 112 del 2008, art. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 133 del 2008, che al comma 1 stabiliva che le società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 35, comma 3. Al successivo comma 2, prevedeva che le altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità.

12. Questa Corte, con la citata sentenza n. 3621 del 2018, cui adde, Cass. n. 6772 del 2018, n. 6818 del 2018 – nonchè in relazione fattispecie analoga relativa a spa che gestiva il servizio pubblico di trasporto locale Cass., n. 3662 del 2019, punti 24 e 39 ssg., in particolare, che costituisce un successivo e consolidato arresto rispetto a Cass. n. 5063 del 2018 richiamata dal ricorrente nella memoria – ai cui principi si intende dare continuità, ha affermato, che l’omesso esperimento delle procedure concorsuali previste dal comma 1 e di quelle selettive richiamate nel comma 2 determina la nullità del contratto ai sensi dell’art. 1418 c.c., comma 1, perchè la violazione attiene al momento genetico della fattispecie negoziale e, quindi, la stessa non può essere solo fonte di responsabilità a carico del contraente inadempiente, non avendo portata innovativa del D.Lgs. n. 175 del 2016, art. 19, comma 4.

Quindi, una volta affermato che per le società a partecipazione pubblica, quale è l’ARST spa, con riguardo alle fattispecie a cui è applicabile il D.L. n. 112 del 2008, art. 18, commi 1 e 2, il previo esperimento delle procedure concorsuali e selettive condiziona la validità del contratto di lavoro, non può che operare il principio secondo cui anche per i soggetti esclusi dall’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, la regola della concorsualità imposta dal legislatore, nazionale o regionale, impedisce la conversione in rapporto a tempo indeterminato del contratto a termine affetto da nullità.

13. Interveniva, inoltre, il decreto legislativo recante norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Autonoma della Sardegna concernenti il conferimento di funzioni e compiti di programmazione e amministrazione in materia di trasporto pubblico locale.

Il D.Lgs. 21 febbraio 2008, n. 46, art. 1, al comma 1, stabiliva (…) sono trasferite alla Regione autonoma della Sardegna tutte le funzioni ed i compiti di programmazione e di amministrazione relativamente ai servizi di trasporto pubblico di interesse regionale e locale attualmente erogati dalle Gestioni Governative Ferrovie della Sardegna e Ferrovie Meridionali Sarde, nonchè le relative aziende e le risorse finanziarie necessarie (…)”.

Al comma 3, veniva previsto che “I soggetti individuati dalla Regione subentrano nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi in essere al momento dell’entrata in vigore del presente decreto, connessi all’esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti. Contestualmente sono messi a disposizione dei soggetti individuati i relativi beni, l’organizzazione ed il personale”.

14. In attuazione della suddetta disciplina, la Giunta regionale della Regione autonoma Sardegna, con Delib. n. 13/21 del 4.3.2008, disponeva il “Trasferimento alla Regione Sardegna delle Ferrovie della Sardegna e delle Ferrovie Meridionali Sarde”.

15. Dunque, quando già era concluso il procedimento di trasformazione dell’ARST in società per azioni, che si configurava come società unipersonale a capitale interamente regionale, la Giunta regionale deliberava di “far confluire l’intera azienda Ferrovie Meridionali Sarde ovvero la totalità della attività e passività aziendali e del personale in servizio direttamente nell’A.R.S.T. S.p.a. (…); costituire una società a responsabilità limitata unipersonale a totale capitale A.R.S.T. S.p.a., denominata ARST – Gestione FdS e provvedere a far confluire in capo a tale nuova società l’intera azienda Ferrovie della Sardegna, ovvero la totalità della attività e passività aziendali e del personale in servizio, direttamente nell’A.R.S.T. S.p.a. (…)”.

La Giunta regionale (Delib. n. 9 del 2016, del 2.3.2010) poi prevedeva la fusione di ARST spa e ARST Gestione FdS srl nell’Azienda Unica regionale dei trasporti pubblici in Sardegna (ARST spa).

16. Tanto premesso, si rileva che la Corte d’Appello ha posto a fondamento della decisione una complessiva motivazione che tiene conto della successione dei due contratti a termine e afferma l’applicazione al primo contratto stipulato con l’amministrazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, norma che preclude la trasformazione, e l’applicazione al secondo contratto del D.L. n. 112 del 2008, art. 18, applicabile ratione temporis, che impedisce la conversione.

17. Le censure formulate nel primo e nel secondo motivo non aggrediscono la motivazione nel suo complesso e cioè la successione e lo specifico regime giuridico -ostativo alla trasformazione – dei due contratti stipulati con soggetti diversi, il primo con un’amministrazione pubblica, in quanto tutte le prospettazioni difensive mirano a denunciare la sola violazione e la falsa applicazione delle leggi regionali n. 16 del 1974 e n. 21 del 2005, oltrechè del D.Lgs. n. 368 del 2001, e a dedurne il contrasto con i principi costituzionali e in particolare con gli artt. 117 e 3 Cost., con la L.Cost. n. 3 del 1948 (recante Statuto speciale per la Sardegna) e con la direttiva CE 1999/70.

18. Con il terzo motivo di ricorso è prospettata la violazione del principio di effettività del risarcimento del danno e conseguente falsa applicazione della liquidazione equitativa. Conseguente violazione degli artt. 1218,1219,1224,1225 e 1226 c.c..

Prospetta il ricorrente che la Corte d’appello avrebbe violato il principio di effettività del risarcimento come norma vivente del diritto comunitario.

Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, della cui vigenza rispetto alla fattispecie in esame il ricorrente dubita in ragione della sopravvenienza del D.Lgs. n. 368 del 2001, non disciplina in modo chiaro e concreto il risarcimento non sancendo un principio di risarcimento automatico, di tal chè il criterio della sanzione risarcitoria prevista, astrattamente legale, non può integrare quella misura effettiva voluta dal legislatore Europeo e confermata dalla CGUE.

Il ricorrente richiama quindi la sentenza CGUE 7 settembre 2006 ( M.S.) ed il giudizio presupposto, e prospetta che deve trovare applicazione il D.Lgs. n. 368 del 2001, ben potendo una legge ipotizzare diverse metodologie di assunzione alla pubblica amministrazione rispetto al concorso, poichè l’art. 97 Cost., u.c., sancisce tale regola “salvo i casi stabiliti dalla legge”.

La domanda di pagamento di tutte le mensilità dalla scadenza del contratto alla sentenza diviene una domanda di un risarcimento effettivo del danno.

Il giudice di appello ha riconosciuto il risarcimento, anche prescindendo dalla reiterazione di contratti a termine, in una misura equitativa forfettaria senza specificare nulla di più oltre il richiamo del cd. jobs act, applicando una norma non pertinente alla fattispecie, senza considerare le norme del codice civile che regolano l’inadempimento del debitore e i criteri di quantificazione del danno risarcibile, non specificando il periodo nel quale il danno si può intendere risarcito.

19. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.

Occorre premettere quanto segue.

La L. n. 183 del 2010, art. 32, abrogato dal D.Lgs. n. 81 del 2015, è applicabile “nei casi di conversione del contratto a tempo determinato” e, quindi, non può essere invocato qualora, come nella fattispecie, si discuta di un rapporto affetto da nullità, non convertibile, che produce unicamente i limitati effetti di cui all’art. 2126 c.c. (Cass. 3621 del 2018).

Tuttavia, sulla relativa statuizione della Corte d’Appello l’ARST non ha proposto ricorso incidentale sul punto, e l’impugnazione del ricorrente è rivolta ad ottenere una diversa liquidazione.

20. Tanto premesso, si rileva che il motivo così come proposto è inammissibile per un duplice ordine di motivi.

Il ricorrente si duole del criterio di liquidazione del danno adottato dalla Corte d’Appello, in quanto il risarcimento, equitativo e forfettario, non sarebbe effettivo come, invece, nel caso della corresponsione di tutte le retribuzioni dalla scadenza del contratto alla sentenza.

In tal modo, tuttavia, prescinde, sia pure quanto al profilo risarcitorio, dall’intera ratio decidendi della statuizione del giudice di appello che ha come inscindibile presupposto logico-giuridico la legittima impossibilità di dare corso alla trasformazione e riconoscere al lavoratore un posto di lavoro a tempo indeterminato, a cui consegue la non assimilabilità della mancata trasformazione a voce di danno.

Quanto all’applicazione del D.Lgs. n. 183 del 2010, art. 32, statuizione che va ribadito non è stata impugnata dalla resistente ARST, il ricorrente non ne contesta la quantificazione, nè ha dedotto di aver allegato e provato danni ulteriori.

21. Dunque, il terzo motivo di ricorso non è decisivo ed è inammissibile per difetto di rilevanza.

22. Può passarsi all’esame del ricorso incidentale dell’ARST.

Con il primo motivo del ricorso incidentale è dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1 e 2.

Assume l’ARST che il criterio della specificità delle causali deve essere valutato tenendo conto delle concrete realtà aziendali nella quali il contratto è inserito, con congruità e ragionevolezza. Inoltre, possono coesistere una pluralità di esigenze per l’apposizione del termine e la sussistenza anche di una sola di esse renderebbe legittimo il termine.

Era pacifico che fosse stato bandito un concorso, e l’assunzione del ricorrente avveniva nelle more del concorso.

Inoltre, nel 2008 e nel 2009, vi erano numerose circostanze che imponevano all’Azienda il ricorso al contratto a termine. Era stata incrementata l’offerta di trasporto, ed erano stati aumentati i bus/km offerti su base regionale e vi era stata un’intensificazione delle corse. Vi era poi stato una temporanea ed imprevista ripresa dei servizi a contratto e noleggio. Si erano verificate assenze temporanee alle quali si era dovuto fare fronte (distacco in comando, inidoneità temporanea alle mansioni, permessi ex L. n. 104, ferie arretrate). Tali circostanze erano state dedotte in entrambi i giudizi di merito, e nessun rilievo poteva assumere la circostanza che nel contratto fossero indicate più motivazioni.

23. Il motivo è inammissibile. La censura si incentra sul contenuto delle clausole appositive del termine, che non sono riprodotte nel ricorso, nè è indicato il luogo di produzione del relativo contratto, non assolvendo gli oneri di specificazione e di allegazione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4.

I requisiti imposti dall’art. 366 c.p.c., rispondono ad un’esigenza che non è di mero formalismo, perchè solo l’esposizione chiara e completa dei fatti di causa e la descrizione del contenuto essenziale dei documenti probatori e degli atti processuali rilevanti consentono al giudice di legittimità di acquisire il quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione impugnata, indispensabile per comprendere il significato e la portata delle censure.

Gli oneri sopra richiamati sono altresì funzionali a permettere il pronto reperimento degli atti e dei documenti il cui esame risulti indispensabile ai fini della decisione sicchè non si può mai prescindere dalla specificazione della sede in cui il documento o ratto sia rinvenibile e dalla sintetica trascrizione nel ricorso del contenuto essenziale del documento asseritamente trascurato od erroneamente interpretato dal giudice del merito (cfr., Cass. S.U., n. 5698 del 2012; Cass. S.U. n. 25038 del 2013).

Và, altresì, osservato, che come affermato dalla Corte d’Appello le ragioni dell’apposizione del termine non possono essere indicate ex post.

24. Con il secondo motivo del ricorso incidentale è dedotta la violazione e falsa applicazione di norme di contratto collettivo di legge, art. 7 dell’Accordo nazionale del 27 novembre 2000 (Ipotesi di accordo di rinnovo del contratto di lavoro degli autoferrotranvieri per il periodo 2000-2003). Espone l’ARST che tale fonte collettiva dispone che i contratti a termine possono essere attivati ai sensi della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23:1) in caso di concomitanti assenze per ferie, malattia, maternità, congedi parentali, aspettativa; 2) quando l’assunzione abbia luogo per il periodo necessario all’espletamento delle procedure di assunzione.

25. Il motivo è inammissibile.

Come già affermato da questa Corte, (Cass., n. 4636 del 2018) le censure che addebitano alla sentenza erronea interpretazione e falsa applicazione delle disposizioni contenute nell’Accordo nazionale del 27.11.2000 sono inammissibili se tale Accordo, incontestatamente riferito a rapporti di diritto privato, non risulta allegato al ricorso e nemmeno ne risulta indicata la specifica sede di produzione processuale.

Va osservato che la parificazione sul piano processuale della denuncia di violazione o di falsa applicazione dei contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2, a quella delle norme di diritto, comporta che non è necessario indicare, a pena di inammissibilità, il criterio ermeneutico violato (Cass., n. 24036 del 2017, n. 14449 del 2017, n. 5047 del 2017, n. 21371 del 2016, n. 10060 del 2016, n. 18946 del 2014, n. 7385 del 2014.

Siffatta equiparazione non esonera però, nell’ambito dei rapporti di lavoro di diritto privato, la parte ricorrente dall’onere di allegare il contratto collettivo nazionale di lavoro di cui lamenta la erronea interpretazione, in quanto sono conoscibili di ufficio dalla Corte di legittimità soltanto i Contratti collettivi del pubblico impiego in ragione del peculiare procedimento formativo disciplinato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 40 e ss. (Cass. SS.UU., n. 23329 del 2009; Cass., n. 24036 del 2017).

La mera riproduzione in ricorso del solo art. 7 dell’Accordo del 27.11.2000 non può ritenersi sufficiente ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 2, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

Al riguardo, va ribadito il principio ripetutamente affermato da questa Corte secondo cui la riproduzione parziale della clausola contrattuale che si assume violata è incompatibile con i criteri di fondo dell’intervento legislativo di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2, intesi a potenziare la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, e contrasta anche con i canoni di ermeneutica contrattuale dettati dall’art. 1362 e segg., e, particolare, con la regola prevista dall’art. 1363 c.c., atteso che la mancanza del testo integrale del contratto collettivo non consente di escludere che in altre parti dello stesso vi siano disposizioni indirettamente rilevanti per l’interpretazione esaustiva della questione che interessa (Cass., SS.UU., n. 20075 del 2010; Cass., n. 28892 del 2017).

26. La Corte dichiara inammissibile sia il ricorso principale che il ricorso incidentale.

27. Compensa tra le parti le spese di giudizio,

28. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale. Inammissibile il ricorso incidentale. Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2020

 

 

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