Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27327 del 29/12/2016


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Cassazione civile, sez. trib., 29/12/2016, (ud. 06/12/2016, dep.29/12/2016),  n. 27327

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25635-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

VIM VENDITA INGROSSO MEDICINALI SRL in persona dell’Amm.re Unico e

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA SICILIA 66, presso lo studio dell’avvocato AUGUSTO FANTOZZI, che

lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ALDO PERCOCO,

ROBERTO ESPOSITO giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 176/2010 della COMM. TRIB. REG. di POTENZA,

depositata il 09/08/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/12/2016 dal Consigliere Dott. MARULLI MARCO;

udito per il ricorrente l’Avvocato TIDORE che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato ESPOSITO che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO ALBERTO che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo di

ricorso e il rigetto degli altri.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1.1. Con sentenza in data 9.8.2010 la CTR Basilicata ha rigettato l’appello dell’ufficio avverso la decisione che in primo grado su ricorso della VIM s.r.l. aveva provveduto ad annullare l’avviso di accertamento notificato alla parte a rettifica dei redditi dichiarati per l’anno 2003 in dipendenza di presunte cessioni realizzate in evasione di imposta e di costi ritenuti indeducibili in quanto non determinati e non inerenti.

La CTR, investita del gravame erariale, ha ritenuto di doverlo rigettare condividendo, quanto ai ricavi originati dalle presunte cessioni in nero, l’assunto del primo giudice che li aveva giudicati “insussistenti… soprattutto perchè a fronte di attività svolte in più sedi non si poteva fare riferimento ad una sola delle unità operative, ma bisognava tenere conto dell’intera e complessa movimentazione” ed andava inoltre considerato che la verifica aveva riguardato un breve periodo; ed affermando, quindi, quanto ai costi non determinati, che questi, “risultando da documenti aventi tutti gli elementi necessari alla loro quantificazione, assolvono pienamente in corretta interpretazione della norma al requisito dell’oggettiva determinabilità”, a nulla rilevando in contrario che trattavasi di fatture per un importo fisso mensile e che non vi fosse un contratto di fornitura; e, quanto ai costi non inerenti, che è lo stesso appellante a riconoscere che essi si riferiscono “a trasporti connessi con l’attività e regolarmente effettuati”, a nulla rilevando in contrario il fatto che il trasporto fosse avvenuto nella specie con mezzi di altre ditte, valendo invero ai fini dell’inerenza che il trasporto fosse funzionale all’attività svolta. Avverso detta decisione ricorre ora a questa Corte l’Agenzia con un ricorso affidato a sei motivi, cui replica la parte con controricorso. Il collegio ha autorizzato l’adozione della motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.1. Con il primo ed il secondo motivo di ricorso – alla cui ammissibilità non ostano pregiudizialmente il difetto di autosufficienza che la controricorrente argomenta in relazione all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, atteso che il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa non richiede un’esposizione analitica e particolareggiata di essi essendo sufficiente che si rinvengano, come qui, gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni assunte dalla parti, senza necessità di ricorso ad altre fonti (1926/15; 7825/06; 4403/06); che la spillatura di alcune parti delle produzioni documentali non lede il principio di autosufficienza del ricorso allorchè sia accompagnata da un’esposizione dei motivi e dei fatti di causa la quale già di per sè – per puntualità e completezza di riferimenti e, se del caso, di trascrizioni – complessivamente risponda in modo idoneo al detto principio rispetto al quale l’atto spillato svolge una funzione integrativa e non già sostitutiva degli elementi essenziali del ricorso (SS.UU. 4324/14); e che il divieto di censure cumulative non opera allorchè il motivo evidenzi comunque specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (SS.UU. 7770/09) – l’Agenzia ricorrente lamenta, in relazione al disconoscimento della presunzione in punto di cessioni al nero, che la CTR è incorsa in pari tempo nella violazione del D.P.R. n. 441 del 1997, artt. 1 e 4, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, artt. 2697, 2727 e 2728 c.c., ed in un vizio di insufficiente motivazione, posto che, sebbene il rilievo fosse scaturito da una ricostruzione a valore delle giacenze di magazzino che aveva evidenziato un costo del venduto superiore ai ricavi dichiarati e che aveva perciò indotto l’ufficio ad applicare la presunzione di cessione di cui alle prime norme citate, la CTR “non aveva affatto valutato che l’elemento giustificativo della pretesa fiscale è la presunzione sopra indicata”, che è fonte di una presunzione legale relativa a prova vincolata (primo motivo) e laddove aveva rilevato la brevità del periodo analizzato, “non aveva fatto buon governo dei documenti processuali” ed in particolare non aveva considerato la natura parziale della verifica, accogliendo le tesi difensive della parte “senza fornire evidenza alcuna degli elementi di prova” che ne giustificano l’accoglimento (secondo motivo).

2.2. Il motivo di diritto è fondato sicchè è assorbito il vizio motivazionale.

Invero questa Corte ha già avuto occasione di affermare che “in tema di accertamento delle imposte sul reddito, in caso di “differenze inventariali”. ovvero differenze registrabili tra le quantità di merci giacenti in magazzino e quelle desumibili dalle scritture di carico e scarico, operano le presunzioni di cessione e di acquisto dei beni in evasione di imposta, di cui al D.P.R. 10 novembre 1997, n. 441, art. 44, annoverabili tra le presunzioni legali cosiddette “miste”, che consentono, entro i limiti di oggetto e di mezzi di prova stabiliti a fini antielusivi, la dimostrazione contraria da parte del contribuente, il quale sarà tenuto a provare, con le modalità tassativamente indicate dal D.P.R. n. 441 del 1997, artt. 1 e 2, che la contrazione registratasi nella consistenza del magazzino è frutto dell’impiego produttivo dei beni e non di cessioni o acquisizioni non contabilizzate” (10915/15).

Erra perciò manifestamente il giudice d’appello nel disattendere le differenze inventariali scaturite dalle indagini sulla consistenza del magazzino effettuate dai verificatori che sono fonte, come visto, di una presunzione legale suscettibile di legittimare la prova di cessioni operate “in nero” se non debitamente resistita a mezzo delle prove consentite dal citato D.P.R. n. 441 del 1997.

3.1. Con il terzo e quarto motivo di ricorso l’Agenzia ricorrente lamenta, in relazione ai costi ritenuti indeducibili perchè indeterminati, che la CTR è incorsa in pari tempo nella violazione dell’art. 75, commi 1 e 2, Tuir in allora vigente e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 2, ed in un vizio di insufficiente motivazione, posto che l’indeducibilità era stata motivata dalla circostanza che “si trattava di prestazioni di servizio carenti di documenti, fatturate mensilmente per un importo fisso e comunque rese in assenza di un contratto di fornitura delle stesse” (terzo motivo) e che la CTR “non aveva esaminato con la dovuta attenzione il fatto che le fatture che documentano i costi in questione non consentono la loro oggettiva determinabilità” (quarto motivo).

3.2. Il terzo motivo è fondato e la sua fondatezza assorbe il vizio motivazionale denunciato con il quarto motivo.

Si impone a conferma il richiamo al principio già enunciato da questa Corte secondo cui, spettando al contribuente in ossequio alle norme in indirizzo l’onere della prova dell’esistenza dei costi deducibili, non è sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore, occorrendo anche che “esista una documentazione di supporto” da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa” (21184/14). A ciò si aggiunga, ancora richiamando la giurisprudenza di questa Corte, che non è idonea a questo fine una fattura che “non consente d’identificare l’oggetto della prestazione, di cui deve indicare natura, qualità e quantità che e non risponde alle finalità di trasparenza e conoscibilità di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, funzionali alle attività di controllo e verifica dell’Amministrazione finanziaria” (21980/15).

Onde, perchè pronunciata in violazione di questi principi – segnatamente in relazione alle fatture emesse dalla Tranfarma, che, pure in difetto di una qualsiasi documentazione contrattuale e a fronte della generica descrizione dell’attività prestata, assommano al considerevole importo di Euro 654000,00+IVA e che del costo in questione rappresentano la porzione più consistente – la decisione impugnata va necessariamente cassata.

4.1. Con il quinto e sesto motivo di ricorso l’Agenzia ricorrente lamenta, in relazione ai costi ritenuti indeducibili perchè non inerenti, che la CTR è incorsa in pari tempo nella violazione dell’art. 75, comma 5, Tuir in allora vigente ed in un vizio di insufficiente motivazione, posto che la ritenuta indeducibilità era motivata nella specie dalla circostanza che parte dei trasporti attestati dai documenti di spesa in verifica “era stata realizzata con automezzi di proprietà Transfarma s.r.l.”, sicchè non sussiste il richiesto requisito di inerenza atteso che le imprese autotrasportatrici “avrebbero dovuto fatturare nei confronti della Transfarma la quale successivamente si sarebbe dovuta rivalere nei confronti della VIM s.r.l.”.

4.2. Il motivo è infondato.

Premesso che, sebbene il motivo denunzi anche un vizio motivazionale, la successiva illustrazione non ne reca tuttavia traccia, sicchè la disamina può essere ristretta al solo motivo di diritto, va invero ricordato che, ancorchè sia onere della parte provare l’inerenza del costo, l’amministrazione può dubitare dell’attendibilità della fattura, altrimenti documento idoneo a rappresentare un costo dell’impresa, sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti.

Ora, nella specie, la ripresa a tassazione dei costi relativi alle prestazioni di autotrasporto effettuate da alcuni ditte è giustificata dai verificatori con la considerazione che costoro si erano serviti per dar seguito ai trasporti commessi di mezzi della Transfarma, sicchè avrebbero dovuto fatturare a questa le prestazioni effettuate e solo successivamente questa avrebbe potuto fatturare a sua volte le stesse prestazioni alla committente VIM. Ciò tuttavia non vale ad escludere, allorchè la committente ha portato in deduzione il relativo costo, la sussistenza del richiesto requisito di inerenza, poichè se, come correntemente si ritiene, un costo è inerente in quanto sia correlato allo svolgimento dell’attività produttiva, rettamente il giudice d’appello ha affermato che non vale a privare di questa caratteristica il costo dedotto “il fatto che il trasporto sia avvenuto con mezzi di altre ditte, afferendo tale circostanza al rapporto interno fra la ditta fornitrici dei mezzi e il trasportatore ben potendosi questo servire di mezzi di trasporto concessi da terzi”.

5. Rigettati perciò il quinto ed il sesto motivo di ricorso, vanno accolti il primo ed il terzo, assorbiti il secondo ed il quarto. Debitamente cassata nei limiti dei motivi accolti la causa va rinviata avanti alla CTR Basilicata per il seguito a mente dell’art. 383 c.p.c., comma 1.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso, dichiara assorbiti il secondo ed il quarto motivo ed infondati il quinto ed il sesto motivo; cassa l’impugnata sentenza nei limiti dei motivi accolti e rinvia la causa avanti alla CTR Basilicata che, in altra composizione, provvederà pura alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Cosi deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 5^ sezione civile, 6 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2016

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