Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2734 del 08/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 08/02/2010, (ud. 10/12/2009, dep. 08/02/2010), n.2734

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

LABORATORI GUIDOTTI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RUGGERO FAURO 43,

presso lo studio dell’avvocato PETRONIO UGO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MAZZOTTA ORONZO, giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

G.P.;

– intimato –

e sul ricorso n. 26418/2006 proposto da:

G.P., elettivamente domiciliato in ROMA Via L.G. FARAVELLI

22, presso lo studio dell’avvocato MARESCA ARTURO, che lo rappresenta

e difende unitamente agli avvocati BOCCIA FRANCO RAIMONDO, POSO

VINCENZO ANTONIO, giusta delega in calce al controricorso e ricorso

incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

LABORATORI GUIDOTTI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RUGGERO FAURO 43,

presso lo studio dell’avvocato PETRONIO UGO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MAZZOTTA ORONZO, giusta delega a

margine del ricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1526/2 005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 17/11/2005 R.G.N. 8/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

10/12/2009 dal Consigliere Dott. DI NUBILA Vincenzo;

udito l’Avvocato MAZZOTTA ORONZO;

Udito l’Avvocato BOCCIA FRANCO RAIMONDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione del ricorso principale, rigetto del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. G.P. adiva il Tribunale di Pisa per ottenere una declaratoria di annullamento del licenziamento collettivo intimatogli dalla spa Laboratori Guidotti in data 20.3.2001. Previa costituzione ed opposizione della societa’, il Tribunale respingeva la domanda attrice, rilevando che il G. non aveva contestato la procedura per la dichiarazione di mobilita’ e neppure l’individuazione dei criteri di scelta di cui alla L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 5; unica contestazione era quella secondo cui il “gruppo Menarini� non aveva assolto compiutamente l’impegno di ricollocare i lavoratori sospesi.

Il Tribunale rilevava che il G. non aveva regolarmente partecipato ai corsi di riqualificazione; che il suo recesso era stato posticipato per favorirlo nel ricollocamento lavorativo; che l’interessato aveva rifiutato l’offerta di entrare a far parte della cooperativa Alba Nuova quale facchino – pulitore (il G. era carrellista). Quanto ai presupposti per la messa in mobilita’, gli addetti al reparto produzione farmaceutica erano cinque e non quattro, dovendosi intendere come appartenente al reparto stesso il dipendente P., addetto all’attivita’ di portineria.

2. Proponeva appello l’attore. Si costituiva la societa’. La Corte di Appello di Firenze riformava la sentenza di primo grado, dichiarava illegittimo il licenziamento e disponeva la reintegrazione del lavoratore con il risarcimento del danno pari alle retribuzioni “medio tempore�. Questa in sintesi la motivazione della sentenza di appello:

– il motivo di appello inerente al mancato rispetto della procedura di cui alla L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 9 costituisce deduzione nuova ed inammissibile, come pure la questione in ordine all’impegno di ridurre l’impatto sociale ed all’impossibilita’ di ricollocazione all’interno dell’azienda, sia pure in reparti diversi;

– parimenti l’asserito svolgimento di lavoro straordinario non e’ stato confermato dalla prova testimoniale e non e’ stato possibile appurarne ne’ la misura effettiva ne’ i settori interessati;

– la decisione del Tribunale va invece riformata in punto di sussistenza del requisito numerico dei dipendenti da licenziare, L. n. 223 del 1991, ex art. 24, comma 1: si tratta del presupposto dei cinque licenziamenti nell’arco di 120 giorni in ciascuna unita’ produttiva o in piu’ unita’ produttive nell’ambito della stessa provincia (n.b. nessuna delle parti fara’ riferimento all’ambito provinciale nelle proprie difese, anche in Cassazione);

– la Corte accerta che nell’ambito del reparto da sopprimere le persone occupate erano quattro e non cinque, perche’ il P. era stato trasferito alla portineria per motivi di salute ed era stato ritrasferito in produzione farmaceutica pochi mesi prima della entrata in Cassa integrazione straordinaria;

– il rispetto del limite numerico non puo’ essere recuperato tenendo conto dei lavoratori interessati alla mobilita’, che erano in numero di 22, per finire a cinque rimasti in esubero.

3. Ha proposto ricorso per Cassazione la spa Laboratori Guidotti, deducendo cinque motivi. Resiste con controricorso l’attore G. P., il quale propone ricorso incidentale affidato a tre motivi.

La Guidotti propone controricorso al ricorso incidentale. Le parti hanno presentato memorie integrative.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Il ricorso principale ed il ricorso incidentale, essendo stati proposti contro la medesima sentenza, vanno riuniti.

5. Con il primo motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 41 Cost., art. 112 c.p.c., art. 2697 c.c., L. n. 223 del 1991, artt. 4, 5 e 24 nonche’ omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in fatto circa un punto decisivo della controversia, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5: dopo avere correttamente affermato che la contestazione contenuta nel ricorso introduttivo non riguarda la correttezza della procedura di mobilita’, e quindi non esiste un obbligo di riassunzione del G., anche in relazione all’impossibilita’ di utile ricollocazione, inopinatamente i giudici di appello affermano che la procedura stessa e’ illegittima per difetto dei requisiti numerici di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 24.

6. Il motivo e’ infondato. La Corte di Appello evidenzia correttamente che col ricorso introduttivo il G. non ha contestato la correttezza della procedura (di Cassa integrazione dapprima, di messa in mobilita’ successivamente) ma soltanto il mancato adempimento da parte della spa Guidotti dell’obbligo di ricollocarlo al lavoro. Quando, pero’, la Corte di Appello si pone il problema della sussistenza di un presupposto legale per la procedura di mobilita’ e di licenziamento collettivo, rileva (se a torto o a ragione si vedra’ infra) che nell’ambito dell’unita’ produttiva (rectius del reparto che evidentemente considera unita’ produttiva) i licenziamenti preventivati erano quattro e non cinque, perche’ un dipendente – P. – era stato artificiosamente inserito nell’organico, pur appartenendo egli alla portineria e quindi ai servizi generali. Muovendo dal presupposto dell’applicabilita’ dell’art. 24 cit., la Corte non puo’ far altro che trame le conseguenze legali e quindi ordinare quella reintegrazione che in linea generale non poteva essere accordata, sulla base della correttezza della procedura e dell’impegno alla ricollocazione.

7. Con il secondo motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 223 del 1991, artt. 4, 5 e 24 nonche’ ulteriore vizio di motivazione, perche’ la Guidotti ha attivato una procedura di Cassa Integrazione Straordinaria, seguita da una messa in mobilita’ e quindi, senza soluzione di continuita’, una procedura di licenziamento collettivo.

Orbene, l’art. 24 della legge citata non richiama l’art. 4, comma 1 e quindi non si applica ai licenziamenti preceduti dalla mobilita’.

Cade quindi la ratio decidendi posta a base della sentenza di appello.

8. Il motivo e’ fondato e va accolto. La L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 1 dispone: “L’IMPRESA CHE SIA STATA AMMESSA AL TRATTAMENTO STRAORDINARIO DI INTEGRAZIONE SALARIALE, QUALORA NEL CORSO DI ATTUAZIONE DEL PROGRAMMA DI CUI ALL’ART. 1 RITENGA DI NON ESSERE IN GRADO DI GARANTIRE IL REIMPIEGO A TUTTI I LAVORATORI SOSPESI E DI NON POTER RICORRERE A MISURE ALTERNATIVE, HA FACOLTA’ DI AVVIARE LE PROCEDURE DI MOBILITA’ AI SENSI DEL PRESENTE ARTICOLO. L’art. 5 detta i criteri per la scelta dei lavoratori da collocare in mobilita’, criteri che la Corte di Appello ritiene non contestati e non contestabili. L’art. 24, occupandosi di riduzione del personale, preveder LE DISPOSIZIONI DI CUI ALL’ART. 4, COMMI DA 2 A 12, E ALL’ART. 5, COMMI DA 1 A 5, SI APPLICANO ALLE IMPRESE CHE OCCUPINO PIU’ DI QUINDICI DIPENDENTI E CHE, IN CONSEGUENZA DI UNA RIDUZIONE O TRASFORMAZIONE DI ATTIVITA’ O DI LAVORO, INTENDANO EFFETTUARE ALMENO CINQUE LICENZIAMENTI, NELL’ARCO DI CENTOVENTI GIORNI, IN CIASCUNA UNITA’ PRODUTTIVA, O IN PIU’ UNITA’ PRODUTTIVE NELL’AMBITO DEL TERRITORIO DI UNA STESSA PROVINCIA. TALI DISPOSIZIONI SI APPLICANO PER TUTTI I LICENZIAMENTI CHE,NELLO STESSO ARCO DI TEMPO E NELLO STESSO AMBITO, SIANO COMUNQUE RICONDUCIBILI ALLA MEDESIMA RIDUZIONE O TRASFORMAZIONE�.

9. Appare evidente che l’art. 24, il quale detta i presupposti numerici richiamati dalla Corte di Appello, non richiama l’art. 4, comma 1, per cui l’impresa la quale abbia fatto ricorso alla CIGS e non sia in grado di riammettere al lavoro tutti i dipendenti sospesi, puo’ procedere alla messa in mobilita’ del personale esuberante senza essere vincolata al requisito numerico (cinque licenziamenti in 120 giorni per ciascuna unita’ produttiva), talche’ una procedura di CIGS seguita dalla mobilita’ ben puo’ concludersi con la riassunzione di tutti i dipendenti sospesi tranne cinque, la ricollocazione di quattro e il licenziamento di un dipendente su cinque.

La norma di cui all’art. 24 attiene a quelle imprese le quali, senza una preventiva procedura di CIGS e/o di mobilita’, addivengano alla decisione di ridurre il personale. Sulla scorta della sentenza di questa Corte di Cassazione n. 17384.2003, va osservato che il legislatore – come e’ stato riconosciuto dalla maggioranza della dottrina se pure con accenti problematici – ha inteso disciplinare in modo sicuramente diverso l’ipotesi di “licenziamento collettivo per riduzione di personale ex art. 24” rispetto a quella di “licenziamento collettivo post mobilita’ ex art. 4” richiamando espressamente all’art. 24 “le disposizioni di cui all’art. 4, commi da 2 a 12 e all’art. 15 bis, e all’art. 5 commi da 1 a 5” e, quindi, NON richiamando l’art. 4, comma 1 – unico comma che si riporta al precedente art. 1 con l’individuazione del requisito dimensionale previsto, pertanto, esclusivamente per l’ipotesi di “licenziamento ex art. 4” e non per quella di “licenziamento ex art. 24”.

Si tratta, di conseguenza, di applicazione di una norma da interpretarsi nel suo effettivo contesto “letterale” e “sostanziale”:per cui nella specie, non manca una norma di legge atta a regolare direttamente la materia e non deve ricercarsi un “quid commune” per integrare una lacuna dell’ordinamento, in quanto nella legge da interpretare e da applicare vi e’ “tutta” la disciplina normativa idonea ad una corretta attivita’, prima, dell’interprete e, poi, del giudice (id est: “la normativa in materia di riduzione del personale”); E’ da confermare, inoltre, l’impossibilita’ di fare ricorso nella specie all’applicazione analogica poiche’ la regolamentazione del tipo di “licenziamento ex art. 24” e’ – come si e’ constatato – “autosufficiente” in relazione alla disciplina generale sui licenziamenti e rispetto a tale esaustiva regolamentazione la disciplina sancita per il tipo di “licenziamento art. 4, ex comma 1” rappresenta con tutta evidenza una normativa “eccezionale” prevista esclusivamente per tale tipo di recesso e, dato (appunto) il carattere eccezionale della stessa, non estensibile in via analogica (in linea generale, su tale punto, cfr. Cass. n. 12592/1999: nel senso che, per i licenziamenti ex art. 24, si deve procedere, non a forme di interpretazione analogica, bensi’ all’utilizzazione di criteri analoghi a quelli adottati per l’interpretazione della L. n. 300 del 1970, art. 18). In definitiva, il criterio previsto dalla L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 1 non puo’ trovare applicazione analogica ai licenziamenti per riduzione di personale ex art. 24 cit. e viceversa i limiti dettati dall’art. 24 non possono essere estesi al licenziamento in esito a CIGS e messa in mobilita’.

10. Con il terzo motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 1344, 2103, 2697 c.c., dell’art. 112 c.p.c., della L. n. 223 del 1991, artt. 4, 5 e 24 nonche’ motivazione contraddittoria, sotto il profilo che non era mai stata contestata l’esistenza di cinque dipendenti nel reparto produzione farmaceutica poco prima dell’apertura della procedura di mobilita’. Inoltre i giudici fiorentini usano l’espressione “reparto� come sinonimo di “unita’ produttiva�, senza alcuna ulteriore indagine in ordine alla collocazione in organico del P..

11. Il motivo e’ fondato per quanto attiene alla equiparazione, non motivata, tra reparto produttivo e unita’ produttiva, ma comunque rimane assorbito dall’accoglimento del secondo motivo.

12. Il quarto motivo del ricorso per Cassazione prospetta ulteriore violazione dell’art. 2697 c.c., degli artt. 112, 114, 414, 416, 437 c.p.c., degli artt. citati della L. n. 223 del 1991 e vizio di motivazione, per avere la Corte di Appello illegittimamente ripetuto una prova per testi compiutamente espletata in primo grado.

13. Il motivo e’ infondato, alla luce del principio della discrezionalita’ della prova acquisibile di ufficio, nella prospettiva del conseguimento della verita’ fattuale; esso comunque rimane assorbito dall’accoglimento del secondo motivo.

15 Il quinto motivo del ricorso prospetta violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 1324 e 1424 c.c., della L. n. 604 del 1966, art. 3, della L. n. 300 del 1970, art. 18 degli artt. citati della L. n. 223 del 1991 e carenza di motivazione, sul punto inerente alla carenza di sanzione ed alla possibilita’ di apprezzamento del licenziamento in questione come licenziamento individuale oggettivamente giustificato dalla soppressione del reparto produttivo e all’impossibilita’ di repechage.

16. Il motivo e’ assorbito dall’accoglimento del secondo motivo.

17. Con il primo motivo del ricorso incidentale, G.P. deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 1175, 2118, 2697 c.c., degli artt. 414, 416, 421, 437 c.p.c., della L. n. 223 del 1991, artt. 4, 5 e 24 della L. n. 604 del 1966, art. 4, della L. n. 300 del 1970, art. 4 nonche’ omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in fatto circa un punto decisivo della controversia, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5: la sentenza della Corte di Appello e’ errata nella parte in cui ha ritenuto domanda nuova quella intesa alla declaratoria di illegittimita’ della procedura di mobilita’ e di individuazione dei criteri di scelta. Se pure nel ricorso l’attore ha impugnato “genericamente� il licenziamento per le suddette violazioni, sussiste l’onere per la societa’ convenuta di provare la legittimita’ della procedura seguita, con particolare riguardo ai criteri di scelta.

18. Il motivo e’ infondato. La statuizioni della Corte di Appello circa la novita’ della questione e la sua inammissibilita’ non sono soggette a censura, sia perche’ esse si risolvono in una interpretazione dell’atto introduttivo, che e’ una questione di fatto, sia perche’ effettivamente, come accertato in primo grado e ribadito dalla sentenza di appello, la specifica contestazione circa la regolarita’ delle procedure e’ stata mossa tardivamente, posto che in primo grado veniva fatta questione unicamente di violazione del dovere del datore di lavoro di assicurare una idonea ricollocazione al lavoratore interessato.

19. Il secondo motivo del ricorso incidentale prospetta nuovamente analoga questione sotto il profilo della violazione degli art. 1362 c.c. e segg., nonche’ delle norme piu’ volte richiamate della L. n. 223 del 1991, per avere il datore di lavoro violato l’impegno di collocare utilmente il lavoratore nella societa’ o in societa’ collegate. In definitiva, dopo una Cassa Integrazione la quale ha riguardato un numero consistente di lavoratori ed una mobilita’ attinente a cinque dipendenti, solo al G. non e’ stata offerta una collocazione come carrellista in una societa’ del gruppo.

20 Il motivo e’ infondato. Esso si risolve in una diversa ricostruzione del “fatto� come ineccepibilmente condotta dai giudici di merito ed adeguatamente motivata in appello, sede nella quale la reintegrazione dell’attore e’ stata decisa unicamente sulla scorta della ridetta L. n. 223 del 1991, art. 24 superando le premesse in fatto ed accertato che la societa’ aveva comunque offerto una ricollocazione nella cooperativa Alba Nuova.

21. Con il terzo motivo del ricorso incidentale, viene dedotta ulteriore violazione degli artt. 2103 e 2697 c.c., degli artt. 421 e 437 c.p.c., della L. n. 604 del 1966, artt. 18 e della L. n. 223 del 1991, nonche’ carenza di motivazione, circa la prova del repechage, che non e’ stata fornita e sulla quale il giudice di merito poteva disporre mezzi istruttori anche di ufficio.

22. Il motivo e’ infondato. Valgono le considerazioni svolte a proposito dei motivi che precedono. Dalla sentenza di primo grado, non riformata sul punto in appello, emerge la prova dell’impossibilita’ di adibire il lavoratore alle proprie o a diverse mansioni nell’ambito della societa’.

23. Per i suesposti motivi, la sentenza impugnata deve essere cassata. Poiche’ la cassazione avviene per violazione di legge e non risultano necessari ulteriori accertamenti, la causa, puo’ essere decisa nel merito con la conferma delle statuizioni della sentenza di primo grado, anche per le spese. Giusti motivi, in relazione alla complessita’ in fatto della controversia ed alla iniziale opinabilita’ delle questioni trattate (tra le quali in particolare il problema dell’autonomia tra licenziamento collettivo e licenziamento a seguito di mobilita’) consigliano la compensazione delle spese dei processi di appello e di cassazione.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Riunisce i ricorsi.; accoglie il secondo motivo del ricorso principale; rigetta gli altri motivi del ricorso principale ed il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, conferma le statuizioni della sentenza di primo grado anche per le spese. Compensa tra le parti le spese del processo di appello e di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2010

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