Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27320 del 30/11/2020

Cassazione civile sez. I, 30/11/2020, (ud. 27/10/2020, dep. 30/11/2020), n.27320

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5936/2015 proposto da:

Enpam Real Estate S.r.l., a Socio Unico, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Largo

Trionfale n. 7, presso lo studio dell’avvocato Mannucci Luigi, che

la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

BMT S.r.l. con Socio Unico, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Giovanni Nicotera n.

31, presso lo studio dell’avvocato Zoppini Andrea, che la

rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5862/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/10/2020 dal cons. IOFRIDA GIULIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 5862/2014, depositata in data 25/9/2014, ha respinto l’impugnazione proposta dall’Enpam Real Estate srl nei confronti della BMT srl, avverso il lodo arbitrale emesso il 2/3/2013, con il quale, accertato il grave inadempimento della locatrice Enpam, è stato risolto il contratto di locazione ultranovennale inter partes, stipulato nel 2000 tra l’ENPAM (oggi Fondazione Enpam) e la Di.S.Co. srl (cui era subentrata la B.M.T. srl), relativo ad immobile, di proprietà dell’Ente pubblico, in Abano Terme, destinato ad attività alberghiera, con condanna dell’Enpam al pagamento di Euro 6.992.602,76, oltre ai canoni corrisposti dopo il luglio 2012 ed accessori.

In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto che: a) era infondata l’eccepita nullità della domanda di arbitrato, della nomina dell’arbitro e del difensore da parte della BMT, e per l’effetto del lodo arbitrale, per mancata ratifica dell’operato del Dott. M., amministratore delegato della BMT, da parte della società, stante il contenuto del verbale del consiglio di amministrazione del 16/3/2011, prodotto tempestivamente sia pure in copia non autenticata, avente ad oggetto l’espressa ratifica “dell’operato sin qui svolto” dal M.; b) era infondata l’eccepita inefficacia e nullità della clausola compromissoria (e per l’effetto del lodo), per mancata specifica approvazione scritta, ex artt. 1341 e 1342 c.c., non operando la disciplina sulle c.d. clausole vessatorie in presenza di un contratto frutto, non di unilaterale predisposizione per una pluralità di contratti ma, per stessa ammissione della parte appellante, di ampia negoziazione tra le parti originarie (con opponibilità delle clausole contrattuali alla società succeduta all’originario locatore); c) non risultava violato il contraddittorio, perchè pretermessa la Fondazione Enpam, nuda proprietaria dell’immobile, trattandosi di soggetto estraneo al contratto in cui è subentrato la Enpam Real Estate srl, usufruttuaria (dal 2007). Avverso la suddetta pronuncia, Enpam Real Estate srl a socio unico propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti di BMT srl a socio unico (che resiste con controricorso).

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione degli artt. 75,83,156 e 810 c.p.c., art. 829 c.p.c., n. 2, avuto riguardo alla nomina dell’arbitro e del difensore come effettuate dalla BMT srl con socio unico, con l’atto notificato il 21/3/2011, in quanto l’amministratore delegato M. era privo dei necessari poteri di rappresentanza legale, essendogli stati delegati solo i poteri di ordinaria amministrazione, ed il verbale del marzo 2011, volto a dimostrare la presunta intervenuta ratifica da parte del Consiglio di amministrazione, era stato prodotto tardivamente, oltre il termine assegnato dal Collegio arbitrale, e comunque non aveva alcuna efficacia sanante della carenza dei poteri del Dott. M., valendo solo per il futuro operato; b) con il secondo motivo, la violazione dell’art. 829 c.p.c., e art. 15 del contratto di locazione e art. 1341 c.c., comma 2, stante la mancata specifica approvazione scritta della clausola compromissoria prevista dall’art. 15 del contratto, sottoscritta dal solo conduttore e non anche dal locatore; c) con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione degli artt. 101 e 102 e 829 c.p.c. e artt. 1004 e 1005 c.c., stante la omessa integrazione del contraddittorio nei confronti della Fondazione Enpam, nuda proprietaria dell’immobile concesso in locazione e, in quanto tale, soggetto obbligato ex lege ed ex contractu all’esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria dell’immobile e quindi litisconsorte necessario nel giudizio arbitrale.

2. La prima censura è inammissibile.

La Corte d’appello ha compiuto una valutazione in fatto del contenuto del verbale del consiglio di amministrazione del marzo 2011, ritenendolo espressamente rivolto a ratificare l’operato del Dott. M. in ordine alla gestione del contezioso con Enpam e nell’ambito dell’arbitrato previsto nel contratto di locazione, atteso il contenuto inequivoco di alcune espressioni utilizzate; trattasi di apprezzamento incensurabile in sede di legittimità, in quanto sorretto da idonea motivazione (Cass. 28753/2018; Cass. 8876/2006).

Nè viene censurato l’omesso esame ex ar.360 n. 5 c.p.c., di fatto decisivo.

In sostanza, il ricorso, nella parte che qui rileva (non essendo oggetto del presente giudizio di legittimità la questione della nullità o meno del lodo arbitrale per non avere correttamente risolto le questioni preliminari dedotte), denuncia la cattiva interpretazione da parte della Corte d’appello di atti sostanziali (visura camerale della BMT, pag.17, e verbale del Consiglio di amministrazione, pagg. 18 e 21-22) senza indicare l’errore interpretativo commesso dalla Corte d’appello.

Questa Corte ha già chiarito (Cass. 18136/2013; Cass. 2985/2018) che è inammissibile il motivo del ricorso per cassazione, formulato avverso la sentenza della Corte territoriale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con il quale il ricorrente riproponga questioni di fatto già oggetto della decisione arbitrale, atteso che il controllo della Suprema Corte non può mai consistere nella rivalutazione dei fatti, neppure in via di verifica della adeguatezza e congruenza dell’iter argomentativo seguito dagli arbitri.

3. Il secondo motivo è infondato.

Nella specie, la Corte d’appello ha ritenuto che non si vertesse neppure in ipotesi di contratto con predisposizione delle condizioni generali ad opera di uno solo dei contraenti, essendo stato, per stessa ammissione dell’Enpam, il contratto di locazione ultra novennale, contenente la clausola compromissoria (per arbitrato rituale), oggetto di lunga negoziazione nelle singole condizioni contrattuali (vedasi sul tema Cass. 6753/2018: “Possono qualificarsi come contratti “per adesione”, rispetto ai quali sussiste l’esigenza della specifica approvazione scritta delle clausole vessatorie, soltanto quelle strutture negoziali destinate a regolare una serie indefinita di rapporti, tanto dal punto di vista sostanziale (se, cioè, predisposte da un contraente che esplichi attività contrattuale all’indirizzo di una pluralità indifferenziata di soggetti), quanto dal punto di vista formale (ove, cioè, predeterminate nel contenuto a mezzo di moduli o formulari utilizzabili in serie), mentre esulano da tale categoria i contratti predisposti da uno dei due contraenti in previsione e con riferimento ad una singola, specifica vicenda negoziale, rispetto ai quali l’altro contraente può, del tutto legittimamente, richiedere ed apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto, nonchè, a maggior ragione, quelli in cui il negozio sia stato concluso a seguito e per effetto di trattative tra le parti”; Cass. 2208/2002). In sostanza, nello specifico, non ricorreva il presupposto per la operatività della regola della specifica e separata approvazione scritta da parte dell’aderente della clausola compromissoria (per arbitrato rituale), perchè ritenuta ex lege vessatoria, vale a dire il trattarsi di clausola inserita condizioni generali di contratto predisposte da chi le utilizza per regolare una serie di rapporti contrattuali.

Ma, in ogni caso, questa Corte, anche in ambito di tali contratti (o di quelli predisposti mediante moduli e formulari, di cui all’art. 1342 c.c., il cui comma 2 richiama l’art. 1341 c.c., comma 2), ha più volte ribadito che “in tema di condizioni generali di contratto, essendo la specifica approvazione per iscritto delle clausole cosiddette vessatorie (nella specie: clausola compromissoria), ai sensi dell’art. 1341 c.c., comma 2, requisito per l’opponibilità delle clausole medesime al contraente aderente, quest’ultimo è il solo legittimato a farne valere l’eventuale mancanza, sicchè la nullità di una clausola onerosa senza specifica approvazione scritta dell’aderente non può essere invocata dal predisponente” (Cass. 14570/2012; Cass. 20205/2017).

Nella specie, quindi, pur volendo seguire l’assunto della ricorrente, essa, in qualità di usufruttuario dell’immobile subentrato all’originario locatore Enpam nel rapporto di locazione, non poteva far valere la mancata specifica sottoscrizione da parte dell’Enpam, locatore e predisponente del contratto.

Non è oggetto di doglianza la questione della successione a titolo particolare nel rapporto di locazione di Enpam RE con il conseguente trasferimento del vincolo nascente dalla clausola compromissoria con la quale le parti originarie si siano impegnate a deferire ad arbitri rituali ogni e qualsiasi controversia insorta tra le parti circa l’attuazione, l’interpretazione e la risoluzione del contratto (cfr. Cass. 22522/2011).

4. Il terzo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

Il lodo arbitrale aveva ad oggetto domanda di risoluzione contrattuale di un contratto di locazione, in cui Enpam RE era pacificamente subentrata dal 2007, in qualità di usufruttuaria dell’immobile concesso in locazione a terzi.

Ora, non risulta che il rapporto sostanziale oggetto di lite e dedotto nell’arbitrato fosse ” unico e comune a più persone, cosi da non potersi atteggiare se non in maniera identica nei confronti di tutte (litisconsorzio necessario di diritto sostanziale)”(Cass. 3659/1968). La Corte d’appello afferma che la Fondazione Enpam, mera nuda proprietaria dell’immobile, è estranea ormai al rapporto contrattuale, proseguito tra le parti subentranti (essendo anche la BMT a sua volta succeduta all’originaria conduttrice), e che non rilevano nel giudizio arbitrale (e nella relativa impugnazione per nullità) gli eventuali rapporti interni tra usufruttuaria e nuda proprietaria.

La ricorrente si limita ad opporre (e la controricorrente deduce che tale eccezione, sostanziale, di carenza di legittimazione passiva era stata sollevata nel giudizio arbitrale solo all’udienza di precisazione delle conclusioni) che l’asserito litisconsorte necessario pretermesso, la Fondazione Enpam, era l’unico soggetto obbligato ad eseguire i contestati lavori di manutenzione straordinaria dell’immobile locato e quindi tenuto a risarcire il danno lamentato dalla conduttrice.

Peraltro, la doglianza risulta anche infondata alla luce del principio di diritto espresso già da questa Corte, nella sentenza n. 11828/1990: “supposta l’originaria coincidenza fra la posizione di titolare della piena proprietà di un bene e quella di locatore, ove successivamente la piena proprietà, per eventi di carattere dichiarativo o costitutivo venga a scindersi nel senso dell’attribuzione della nuda proprietà e dell’usufrutto rispettivamente a soggetti diversi, la qualità di locatore, in virtù delle disposizioni coordinate degli artt. 981,984 e 999 c.c., si concentra per tutti i riflessi, attivi e passivi, sostanziali e processuali, nel titolare dell’usufrutto, e ciò tanto nella costituzione dell’usufrutto per atto tra vivi, quanto nella costituzione mortis causa”.

5. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 20.000,00, a titolo di compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonchè al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 27 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2020

 

 

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