Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27340 del 19/12/2011

Cassazione civile sez. II, 19/12/2011, (ud. 21/11/2011, dep. 19/12/2011), n.27340

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20626-2006 proposto da:

CAFFE’ PRINCIPE DI QUAGLIETTA ROBERTO & C SAS (OMISSIS) in

persona del socio accomandatario sig. Q.R.,

elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO LEOPOLDO FREGOLI 8, presso

lo studio dell’avvocato SALONIA ROSARIO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ONEGLIA GIUSEPPE;

– ricorrente –

contro

MARMI ARATA GRANITI DI ARATA GIAN DOMENICO & C SAS (OMISSIS) in

persona del legale rappresentante sig. A.G.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI 43, presso lo studio

dell’avvocato D’AYALA VALVA FRANCESCO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato SUCCIO ROBERTO;

– controricorrente –

nonchè contro

MICHELONI ANDREA DITTA;

– intimati –

sul ricorso 28910-2006 proposto da:

MICHELONI ANDREA DITTA (in persona del legale rappresentante pro

tempore M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA R.

GRAZIOLI LANTE 15/A, presso lo studio dell’avvocato GUARNASCHELLI

GIORGIO, rappresentato e difeso dagli avvocati TRAMONTI GIUSEPPE,

MACCHIARINI ANTONIO;

– controricorrente ricorrente incidentale-

contro

MARMI ARATA GRANITI DI ARATA GIAN DOMENICO & C SNC, CAFFE’

PRINCIPE

DI QUAGLIETTA ROBERTO & C SAS;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1922/2005 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 28/11/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/11/2011 dal Consigliere Dott. LINA MATERA; uditi gli Avvocati

GUARNASCHELLI Giorgio, con delega depositata in udienza dell’Avvocato

MACCHIARINI Antonio, D’AYALA VALVA Francesco, difensori dei

rispettivi resistenti che si riportano agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 9-3-2001 la Caffè Principe di Quaglietta Roberto e C. s.a.s. conveniva in giudizio la Marmi Arata Graniti di Arata Gian Domenico e C. s.n.c, per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti a seguito della fornitura di una partita di marmo viziata.

Nel costituirsi, la convenuta contestava la fondatezza della domanda e chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa il proprio fornitore M.A., per essere dal medesimo manlevata.

Il M. si costituiva eccependo la propria carenza di legittimazione passiva e chiedendo, in via riconvenzionale, la condanna della Marmi Arata al pagamento della somma di L. 4.505.760, a saldo del prezzo dovutogli.

Con sentenza depositata il 20-4-2004 il Tribunale di Alessandria condannava la società Marmi Arata a pagare alla società Caffè Principe, a titolo risarcitorio, la somma di Euro 24.642,00; in accoglimento della domanda riconvenzionale, condannava l’attrice a pagare alla convenuta il prezzo residuo, pari ad Euro 7.167,57;

operata la compensazione tra gli opposti crediti, condannava la società Marmi Arata a pagare alla società Caffè Principe la relativa differenza; rigettava la domanda di manleva proposta dalla Marmi Arata nei confronti del M.;

condannava la convenuta a pagare a quest’ultimo la somma di Euro 2.327,03 oltre accessori.

Avverso la predetta decisione proponeva appello la s.n.c. Marmi Arata.

Gli appellati non si costituivano.

Con sentenza pubblicata il 28-11-2005 la Corte di Appello di Torino, in parziale accoglimento del gravame, riduceva la condanna della società Marmi Arata nei confronti della s.a.s. Caffè Principe ad Euro 4.959,59; operata la compensazione tra gli opposti crediti, condannava l’attrice a pagare alla convenuta la somma di Euro 2.209,59, oltre interessi legali dalla domanda.

Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto separati ricorsi la s.a.s. Caffè Principe e la ditta Micheloni Andrea.

La Marmi Arata ha resistito con controricorso al ricorso proposto dalla Caffè Principe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Ai sensi dell’art. 335 c.p.c., va disposta la riunione dei ricorsi proposti dalla s.a.s. Caffè Principe e dalla ditta Micheloni Andrea, da qualificarsi rispettivamente come ricorso principale e incidentale.

2) In via preliminare deve essere esaminata l’eccezione sollevata dalla controricorrente Marmi Arata, con la quale si deduce l’inammissibilità del ricorso della s.a.s. Caffè Principe, per essere stata la procura speciale apposta a margine di tale atto conferita da Q.R. in proprio, e non nella sua veste di legale rappresentante della predetta società.

L’eccezione è priva di fondamento.

Secondo un principio consolidato in giurisprudenza, la circostanza che la persona fisica titolare della rappresentanza della società che agisce in giudizio abbia, nel sottoscrivere la procura a margine della citazione, omesso di menzionare la sua qualità di rappresentante, non è causa di invalidità della procura, allorchè del potere rappresentativo sia stata fatta menzione nelle premesse dell’atto introduttivo (v. Cass. 28-6-2002 n. 9491; Cass. 9-6-1995 n. 6520; Cass. 22-11-1985 n. 5774; Cass. 21-11-1984 n. 5954; Cass. 26-6- 1973 n. 1832).

Nella specie, nella intestazione del ricorso è stato specificato che tale atto è stato proposto dalla s.a.s. Caffè Principe, in persona del socio accomandatario Q.R., “giusta procura speciale alle liti stesa a margine”. Il ricorso, pertanto, contiene il preciso riferimento alla qualità del soggetto che ha sottoscritto la procura a margine, sì da non lasciare adito a dubbi di sorta circa il fatto che tale procura è stata rilasciata dal Q. non in proprio, ma in qualità di socio accomandatario della società Caffè Principe.

2) Con l’unico motivo di ricorso la s.a.s. Caffè Principe, lamentando la violazione degli artt. 163, 164 e 342 c.p.c., deduce la nullità della citazione in appello per difetto dell’avvertimento previsto dall’art. 163 c.p.c., n. 7, nonchè per la mancata indicazione del termine entro cui costituirsi.

Analoghe censure sono state proposte dalla ditta Micheloni con il primo motivo di ricorso incidentale.

Entrambi i motivi, da trattarsi congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, sono fondati.

L’art. 163 c.p.c., n. 7, stabilisce che l’atto di citazione deve contenere l’invito al convenuto a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell’udienza indicata ai sensi e nelle forme di cui all’art. 166 c.p.c., con l’avvertimento che la costituzione oltre il detto termine implica le decadenze di cui all’art. 167 c.p.c.. Il successivo art. 164 c.p.c., comma 1, sanziona con la nullità l’omissione di tale avvertimento.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, in virtù del richiamo contenuto nell’art. 342 c.p.c., (oltre che nell’art. 359 c.p.c.), le predette disposizioni sono applicabili anche nel giudizio di appello. Non vi è ragione di discostarsi da tale indirizzo, non potendosi sostenere, in contrario, che la ratio della sanzione di nullità per violazione delle prescrizioni di cui all’art. 163 c.p.c., n. 7, sarebbe da individuare nelle esigenze di tutela delle facoltà del convenuto di proporre domande riconvenzionali o di chiamare in causa un terzo, esercitabili solo in primo grado. Deve rilevarsi, infatti, che anche nel giudizio di appello la costituzione tardiva determina decadenze, individuabili in particolare nel diritto di proporre impugnazione incidentale e nella riproponibilità delle eccezioni disattese, oltre che delle questioni non accolte o ritenute assorbite nel primo giudizio. Anche nel giudizio di secondo grado, pertanto, l’avvertimento in questione, analogamente a quello della citazione in primo grado, si pone a garanzia della parte appellata;

con la conseguenza che la sua omissione è causa di nullità della citazione di appello alla quale, ai sensi dell’art. 164 c.p.c., comma 2, in mancanza di costituzione dell’appellato, deve porsi rimedio mediante l’ordine di rinnovazione da parte del giudice, con efficacia retroattiva della sanatoria (Cass. 20-2-2009 n. 4208; Cass. 17-1-2007 n. 970; nello stesso senso Cass. 16-10-2009 n. 22024; Cass. 1-7-2008 n. 17951; Cass. 24-1-2003 n. 1116; Cass. 13-5-2002 n. 6820).

Deve ulteriormente puntualizzarsi che, per poter ritenere adempiuto l’onere richiesto dall’art. 163 c.p.c., n. 7, l’attore, oltre ad indicare il giorno dell’udienza di comparizione, è tenuto a specificare, nel formale invito rivolto al convenuto, il termine al medesimo concesso dall’art. 166 c.p.c., per la rituale costituzione in cancelleria, e il cui superamento implicherebbe il verificarsi delle decadenze stabilite dall’art. 167 c.p.c., non potendosi ritenere a tal fine sufficiente il mero, generico rinvio ai termini di cui all’art. 166 c.p.c., (v. Cass. 22-7-2004 n. 13652). Anche tale disposizione risulta sicuramente applicabile nel giudizio di appello, in virtù del richiamo contenuto nel citato art. 342 c.p.c..

Ciò posto, si osserva che, nel caso in esame, l’atto di appello della Marmi Arata contiene l’invito alla società Caffè Principe ed alla ditta Micheloni a costituirsi “nei termini e nelle forme di legge”, con l’indicazione che in mancanza si sarebbe proceduto nella loro contumacia; ma tale invito, oltre a non specificare in concreto il termine (venti giorni) fissato dalla legge per la tempestiva costituzione in giudizio, risulta privo dell’avvertimento che, in caso di costituzione oltre il termine, gli appellati sarebbero incorsi nelle decadenze previste dalla legge.

La nullità della citazione in appello derivante dalle indicate omissioni non è stata sanata dalla costituzione degli appellati, rimasti contumaci ne giudizio di secondo grado; nè essa è stata rilevata dal giudice d’appello, il quale, ai sensi dell’art. 164 c.p.c., comma 2, avrebbe dovuto fissare all’appellante un termine perentorio per la rinnovazione dell’atto nullo.

Di conseguenza, l’impugnata sentenza deve essere cassata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Torino, la quale deciderà sulla base del principio secondo cui, se l’atto introduttivo del giudizio di appello non contiene l’avvertimento previsto dall’art. 163 c.p.c., comma 3, n. 7, il giudice, in mancanza di costituzione dell’appellato, dichiara la nullità di tale atto e ne ordina la rinnovazione.

Il giudice del rinvio provvedere anche sulle spese del presente grado di giudizio.

Il secondo motivo di ricorso incidentale, con il quale il M. si duole della compensazione delle spese, resta assorbito.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi, li accoglie, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Torino.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio il 21 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2011

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