Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27331 del 05/12/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 27331 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: MACIOCE LUIGI

Cdc 22.10.2013

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 660 del R.G. anno 2013

proposto
JEDDI Sami domiciliato in ROMA,

da:
via P.Leonardi Cattolica presso

l’avv. Alessandro Ferrara con l’avv. Silvio Ferrara che lo rappresenta
e difende per procura in calce al ricorso

ricorrente –

contro
Ministero

dell’Interno-Questore di Milano

avverso

l’ordinanza 22.10.2012 del GdP di Milano; udita la relazione

intimati –

della causa svolta nella c.d.c del 22.10.2013 dal Cons. Luigi MACIOCE;
presente il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Carmelo Sgroi che ha concluso come da relazione.
RILEVA
Il Collegio che il relatore designato nella relazione depositata ex art. 380
bis c.p.c. ha ricostruito la vicenda nel senso di cui appresso.
Il cittadino della Tunisia Sami JEDDI, fatto accesso in Italia dalla
Svizzera, venne espulso con decreto del Prefetto di Varese 19.10.2012
adottato ex art. 13 c. 2 lett. B del d.lgs. 286/1998 e, fatto segno a misura di accompagnamento coattivo, venne medio tempore ristretto presso
il CIE di Milano-Corelli con provvedimento 19.10.2012 del Questore di
Varese; in data 22.10.2012 il GdP di Milano, sentito l’interessato ed il
suo difensore (che faceva cenno ad un suo rientro in Italia finalizzato al
completamento di una pratica di protezione internazionale-permesso

Data pubblicazione: 05/12/2013

umanitario), con decreto a verbale convalidò la misura di trattenimento.
Solo in data 17.12.2012 il Giudice di Pace di Varese annullò l’espulsione
(anche in ragione della sentenza del Tribunale di Napoli 20.12.2011 che
aveva accolto la domanda dello 3eddi di concessione del permesso umanitario).
Per la cassazione di tale ordinanza il Jeddi ha proposto ricorso con tre
motivi notificandolo il 21.12.2012 al Ministero dell’Interno ed alla Questura di Milano, che non hanno svolto difese. Il relatore ha concluso nel

articolati motivi; la difesa del ricorrente ha depositato ampia memoria
critica auspicando un mutamento di giurisprudenza in ordine all’ambito
del controllo di legalità in sede di convalida.
OSSERVA
Il Collegio condivide pienamente la proposta e ritiene che le osservazioni
critiche di cui alla memoria non siano condivisibili.
Il primo ed il secondo motivo denunziano violazione di legge per avere il GdP convalidante omesso di indagare anche in via officiosa sulla
verità delle deduzioni poste a verbale (afferenti la detta “pratica” pendente di protezione internazionale) e che avrebbero determinato, ove
accertate, la inefficacia della espulsione 19.10.2012 e del correlato provvedimento di trattenimento, anche in ragione della esclusione – sulla
loro base – dell’affermato pericolo di fuga. Ad avviso del Collegio dette
censure non appaiono accoglibili. La genericità delle deduzioni innanzi al
GdP convalidante viene solo nel ricorso in disamina precisata con la affermazione per la quale il Tribunale di Napoli avrebbe con sentenza
20.12.2011 accolto la domanda di concessione del permesso umanitario,
sì chè da tal decisione sarebbe scaturita la scelta dello JEDDI di rientrare
in Italia per completare con i rilievi dattiloscopici la procedura di ottenimento del concesso titolo. Di qui la erroneità della scelta del convalidante di ignorare i riferimenti alla procedura stessa articolati a verbale. Ad
avviso del Collegio, va ribadita la inesistenza di alcun obbligo di indagine
officiosa di natura completiva del GdP convalidante, tenuto solo a verificare ex actis

la esistenza ed efficacia del decreto presupposto di e-

spulsione (oltre che le condizioni di legalità della misura di trattenimento). La diversa ipotesi che auspica la difesa del ricorrente in memoria,
forte di precetti impositivi della effettività della tutela provenienti sia
dalla Corte Europea sia dalle direttive dell’Unione, si scontra con un sistema nazionale- assolutamente completo, razionale e conforme ai precetti comunitari che vede assegnata all’espellendo una doppia tutela,
quella a cognizione piena ed a domanda propria del ricorso avverso la

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senso che sia evidente la totale infondatezza del ricorso, nei suoi tre

espulsione e quella officiosa (ma immediata) sulle condizioni di legalità
della misura restrittiva della sua libertà personale. Da un canto non si
scorge come in un procedimento mosso da richiesta del Questore ed avente ad oggetto la verifica delle condizioni per adottare misura restrittiva incidente sulla libertà, sia configurabile un controllo officioso
sull’intera gamma di invalidità dell’atto presupposto della misura
(l’espulsione) che devono essere rimesse alla iniziativa accusatoria
dell’interessato e non affidate alla delibazione ex officio di un giudice di

(oggettivi ed automatici) della misura personale. Dall’altro canto le doglianze afferenti la incongruità di una detenzione temporanea di un soggetto che abbia già visto un Tribunale imporre all’Amministrazione la
concessione del titolo di soggiorno umanitario (come nella specie) e che
avrebbe visto di lì a poco annullata dal Giudice di Pace la misura espulsiva, si scontrano, semmai, con la indisponibilità di immediati rimedi
cautelari-sospensivi del Giudice di Pace in ordine alla espulsione (suina
cui ragionevolezza non è dato in questa sede, per totale irrilevanza, pronunziare)
Va infatti precisato che, quand’anche in udienza di convalida al GdP
fosse stato offerto il preciso riferimento alla sentenza 20.12.2011 del
Tribunale di Napoli, il chè non è stato a leggere il verbale, non da questo quel GdP avrebbe potuto trarre argomenti per negare la convalida.
Ed infatti, l’insorgere del diritto ope judicis ad ottenere il permesso umanitario, ha inciso sulla validità della espulsione 19.10.2012 solo quando
detta invalidità è stata dichiarata dal giudice della opposizione ad essa
nel mentre nessuna inefficacia quella sentenza di Napoli avrebbe indotto
in via automatica sulla espulsione , detta inefficacia della espulsione essendo correlabile solo alla concessione del permesso umanitario ad opera del Questore. E pertanto la stessa (non avvenuta) prospettazione specifica della decisione giudiziaria sul diritto al p.u. non avrebbe avuto rilievo alcuno in sede di convalida del trattenimento, posto che, come
dianzi detto, tale decisione ben avrebbe dovuto e ben è stata esaminata
dal (solo) giudice della opposizione ad espulsione.
Del pari ed ancora, quanto alla questione della contraddizione della
situazione de qua con l’asserito pericolo di fuga, essa è denunziata in
modo generico e privo di rilievo, non scorgendosi come il GdP convalidante avrebbe potuto dar credito alla mera affermazione dell’espulso di
essere rientrato per completare una indeterminata “pratica di asilo”;
Il terzo motivo del ricorso evidenzia una denunzia della supina adesione del GdP alla giurisprudenza della Corte di legittimità afferente il

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pace, astretto da tempi brevissimi a verificare i presupposti di legge

limitato controllo del convalidante sull’atto espulsivo presupposto, tal
limite evidenziando un contrasto con le norme della CEDU: il rilievo,
come già affermato dianzi, è privo di fondamento posto che
l’ordinamento nazionale offre allo straniero espulso una doppia piena e
completa tutela, quella diretta avverso l’espulsione e quella limitata
della misura esecutiva od interinale la quale è diretta alla verifica dei
presupposti suoi propri ed è estesa alla verifica di esistenza ed efficacia
dell’atto presupposto; in tal quadro non si scorge alcun fumus di contra-

sfera della fase della cognizione sulla espulsione la valutazione dei dubbi
di ragionevolezza sulla mancanza di immediatezza della fase stessa.
Per tali ragioni si rigetta il ricorso senza che sia luogo a regolare le
spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso
Così deciso nella c.d.c. della S ta Sezione Civile il 22.10.2013.

sto con le invocate norme internazionali, e semmai appartenendo alla

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