Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27339 del 29/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 29/12/2016, (ud. 11/10/2016, dep.29/12/2016),  n. 27339

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24493-2015 proposto da:

P.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE BARILE

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANGELO EMO

106, presso lo studio dell’avvocato CIRO CASTALDO, rappresentato e

difeso dall’avvocato PASQUALE LA PESA giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 352/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI

dell’11/03/2015, depositata il 16/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’11/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. OLIVIERI STEFANO;

udito l’Avvocato Giuseppe Barile difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti ed insiste per l’accoglimento del ricorso.

Il consigliere relatore, nominato a norma dell’art. 377 c.p.c., ha

depositato la relazione di cui all’art. 380 bis c.p.c., di seguito

trascritta, proponendo l’accoglimento del ricorso, quanto al primo

motivo, per manifesta fondatezza, dichiarato assorbito l’esame del

secondo motivo avente ad oggetto la domanda subordinata.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

La Corte d’appello di Bari, con sentenza 16.3.2015 n. 352, confermando la decisione di prime cure, ha rigettato l’appello proposto da P.V., volto alla dichiarazione di nullità la L. n. 431 del 1998, ex art. 13, comma 1, del contratto di locazione di immobile ad uso abitativo, non registrato, stipulato in data 1.6.1999 contemporaneamente ad altro analogo contratto, registrato, che prevedeva un canone inferiore dichiarato dalle parti ai soli fini fiscali, nonchè la condanna del locatore A.A. alla restituzione dei maggiori canoni versati fino al gennaio 2007. I Giudici di appello aderendo ai precedenti di questa Corte n. 16089/2003 e n. 8148/2009, hanno rilevato che la norma che comminava la nullità non introduceva un ulteriore requisito di validità del negozio giuridico, ma interveniva a sanzionare i soli patti aggiunti, successivi alla stipula dell’unico contratto (nella specie da individuare nel contratto dissimulato), in quanto volta a garantire la invariabilità in corso di rapporto dell’onere economico, originariamente convenuto, gravante sul conduttore. Hanno inoltre confermato la inammissibilità della domanda subordinata di condanna alle restituzioni dei maggiori canoni corrisposti nel periodo 2005-2007, in quanto da ritenersi “nuova” essendo fondata su una diversa fattispecie, avente titolo nella L. n. 311 del 2004, art. 1 comma 346, determinando una “mutatio libelli” non consentita.

P.V. ha impugnato per cassazione la sentenza in relazione ad entrambe le statuizioni deducendo il vizio di violazione della L. n. 431 del 1998, art. 13 e dell’art. 1414 c.c. (primo motivo), nonchè il vizio di violazione delle medesime ed anche della L. n. 311 del 2004, art. 1 comma 346.

– Resiste con controricorso A.A. eccependo la inammissibilità ed instando per il rigetto del ricorso si osserva quanto segue:

Il primo motivo, che fonda la critica -mossa con la censura di “error juris” alla statuizione del Giudice di appello di inapplicabilità alla fattispecie della L. n. 431 del 1998, art. 13, comma 1, interamente sulla opposta interpretazione della norma fornita dalla -sopravvenuta – sentenza a SS.UU. di questa Corte in data 17.9.2015 n. 18213, e risponde perciò al requisito di ammissibilità ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve ritenersi fondato.

Il revirement operato dalle SS.UU. rispetto alla precedente giurisprudenza a sezioni semplici della Corte, richiamata peraltro nella sentenza impugnata, fonda infatti la interpretazione della norma che sanziona la nullità di “ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato” all’interno del contesto negoziale voluto dalle parti, superando quindi le perplessità manifestate in precedenza e prospettate anche nella sentenza di appello in ordine alla introduzione “ab externo”, da parte del Legislatore, di un nuovo requisito di validità del negozio estraneo allo schema codicistico del perfezionamento dell’accordo di diritto privato, e collocando invece la previsione normativa come divieto di ordine pubblico volto a limitare l’autonomia dei privati nell’adozione del meccanismo simulatorio: al proposito precisano, infatti, le SS.UU. che, aderendo alla costruzione dogmatica, in tema di simulazione relativa, che nega la presenza di due distinti contratti (negozio reale cd. dissimulato, autonomo e distinto rispetto a quello apparente e simulato), riconoscendo invece alla “controdichiarazione”, quanto alla natura di atto dichiarativo, la funzione di mero elemento interpretativo della volontà espressa dalle parti nell’unico negozio che hanno effettivamente voluto, e, quanto invece al profilo formale di documento separato da quello contrattuale, la funzione di assolvere alle esigenze di natura probatoria derivanti dalla peculiare tipologia negoziale scelta dalle parti (accordo dissimulato), hanno chiaramente precisato come “non la mancata registrazione dell’atto recante il prezzo reale (attesane la funzione già in precedenza specificata di controdichiarazione), ma la illegittima sostituzione di un prezzo con un altro, espressamente sanzionata di nullità, è colpita dalla previsione legislativa, secondo un meccanismo del tutto speculare a quello previsto per la inserzione automatica di clausole in sostituzione di quelle nulle: nel caso di specie l’effetto diacronico della sostituzione è impedito dalla disposizione normativa, sì che sarà proprio la clausola successivamente inserita in via interpretativa attraverso la controdichiarazione ad essere affetta da nullità ex lege con conseguente, perdurante validità di quella sostituenda (il canone apparente) e dell’intero contratto” (cfr. Corte Cass. SSUU n. 18213/2015, in motivazione, paragr. 9.5.4.). Irrilevante, pertanto, deve ritenersi la forma che assume la controdichiarazione che viene a svolgere la medesima funzione interpretativa della effettiva volontà negoziale anche se contenuta in un distinto atto integralmente riproduttivo del testo di altro contratto, distinguendosi i due documenti esclusivamente per la indicazione dell’importo del canone.

La Corte, riunita in camera di consiglio, ha condiviso i motivi di diritto esposti nella relazione, non inficiati dal contenuto della memoria presentata, e la soluzione proposta.

In conclusione il ricorso deve essere accolto, quanto al primo motivo, assorbito il secondo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, per nuovo esame e liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte:

accoglie il ricorso, quanto al primo motivo, dichiara assorbito il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, che provvederà a nuovo esame ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2016

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