Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27331 del 29/12/2016


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Cassazione civile, sez. trib., 29/12/2016, (ud. 16/12/2016, dep.29/12/2016),  n. 27331

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BOTTA Raffaele – rel. Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Presidenza del Consiglio dei Ministri – Tribunale Amministrativo

Regionale per la Lombardia di Milano, in persona del Presidente del

Consiglio legale rappresentante pro tempore, e Ministero

dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e difende per

legge;

– ricorrente –

contro

Centro 24 ORE s.c.s., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Mazzini 27,

presso l’avv. Giovan Candido Di Gioia, che, unitamente all’avv.

Prof. Luca Verrienti, lo rappresenta e difende giusta delega in

calce al controricorso;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia (Milano), Sez. 31, n. 35/31/10 del 4 marzo 2010,

depositata 1’11 marzo 2010, non notificata;

Udita la relazione svolta nella Pubblica Udienza del 16 dicembre 2016

dal Presidente e Relatore Dott. Raffaele Botta;

Udito l’avv. Alessia Urbani Neri per l’Avvocatura dello Stato;

Udito il P.M., nella persona del sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La controversia concerne l’impugnazione della richiesta, formulata dall’Ufficio competente del TAR Lombardia, di pagamento del contributo unificato dovuto dalla società Centro 24 Ore per il ricorso proposto per l’annullamento della Delib. Giunta Comunale Milano 7 novembre 2007, avente ad oggetto “Indirizzi e modalità attuative per affidamento della gestione del servizio di teleassistenza e di Contact Center dei Servizi sociali in favore dei cittadini milanesi anziani e in situazione di fragilità per il periodo 1 novembre 2007 – 30 settembre 2009”.

Il contributo non era stato originariamente corrisposto dalla società ricorrente sul presupposto, dichiarato in calce al ricorso, che lo stesso non fosse dovuto in ragione di una pretesa esenzione, quale ONLUS, che sarebbe prevista dal combinato disposto del D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 17, D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10 e art. 27-bis della Tabella Allegato B al D.P.R. n. 642 del 1972.

Tuttavia il predetto contributo veniva successivamente richiesto dai competenti uffici con avviso di regolarizzazione in base all’accertamento che il ricorso in questione aveva ad oggetto un atto di esclusione della società ricorrente da una gara ad evidenza pubblica ed era, pertanto, da ricondurre alle ipotesi previste dalla L. n. 1034 del 1971, art. 23-bis, per le quali la L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 1307, innovando il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 6-bis, stabilisce sia dovuto un contributo unificato pari ad Euro 2.000,00.

La Commissione adita accoglieva il ricorso della società ritenendo che le ipotesi di esenzione previste 27-bis della Tabella Allegato B al D.P.R. n. 642 del 1972, non si limitassero al solo ambito stragiudiziale, ma coinvolgessero anche la materia dei ricorsi agli organi giurisdizionali. La decisione era confermata in appello, con la sentenza in epigrafe, che dichiarava anche, su richiesta dello stesso Ministero, il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione con unico motivo la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Tar per la Lombardia e il Ministero dell’Economia e delle Finanze. La società Centro 24 Ore resiste con controricorso, illustrato anche con memoria, nella quale insiste sulle difese articolate nel controricorso, dedicando particolare spazio alla critica di un orientamento già assunto da questa Corte nella materia specifica oggetto del ricorso e sollevando eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 27-bis, Allegato B Tariffa al D.P.R. n. 642 del 1972, nella parte in cui non specifica che gli atti esenti dal bollo sono anche gli atti processuali e/o giudiziari delle ONLUS, nonchè del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, nella parte in cui non prevede e non estende l’esenzione dal contributo unificato agli atti processuali e/o giurisdizionali e/o giudiziari delle ONLUS. Come parametro del giudizio di costituzionale la parte controricorrente indica gli artt. 2, 3, 24, 45, 53, 97 e 113 Cost., con la richiesta che in ogni caso sia stabilito che nella nozione di “atti” esenti dall’imposta di bollo di cui all’art. 27-bis, Allegato B Tariffa al D.P.R. n. 642 del 1972, debbano intendersi “inclusi anche gli atti processuali e/o giurisdizionali e/o giudiziari delle ONLUS, con ogni pronuncia riflessa sul D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, tale da ricomprendere anche gli atti processuali e/o giurisdizionali e/o giudiziari delle ONLUS”.

Diritto

MOTIVAZIONE

1. Preliminarmente è necessario valutare le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dalla parte controricorrente:

a) sotto il profilo del difetto di legittimazione attiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze;

b) per difetto di rituale instaurazione del processo in relazione all’impugnazione proposta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia di Milano, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri;

in entrambi i casi, rilevabili anche d’ufficio.

2. La prima di tali eccezioni trova sostanza nella dichiarazione, ad opera della sentenza impugnata, del difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze pronunciata su istanza del medesimo Ministero, che nel giudizio di merito aveva reclamato la propria estraneità alla vicenda in quanto nè l’ente impositore, nè l’ufficio impositore (nel caso il TAR) facevano parte della propria struttura organizzativa.

2.1. L’eccezione è fondata. Le Sezioni Unite di questa Corte – con una posizione risalente, ma sempre successivamente confermata – hanno evidenziato che “la qualità di parte e di legittimo contraddittore e, quindi, di soggetto legittimato all’impugnazione si determina, nei gradi e nelle fasi ulteriori del giudizio, esclusivamente per relationem con la qualità di parte assunta formalmente nei gradi e nelle fasi anteriori” (Cass. S.U. n. 1382 del 1973): sicchè “l’impugnazione proposta da un soggetto la cui qualità di parte è stata esclusa nel precedente grado di giudizio è inammissibile, se non vi sono (come nel caso non vi sono) motivi di censura sul punto” (Cass. n. 1752 del 1997; Cass. n. 6562 del 1998).

3. La seconda di tali eccezioni troverebbe sostanza, ad avviso della parte controricorrente, nelle stesse ragioni sottese alla precedente deduzione di inammissibilità, nel fatto cioè che l’impugnazione sarebbe proposta da un soggetto che non è stato parte del giudizio nelle precedente fasi di merito, nelle quali la qualità di parte è stata assunta del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia.

3.1. L’eccezione non è fondata. Se per quanto riguarda le fasi di merito la legittimazione del TAR Lombardia potrebbe trovare giustificazione nella disciplina dettata dal D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 10 e 11, in qualità di ufficio impositore a livello periferico, per il giudizio di cassazione la legittimazione della Presidenza del Consiglio dei ministri – che peraltro non interviene come soggetto terzo (estraneo alla fattispecie) ma in rappresentanza del TAR Lombardia (secondo la stessa epigrafe del ricorso) – trova giustificazione appunto nella rappresentanza a livello centrale dell’ufficio impositore, anche alla luce del combinato disposto di cui alla L. n. 186 del 1982, art. 31, comma 2 (“Il presidente del Consiglio di Stato esercita la vigilanza su tutti gli uffici e su tutti i magistrati”) e alla L. n. 400 del 1988, art. 19, comma 1 (“Il Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri assicura il supporto all’espletamento dei compiti del Presidente del Consiglio dei ministri, curando, qualora non siano state affidate alle responsabilità di un ministro senza portafoglio o delegate al sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, le seguenti funzioni: r) svolgere le attività di competenza della Presidenza del Consiglio dei ministri inerenti alla gestione amministrativa del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali, della Corte dei conti, dell’Avvocatura dello Stato, nonchè degli altri organi ed enti che alla Presidenza del Consiglio dei ministri fanno capo”).

4. Con l’unico motivo di ricorso, la parte ricorrente denuncia violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, in combinato disposto con l’art. 27-bis Tabella Allegato B alla Tariffa del Bollo, facendo rilevare che nessuna disposizione del Testo Unico sulle spese di giustizia contempla esenzioni di carattere soggettivo a favore delle ONLUS ed evidenziando che il citato art. 27-bis non è univoco nel senso di far ritener che gli atti ivi menzionati siano necessariamente quelli di natura giurisdizionale.

4.1. Il motivo è fondato sulla base dell’orientamento già espresso da questa Corte – e al quale il collegio intende dare continuità – secondo cui: “Il termine “atti” di cui all’art. 27-bis della tabella B allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, il quale prevede specifiche esenzioni dall’imposta di bollo in favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) ed ha riguardo ad “atti, documenti, istanze, contratti”, deve essere interpretato riduttivamente, con riferimento cioè ai soli atti amministrativi e non anche a quelli processuali (nella specie, ricorsi presentati al TAR)” (Cass. n. 21522 del 2013).

4.2. Questo orientamento si muove nel quadro della costantemente affermata necessità di far ricorso ad una interpretazione restrittiva, con esclusione del ricorso all’analogia, nelle fattispecie relative al riconoscimento di agevolazioni tributarie, come ad esempio si è espressa la Corte in altra situazione relativa sempre alle ONLUS: “In materia di ONLUS, il D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 10, comma 5, deve essere interpretato restrittivamente, trattandosi di previsione relativa ad agevolazioni tributarie, sicchè le “attività direttamente connesse a quelle istituzionali”, a cui fa riferimento, vanno identificate con le sole attività oggettivamente e strumentalmente funzionali al migliore e più efficace espletamento di quelle istituzionali, con il cui fine solidaristico può essere compatibile la previsione di un corrispettivo, purchè non emerga, in tal modo, il perseguimento di un fine di lucro attraverso la distribuzione degli utili” (Cass. n. 18396 del 2015).

5. Sotto altro aspetto, premesso che la fattispecie in esame fa riferimento ad un provvedimento di esclusione della ONLUS da una gara ad evidenza pubblica (appalto di servizi), deve rilevarsi che l’obbligo di versamento del contributo unificato non confligge con le norme costituzionali e con le direttive dell’Unione europea.

6. In narrativa è già stata riportata l’eccezione di illegittimità costituzionale sollevata dalla parte controricorrente relativamente all’art. 27-bis, Allegato B Tariffa al D.P.R. n. 642 del 1972, nella parte in cui non specifica che gli atti esenti dal bollo sono anche gli atti processuali e/o giudiziari delle ONLUS, nonchè al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, nella parte in cui non prevede e non estende l’esenzione dal contributo unificato agli atti processuali e/o giurisdizionali e/o giudiziari delle ONLUS.

6.1. La parte controricorrente afferma di non trovare alcun limite in proposito nell’ordinanza n. 91 del 2015, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile una pressochè analoga questione di costituzionalità sollevata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in riferimento alla L. 11 agosto 1991, n. 266, art. 8 (Legge-quadro sul volontariato), e all’art. 27-bis dell’Allegato B al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 (Disciplina dell’imposta di bollo), nella parte in cui non prevedono, nell’ambito delle esenzioni dall’imposta di bollo, gli atti di natura giudiziale e processuale delle organizzazioni di volontariato: il giudice delle leggi ha ritenuto che le disposizioni sottoposte a scrutinio contenessero una norma inconferente rispetto all’oggetto delle censure del giudice a quo.

6.2. Nello spiegare le ragioni della propria decisione la Corte costituzionale ha evidenziato:

– che, nella prospettazione del giudice rimettente, la violazione de-

gli evocati parametri costituzionali viene fatta derivare dalla sot-toposizione degli atti processuali delle Onlus al pagamento del contributo unificato, di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 9 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A);

– che pertanto, secondo la prospettazione dello stesso giudice a quo, la violazione denunciata non discenderebbe dall’applicazione delle disposizioni censurate – relative alle esenzioni dall’imposta di bollo – bensì dalle disposizioni che prevedono le esenzioni dal contributo unificato (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10), le quali tuttavia non hanno formato oggetto di censura;

– che, d’altra parte, l’intervento additivo richiesto alla Corte, volto a ricomprendere tra le esenzioni dal contributo unificato anche gli atti processuali delle Onlus, non viene riferito al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10 – il quale enumera più cause di esenzione dal contributo, ulteriori rispetto a quelle previste dal D.P.R. n. 642 del 1972 – bensì alle disposizioni che prevedono l’esenzione dall’imposta di bollo e di registro;

di qui l’inammissibilità della questione di illegittimità costituzionale.

7. Ma anche spostando l’ottica sul D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, come la parte contribuente tenta di fare, non per questo solo può giudicarsi accoglibile l’eccezione sollevata, che deve essere ritenuta manifestamente infondata.

7.1. Intanto, la parte controricorrente sviluppa una argomentazione che non allontana l’eccezione dall’area dell’imposta di bollo, in quanto sostiene che il contributo unificato altro non sarebbe che l’imposta di bollo, dapprima necessaria nel processo, in altre forme.

7.2. Si tratta di una prospettiva esegetica che non coglie la “realtà” del contributo unificato. Quest’ultimo nasce da un’esigenza di semplificazione volta ad istituire una “entrata tributaria erariale” diretta a sostituire non solo tributi erariali gravanti anch’essi su procedimenti giurisdizionali, quali l’imposta di bollo e la tassa di iscrizione a ruolo, ma anche i diritti di cancelleria e di chiamata di causa dell’ufficiale giudiziario, ed è espressamente configurata come prelievo coattivo volto al finanziamento delle “spese degli atti giudiziari” (v. Corte cost. n. 73 del 2005; Cass. S.U. n. 9840 del 2011). Situazione che già di per sè esclude quella sostanziale sinonimia tra contributo unificato ed imposta di bollo alla quale sembra pensare la parte controricorrente.

8. Ma vi è altro ancora di cui tener conto. Invero la previsione del contributo non comporta “alcuna discriminazione ai danni dei soggetti che decidano di far valere le proprie ragioni tramite l’associazione di categoria, in quanto essi non verrebbero a essere gravati di maggiori oneri economici” (Corte Cost. n. 91 del 2015 in narrativa) ed in quanto “tale contributo è imposto indistintamente, quanto alla sua forma e al suo importo, nei confronti di tutti gli amministrati che intendano proporre ricorso avverso una decisione adottata dalle amministrazioni aggiudicatrici”: il sistema “non crea una discriminazione tra gli operatori che esercitano nel medesimo settore di attività” (Corte di giustizia, 6 ottobre 2015 in causa C-61/14, punto 62-63).

9. Deve essere inoltre considerato che la ratio delle esenzioni previste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, è orientata ad “un criterio di meritevolezza, in funzione di finalità di solidarietà sociale, connesse alla protezione di diritti strettamente personali” e che, d’altra parte, una eventuale esenzione dal contributo unificato, in ragione della sola qualità del soggetto che agisce in giudizio, risulterebbe “distonica rispetto alla tecnica utilizzata dal legislatore nella previsione delle ipotesi di esenzione, la quale procede attraverso l’individuazione dell’oggetto dei giudizi nei quali gli atti sono posti in essere, in base al criterio della particolare meritevolezza delle situazioni soggettive” (Corte Cost. n. 91 del 2015 in narrativa).

10. Nè si può pensare che possa essere irrilevante il fatto che “sebbene la parte ricorrente abbia l’obbligo di anticipare il contributo unificato all’atto di proposizione del proprio ricorso giurisdizionale avverso una decisione in materia di appalti pubblici, la parte soccombente è tenuta, in linea di principio, a rimborsare i tributi giudiziari anticipati dalla parte che risulta vincitrice” (Corte di giustizia, 6 ottobre 2015 in causa C61/14, punto 65): e ciò vale come regola generale riferita a qualsiasi controversia.

10.1. Anzi in proposito questa Corte ha stabilito che: “Il contributo unificato atti giudiziari costituisce un’obbligazione ex lege gravante sulla parte soccombente per effetto della condanna alle spese, sicchè, anche in caso di mancata menzione da parte del giudice, la relativa statuizione include, implicitamente, l’imposizione della restituzione alla parte vittoriosa di quanto versato, senza che si renda necessaria alcuna correzione, per errore materiale, del provvedimento giudiziale, restando il pagamento verificabile, anche in sede esecutiva, con la corrispondente ricevuta” (Cass. n. 18828 del 2015).

11. Infine il contributo in questione non contrasta, sotto il profilo del diritto europeo, con il “principio di equivalenza”, in quanto tale principio non reclama che sussista “l’equivalenza delle norme processuali nazionali applicabili a contenziosi di diversa natura, quali il contenzioso civile, da un lato, e quello amministrativo, dall’altro, o a contenziosi che ricadono in due differenti settori del diritto”, bensì “implica un pari trattamento dei ricorsi fondati su una violazione del diritto nazionale e di quelli, simili, fondati su una violazione del diritto dell’Unione” (Corte di giustizia, 6 ottobre 2015 in causa C-61/14, punto 67). Sicchè, secondo l’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia: “L’art. 1 della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative alla applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, nonchè i principi di equivalenza e di effettività devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che impone il versamento di tributi giudiziari, come il contributo unificato oggetto del procedimento principale, all’atto di proposizione di un ricorso in materia di appalti pubblici dinanzi ai giudici amministrativi” (Corte di giustizia, 6 ottobre 2015 in causa C-61/14, principio n. 1).

12. Il ricorso, pertanto, deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata: ricorrendone le condizioni, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso originario della società contribuente.

13. La particolarità della controversia e dei soggetti coinvolti, l’andamento nella causa nelle fasi di merito e l’attuale assenza di orientamenti giurisprudenziali consolidati giustificano la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della società contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2016

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