Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27330 del 19/12/2011

Cassazione civile sez. II, 19/12/2011, (ud. 26/10/2011, dep. 19/12/2011), n.27330

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. NUZZO Laurenza – rel. Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5678-2006 proposto da:

C.A. (OMISSIS), C.O.

(OMISSIS), C.A.T. (OMISSIS),

C.E. (OMISSIS), L.I.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PREMUDA 3,

presso lo studio dell’avvocato VITELLI CLAUDIO, che li rappresenta e

difende;

– ricorrenti –

contro

F.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLE ALPI 30, presso lo studio dell’avvocato CAIANIELLO

SALVATORE, rappresentato e difeso dall’avvocato CORVINO UMBERTO;

– controricorrente –

e contro

D.P.R., F.P.M., F.A.G.

A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5434/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 22/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/10/2011 dal Consigliere Dott. NUZZO Laurenza;

Udito l’Avvocato Michele GIANNOSO, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato Claudio VITELLI, difensore dei ricorrenti che si

riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per accoglimento del primo

motivo assorbito il secondo motivo di ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione, ritualmente notificato, I.L., C.A., C.A.T., C. O. ed C.E. convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, F.V., D.P.R., F. P.M. e F.A.G.A., chiedendo determinarsi l’esatto confine tra i fondi di proprietà delle parti, con condanna dei convenuti al rilascio della porzione di fondo occupata senza titolo ed alla demolizione del manufatto costruito lungo la linea di confine.

Si costituivano i convenuti, chiedendo il rigetto delle domande ed, in via riconvenzionale, la declaratoria del loro acquisto per usucapione o accessione invertita della porzione di fondo da loro eventualmente occupata. Con sentenza 15.1.01 il Tribunale rigettava la domanda degli attori e li condannava al pagamento delle spese processuali.

Avverso tale sentenza i soccombenti proponevano appello cui resistevano gli appellati.

Con sentenza 12.11.2004 la Corte di Appello di Roma rigettava l’appello, condannando gli appellanti al pagamento delle spese processuali.

La Corte di merito rilevava che dalla espletata istruttoria risultava provato il possesso ultraventennale dell’immobile de quo, nell’attuale posizionamento del manufatto e del muro divisorio, da parte degli appellati e del loro dante causa.

L.I., C.A.T., C.O., C.A. e C.E. propongono ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso F.V., eccependo la nullità della notifica del ricorso in quanto effettuata in luogo diverso rispetto all’elezione di domicilio in atti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorrenti deducono:

1) violazione di legge e difetto di motivazione, ex art. 360 c.p.c., in relazione alla immotivata diversità di valutazione delle dichiarazioni rese dai testi Fr. ed O.;

la Corte di appello aveva dichiarato attendibile il teste O., senza spiegarne il motivo, per poi dichiarare attendibile anche il teste Fr., le cui affermazioni erano in insanabile contrasto con quelle dell’ O., laddove quest’ultimo aveva dichiarato che il muro di confine era in sito sin dal 1974 e che il Fr. si era solo occupato del piccolo manufatto; secondo quanto riferito dal Fr. stesso, invece, detto muro gli era stato commissionato ed era stato realizzato in un luogo ove non vi era recinzione;

2) violazione di legge e difetto di motivazione ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione all’art. 1146 c.c. e art. 112 c.p.c.; i giudici di appello avevano escluso che la successione nel possesso di cui all’art. 1146 c.c. richiedesse una espressa e separata domanda autonoma, a fronte della possibilità, prevista dalla legge, di sommare il possesso dell’avente causa con quello del dante causa, non considerando che, nella specie, non vi era alcuna prova dell’esistenza di una qualsiasi recinzione prima del 1980 e che, in ogni caso, “l’accessio possessionis”, nella specie, non era stata mai domandata nè allegata dai resistenti.

Va, innanzitutto, rilevato che non è dato ravvisare il vizio di notifica del ricorso, superato, comunque, dalla attività difensiva svolta dal resistente mediante il controricorso.

I motivi di ricorso attengono a questioni già esaminate dalla Corte territoriale e risolte con corretta e logica motivazione, incensurabile, quindi, in sede di legittimità. In particolare, a pag. 3 della sentenza impugnata, i giudici di appello hanno congruamente motivato l’attendibilità del teste O., escludendo che le dichiarazioni da questi rese fossero smentite da quelle del teste Fr., avendo quest’ultimo riferito che l’ O. lo aveva incaricato, nel 1979, di costruire un muro di divisione fra la sua proprietà e quella degli attuali ricorrenti, dicendogli che “il muro di divisione doveva sostituire una recinzione che era stata rimossa”; il Fr. aveva, inoltre, precisato che il marito della ricorrente L.I., deceduto nel (OMISSIS), aveva aiutato esso Fr. e l’ O., a realizzare il muro che doveva servire come confine tra le due proprietà; da tale circostanza il giudice di appello ha, quindi, tratto la logica conseguenza che il muro de quo, costruito nel 1980, “essendo stato realizzato addirittura con l’aiuto del marito di L.I., non poteva che insistere sulla stessa linea di confine su cui si trovava la precedente recinzione”. Quanto alla seconda doglianza occorre ribadire quanto già rilevato nella sentenza impugnata, in ordine alla possibilità di sommare il possesso dell’avente causa con quello del dante causa per espressa previsione di legge, ai sensi dell’art. 1146 c.c., ipotesi che prescinde, ai fini del calcolo del termine per l’usucapione, da una separata ed espressa domanda di chi invoca l’acquisto per usucapione ove, come avvenuto nella specie, il giudice di merito abbia dato conto del precedente possesso del dante causa.

Come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, il trapasso del possesso dall’uno all’altro dei successivi possessori si ricollega e trova la sua giustificazione in un titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà o altro diritto reale su un bene, che disponga la sostituzione di un soggetto ad un altro, poichè l’art. 1146 c.c. ricollega espressamente alla qualità di successore a titolo particolare nel diritto la facoltà di unire il proprio possesso a quello del dante causa (Cass. n. n. 12034/2000; n. 8502/2005).

Il ricorso, alla stregua di quanto osservatola respinto. Consegue, secondo il principio della soccombenza, la condanna dei ricorrenti al pagamento, in favore di F.V., delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali in favore di F.V., liquidate in Euro 1.800,00 oltre Euro 200,00 per spese ed oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2011

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