Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27320 del 29/12/2017

Cassazione civile, sez. trib., 29/12/2016, (ud. 15/11/2016, dep.29/12/2016),  n. 27320

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 17515/2011 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.A., rappresentata e difesa dall’Avv. Paolo Carnevali del

Foro di Macerata ed elettivamente domiciliata in Roma, Via

Portuense, 104, presso lo studio della Dott.ssa Antonia De Angelis,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale delle

Marche n. 98/6/2010, depositata il 10/05/2010.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15

novembre 2016 dal Relatore Cons. Dott. Emilio Iannello;

udito per la ricorrente l’Avvocato dello Stato Roberta Guizzi;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DEL CORE Sergio, il quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con la sentenza in epigrafe la C.T.R. delle Marche ha confermato la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da P.A. avverso il provvedimento di diniego comunicato in relazione a domanda di definizione dei ritardati ed omessi versamenti, presentata dalla ricorrente ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9-bis, ritenendo che a giustificare lo stesso non bastasse il mancato pagamento dell’ultima rata.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate con unico mezzo.

La contribuente resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, artt. 9-bis e 16, nonchè degli art. 12 e 14 disp. gen., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Rileva che, diversamente da quanto affermato dai giudici d’appello, la definizione agevolata prevista dall’art. 9-bis legge cit. si perfeziona con la presentazione della dichiarazione integrativa e il pagamento di tutto il dovuto (anche se rateizzato) nei termini previsti dalla legge, non potendo pertanto ritenersi la conservazione di efficacia della dichiarazione integrativa per effetto del pagamento della sola prima rata, espressamente prevista solo per le ipotesi disciplinate dagli artt. 7, 8, 9, 15 e 16 legge cit..

4. Vanno preliminarmente disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso opposte dalla controricorrente in ragione della “mancata indicazione dell’organo impugnante” e della asserita “nullità e tardività della notifica del ricorso”, poichè effettuata nei confronti del solo Dott. C.G., quale procuratore costituito, e non personalmente alla contribuente.

4.1. Sotto il primo profilo, è appena il caso di rammentare che, con ferma giurisprudenza questa Corte ha, al riguardo, avuto modo di evidenziare che, in tema di contenzioso tributario, stante la rappresentanza legale dell’Agenzia delle entrate in capo al suo direttore generale ed il difetto di personalità giurìdica delle rispettive articolazioni territoriali, non occorre necessariamente indicare nel ricorso per cassazione il nome della persona fisica preposta a tale carica, essendo individuato in modo incontrovertibile, per la circostanza sopradetta, ai sensi del D.Lgs. n. 30 luglio 1999, n. 300, artt. 67 e 68, quale unico rappresentante ed autorizzato ex lege a stare in giudizio davanti alla Corte di cassazione (Sez. 5, n. 5875 del 08/03/2013, Rv. 625908; Sez. 5, n. 22761 del 03/12/2004, Rv. 579393).

4.2. Sotto il secondo profilo, varrà altresì rammentare che, con recente pronuncia, le sezioni unite di questa Corte hanno affermato il principio secondo cui “in tema di ricorso per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie regionali, si applica, con riguardo al luogo della notificazione, la disciplina dettata dall’art. 330 c.p.c.; tuttavia, in ragione del principio di ultrattività dell’indicazione della residenza o della sede e dell’elezione di domicilio effettuate in primo grado, stabilito dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 17, comma 2, è valida la notificazione eseguita presso uno di tali luoghi, ai sensi del citato art. 330 c.p.c., comma 1, seconda ipotesi, nel caso in cui la parte non si sia costituita nel giudizio di appello, oppure, costituitasi, non abbia espresso al riguardo alcuna indicazione” (Sez. U, n. 14916 del 20/07/2016, Rv. 640602).

Nella fattispecie, non è dato dubitare che sussistano le condizioni per ritenere valida, alla stregua del su esposto principio, la notificazione eseguita a mani del difensore costituito nel giudizio d’appello.

5. Il ricorso è fondato.

La questione con esso sollevata trova nella giurisprudenza di questa Corte soluzione ormai ferma nel senso che il condono tributario previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 9-bis (come modificato dalla L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 45 – legge finanziaria per il 2004) ha struttura e funzione (c.d. clemenziale) diversa dalle altre forme di sanatoria previste dagli artt. 8, 9, 15 e 16 della medesima legge. Pertanto, in ipotesi di pagamento rateale, ai fini del perfezionamento del condono – che produce la definizione della lite pendente – non è sufficiente il pagamento della prima o di alcune rate, ma è necessario l’integrale pagamento nei termini perentori stabiliti per il versamento in un’unica soluzione ovvero in tre rate, in difetto restando legittimata l’Amministrazione finanziaria al recupero della originaria imposta dovuta (v. e plurimis Cass. ord. n. 8420 e n. 8149 del 2015).

La Commissione tributaria regionale non si è attenuta all’enunciato principio ed è, quindi, incorsa nella violazione della norma di diritto denunciata.

6. La sentenza impugnata va pertanto cassata in accoglimento del ricorso.

Non richiedendosi ulteriori accertamenti di fatto, è possibile decidere anche nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c..

Trattandosi di soluzione interpretativa consolidatasi successivamente alla proposizione del ricorso, sussistono i presupposti per l’integrale compensazione tra le parti delle spese dei giudizi di merito.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente; dichiara interamente compensate tra le parti le spese dei giudizi di merito, nonchè quelle del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2016

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