Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2733 del 08/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 08/02/2010, (ud. 10/12/2009, dep. 08/02/2010), n.2733

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo

studio dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e difende,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato LUBERTO ENRICO, che lo

rappresenta e difende, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1630/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 29/11/2005 R.G.N. 2339/03;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

10/12/2009 dal Consigliere Dott. MAMMONE Giovanni;

udito l’Avvocato MARIO MICELI per delega ROBERTO PESSI;

udito l’Avvocato LUBERTO ENRICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con pronunzia del Tribunale di Firenze veniva dichiarata la nullita’ dell’apposizione del termine all’assunzione dall’1.12.99 di M. F. quale dipendente della Poste Italiane s.p.a., con declaratoria del rapporto di lavoro a tempo indeterminato e con condanna del datore al pagamento delle retribuzioni arretrate.

Proposto appello da Poste Italiane, la Corte d’appello di Firenze con sentenza 25 – 29.11.05 rigettava l’impugnazione. Rilevava il giudice che – nell’ambito del sistema creato dalla L. n. 56 del 1987, art. 23 che aveva delegato le oo.ss. a individuare in sede di contrattazione collettiva nuove ipotesi di assunzione a termine – il contratto era stato stipulato in forza dall’art. 8 del CCNL Poste 26.11.94, come integrato dall’accordo sindacale 25.9.07 per fare fronte ad esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione aziendale e che le assunzioni a termine cosi’ motivate, per autonoma determinazione delle parti collettive stipulanti, erano da ritenere ammesse fino alla data del 30.4.98. Rilevava, altresi’, che in ogni caso Poste Italiane avrebbe dovuto dar prova delle particolari esigenze, diverse dalla mera attuazione del processo di ristrutturazione, precisandone la natura e la collocazione spazio – temporale, in modo da consentire la verifica della rispondenza dell’assunzione alle esigenze in questione.

Avverso questa sentenza Poste Italiane proponeva ricorso per Cassazione, cui rispondeva con controricorso il M.. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso e’ infondato.

Con il primo motivo parte ricorrente deduce violazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 in quanto il giudice di merito assegnerebbe indebitamente natura eccezionale all’ipotesi di contratto a termine prevista della contrattazione collettiva applicativa di detta norma di legge, tanto da ravvisare l’esigenza di limitarne temporalmente l’efficacia.

Con il secondo motivo e’ dedotta violazione dell’art. 1362 c.c. e carenza di motivazione in quanto lo stesso giudice avrebbe ritenuto non rilevante l’accordo collettivo 18.1.01, avendone limitato la portata a mera funzione di legittimazione a posteriori dei contratti a termine stipulati successivamente alla scadenza del limite temporale del 30.4.98, dopo il quale era venuta meno la legittimazione autorizzatoria della contrattazione collettiva.

Con il terzo motivo Poste Italiane deduce omessa motivazione a proposito dell’eccezione di aliunde perceptum da essa formulata in sede di merito, avendo il giudice rimesso l’esame della questione ad un successivo giudizio sul quantum.

Come gia’ accennato in narrativa, il M. fu assunto a termine a decorrere dall’1.12.99 ai sensi dell’art. 8 del ccnl 26.11.94, come integrato dall’accordo 25.9.97, per “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, quale condizione per la trasformazione della natura giuridica dell’Ente ed in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”.

Partendo dalla disamina dei primi due motivi di ricorso, da trattare in unico contesto in ragione del loro evidente collegamento, e’ necessario premettere un richiamo alla giurisprudenza di questa Corte in punto di rapporti tra la L. n. 56 del 1987, art. 23 e la contrattazione collettiva regolatrice del rapporto di lavoro dei dipendenti postali.

La costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., in particolare, Cass. 26.7.04 n. 14011, 7.3.05 n. 4862), specificamente riferita ad assunzioni a termine di dipendenti postali previste dall’accordo integrativo 25 settembre 1997, ritiene che l’attribuzione alla contrattazione collettiva, L. n. 56 del 1987, ex art. 56 del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962 discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessita’ del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessita’ di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato.

Questa Corte (v., ex plurimis, Cass. 23.8.06 n. 18378), ha confermato le sentenze dei giudici di merito che hanno dichiarato illegittimo il termine apposto dopo il 30 aprile 1998 a contratti stipulati in base alla previsione dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997, che ha consentito l’apposizione del termine, oltre che alle fattispecie gia’ previste dall’art. 8 del ccnl 26.11.94, anche nella evenienza di esigenze eccezionali, conseguenti alla fase di ristrutturazione ecc …. Si e’ ritenuto, infatti, che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilita’ di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230 nonche’ dal D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 1 conv. dalla L. 15 marzo 1983, n. 79 – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati all’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge (v. S.u. 2.3.06 n. 4588).

Dato che in forza di tale delega le parti sindacali hanno individuato, quale nuova ipotesi di contratto a termine, quella di cui al citato accordo integrativo del 25.9.97, la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto corretta l’interpretazione dei giudici di merito che, con riferimento al distinto accordo attuativo sottoscritto in pari data ed al successivo accordo attuativo sottoscritto in data (OMISSIS), ha ritenuto che con tali accordi le parti abbiano convenuto di riconoscere la sussistenza fino al 31.1.98 (e poi in base al secondo accordo attuativo, fino al 30.4.98), della situazione di cui al citato accordo integrativo, con la conseguenza che per far fronte alle esigenze derivanti da tale situazione l’impresa poteva procedere (nei suddetti limiti temporali) ad assunzione di personale straordinario con contratto tempo determinato. Da cio’ deriva che deve escludersi la legittimita’ dei contratti a termine stipulati per il soddisfacimento di esigenze eccezionali ecc. dopo il 30 aprile 1998, in quanto privi di presupposto normativo.

La giurisprudenza ha, altresi’, ritenuto corretta, nella ricostruzione della volonta’ delle parti come operata dai giudici di merito, l’irrilevanza attribuita all’accordo 18.1.01 in quanto stipulato dopo oltre due anni dalla scadenza dell’ultima proroga, e cioe’ quando il diritto del soggetto si era gia’ perfezionato.

Ammesso che le parti avessero espresso l’intento di interpretare autenticamente gli accordi precedenti, con effetti comunque di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate senza la copertura dell’accordo 25.9.97 (scaduto in forza degli accordi attuativi), la suddetta conclusione e’ comunque conforme alla regala iuris dell’indisponibilita’ dei diritti dei lavoratori gia’ perfezionatisi, dovendosi escludere che le parti stipulanti avessero il potere, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica (previsto solo per lo speciale settore del lavoro pubblico, secondo la disciplina nel D.Lgs. n. 165 del 2001), di autorizzare retroattivamente la stipulazione di contratti a termine non piu’ legittimi per effetto della durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12.3.04 n. 5141).

Il giudice di merito ha fatto applicazione dei suddetti principi e, considerato che il contratto in considerazione era motivato dal soddisfacimento di esigenze eccezionali ecc. ed era riferito a periodo successivo al 30.4.98, ha ritenuto nullo il termine ad esso apposto ed ha dichiarato che dall’inizio dello stesso decorre il rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Essendo tale pronunzia conforme alla giurisprudenza di questa Corte, i primi due motivi debbono essere ritenuti infondati.

Quanto al terzo motivo di ricorso, non sussiste la denunziata carenza di motivazione.

Il giudice di appello, interpretando la domanda in punto di risarcimento del danno formulata dall’attore, ne ha rilevato la genericita’, essendosi questi limitato a parametrare il danno a tutte le mensilita’ maturate e maturande, senza precisazione di elementi utili alla loro quantificazione. Ha, pertanto, ritenuto che la condanna formulata dal primo giudice sul punto – confermata peraltro in appello – avesse natura di pronunzia generica, eseguibile solo all’esito del successivo giudizio di quantificazione, e che solo in quest’ultimo giudizio ci sarebbe stato spazio per prendere in esame l’eccezione dell’aliunde perceptum proposta dal datore di lavoro e dare attuazione al principio che dalla misura del risarcimento del danno deve essere dedotto quanto percepito dal lavoratore per i compensi percepiti per prestazioni lavorative eseguite successivamente alla cessazione del contratto a termine.

Trattasi di motivazione congrua che non pregiudica affatto la parte che aveva proposto l’eccezione, il che comporta l’infondatezza anche del terzo motivo.

Il ricorso e’ in definitiva infondato e deve essere rigettato.

Le spese del presente giudizio di legittimita’, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese che liquida in Euro 32,00 per esborsi ed in Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa.

Cosi’ deciso in Roma, il 10 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2010

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