Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2732 del 06/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 2732 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 5975-2008 proposto da:
S.P.A. MARIO CIRINO POMICINO P.IVA 01304940636, in
persona del suo amministratore e legale rappresentante
sig. LUIGI CIRINO POMICINO, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA MONTE DELLE GIOIE 13, presso lo studio
dell’avvocato VALENSISE CAROLINA, rappresentata e
difesa dall’avvocato DI NANNI CARLO;
– ricorrente contro

CAVE STRADE S.r.l. P.IVA 04634001004, nella qualita’
di cessionaria del ramo di azienda da IMPRESA S.p.a.

Data pubblicazione: 06/02/2014

(gia’

LOMBARDINI

P.IVA

S.p.a.)

02353280585,

intervenuta con atto notar Massimo Maria Panvini
Rosati di Roma del 7 luglio 2004 (rep. n. 49975 racc. n. 15027), elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA A. BERTOLONI 26-B, presso lo studio dell’avvocato

all’avvocato DORIA GIOVANNI;

controricorrente

avverso la sentenza n. 25/2007 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 04/01/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/12/2013 dal Consigliere Dott. CESARE
ANTONIO PROTO;
udito l’Avvocato CAROLINA VALENSISE, con delega
dell’Avvocato CARLO DI NANNI difensore della
ricorrente, che si riporta agli atti depositati;
udito

l’Avvocato

dell’Avvocato

TETTI-° ‘(4

GT8RG.4-00
LENEA7
con
U.:7-NtYL.
PETB:041
difensore

delega
della

resistente, che si riporta agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per l’accoglimento del primo motivo del ricorso e per
l’assorbimento degli altri motivi.

LENER GIORGIO, che la rappresenta e difende unitamente

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 25/1/1995 la S.p.A. Mario Cirino
Pomicino chiedeva la condanna della S.p.A. Lombardini
al pagamento del residuo prezzo dovuto per forniture

Con sentenza non definitiva del 15/9/2000 il Tribunale
di Napoli accertava l’inadempimento della Lombardini,
la sua decadenza, prevista dagli accordi contrattuali,
dal diritto ad uno sconto stabilito in contratto e
accertava che all’attrice era dovuto l’intero prezzo e
gli interessi contrattuali dalle singole scadenze al
saldo.
Con la sentenza definitiva del 4/6/2002 il Tribunale di
Napoli liquidava la somma dovuta per capitale e
interessi.
Le due sentenze erano separatamente

appellate dalla

Lombardini; la S.p.A. Mario Cirino Pomicino si
costituiva in entrambi i giudizi di appello chiedendo
il rigetto dell’impugnazione; nel giudizio di appello
avverso la sentenza definitiva la società appellata
proponeva anche appello incidentale quanto alla
statuizione sugli interessi.
La Corte

d’Appello di Napoli,

riunite

impugnazioni, con sentenza del 4/1/2007:

3

le due

effettuate.

- accoglieva l’appello della Lombardini limitatamente
all’eccezione di prescrizione degli interessi richiesti
da parte attrice e maturati fino al quinquennio
anteriore alla data (25/1/1995) della citazione
ritenendo inidonea ad interrompere la prescrizione una

relativa a forniture estranee al giudizio; per il resto
rigettava l’appello avverso la sentenza non definitiva;
– dichiarava inammissibile, come richiesto dalla stessa
parte appellata, l’appello avverso

– la sentenza

definitiva e, di conseguenza, dichiarava inefficace ex
art. 334 c.p.c. l’appello incidentale sui criteri di
calcolo degli interessi che dichiarava comunque
assorbito dalla pronuncia di prescrizione per il
decorso del termine quinquennale.
La S.p.A. Mario Cirino Pomicino propone ricorso per
cassazione affidato a quattro motivi nei confronti di
Impresa S.p.A., già Lombardini S.p.A., comunque
indicate con lo stesso numero di codice fiscale; la
ricorrente ha depositato memoria.
La CAVE Strade si costituisce quale cessionaria del
ramo di azienda da Impresa S.p.A., già Lombardini
S.p.A. e resiste con controricorso indicando gli
estremi dell’atto notarile di cessione.

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richiesta di pagamento inviata il 20/9/1991 perché

E’ rimasta intimata la Lombardini S.p.A., ora Impresa
S.p.A.
Motivi della decisione
La società Cave Strade in quanto cessionaria di ramo
d’azienda,

successore a titolo particolare nel

il titolo che gli consenta di sostituire il dante
causa) ad impugnare la sentenza resa nei confronti del
proprio dante causa (cfr. Cass. 17/7/2013 n. 17470;
Cass.

8/6/2012 n.

9298)

e a maggior ragione

legittimata a costituirsi per resistere al ricorso.
1. Con il primo motivo la società ricorrente deduce la
violazione e falsa applicazione degli artt. 2938 e 2948
c.c. e dell’art. 112 c.p.c. e sostiene che erroneamente
la Corte di Appello avrebbe ritenuto proposta una
eccezione di prescrizione che invece non sarebbe stata
sollevata né in primo grado, né con l’atto di appello
non

essendo

stata

espressamente

invocata

la

prescrizione e non essendo stati specificati i fatti
posti a fondamento della prescrizione, ma soltanto
ipotizzata incidenter tantum a chiusura delle eccezioni
di merito.
La ricorrente, formulando il quesito di diritto ex art.
366 bis ora abrogato, ma applicabile

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ratione temporis,

diritto controverso e pertanto è legittimata (provando

chiede

se

vizio

costituisca

di

ultrapetizione

l’accoglimento di un’eccezione non esplicitamente
formulata, ma soltanto ipotizzata

incidenter tantum

a

chiusura delle eccezioni di merito.
1.1

Il motivo è infondato.

accertare e valutare il contenuto sostanziale della
domanda (cfr.

ex multis

Cass. n. 5743/2008, Cass. n.

3041/2007, Cass. n. 8107/2006, Cass. n. 18653/2004,
Cass. Sez. Un. n. 10840/2003, Cass. n. 11861/1999); lo
stesso principio deve ritenersi applicabile anche con
riguardo all’interpretazione delle difese e, in
particolare delle eccezioni.
A tal fine, il giudice, in applicazione analogica dei
criteri di ermeneutica contrattuale (trattandosi di
interpretazione di atti di parte e non di atti dotati
la vis normativa) deve considerare non solo il tenore
letterale degli atti, ma anche la natura delle vicende
rappresentate dalla parte, le precisazioni fornite nel
corso del giudizio e il provvedimento concreto
richiesto.
Nella specie, tuttavia, la società ricorrente non
deduce il vizio di motivazione, ma il vizio di
ultrapetizione nel quale sarebbe incorso il giudice di

6

Va premesso che il giudice ha il potere-dovere di

appello applicando la prescrizione malgrado non fosse
stata mai formulata la relativa eccezione.
Questa Corte,

esaminati gli atti processuali in

considerazione della natura processuale del vizio
dedotto, osserva che l’eccezione era stata

non si vede quale altro significato potesse attribuirsi
all’affermazione, contenuta nell’atto di appello con
specifico riferimento alla spettanza degli interessi,
che era decorso il termine prescrizionale dell’art.
2948 c.c. se non proprio quello di dedurre
l’intervenuto prescrizione quinquennale del credito per
interessi.
Né rileva che nelle conclusioni dello stesso atto di
appello non fosse stata specificamente richiesta la
declaratoria di prescrizione degli interessi perché la
richiesta di rigetto della domanda per infondatezza è
comprensiva di tutte le ragioni esposte nell’atto
(compresa l’eccezione di prescrizione che è eccezione
di merito) per le quali si chiede il rigetto della
domanda e la volontà di avvalersi della prescrizione
era chiaramente espressa nell’atto.

7

effettivamente proposta con l’atto di appello; infatti,

L’eccezione di prescrizione ben poteva essere formulata
ai sensi dell’art. 345 c.p.c. nel testo vigente prima
della modifica di cui alla legge n. 353/1990, perché il
giudizio era già pendente alla data (30/4/1995)
dell’entrata in vigore della menzionata legge di

eccezioni nuove in appello.
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la
violazione e falsa applicazione degli artt. 2948, 2946,
1282 e 1224 c.c. censurando la sentenza di appello
nella parte in cui ha ritenuto applicabile la
prescrizione di cui all’art. 2948 n. 4 c.c. anche al
pagamento degli interessi moratori contrattualmente
pattuiti.
La ricorrente, formulando il quesito di diritto, chiede
se gli interessi dovuti sulla somma non pagata a saldo
del prezzo dei beni venduti e su quella che deve essere
restituita per l’intervenuta decadenza dallo sconto
anticipatamente e condizionatamente dovuto, abbiano
carattere di interessi moratori e se siano perciò
soggetti al termine di prescrizione decennale, eguale a
quello valido per il credito cui accedono e non invece
al minor termine della prescrizione quinquennale
prevista dall’art. 2948 n. 4 c.c.

8

riforma che ha invece escluso la proponibilità di

2.1 L’art. 2948 c.c. prevede la prescrizione in cinque
anni di “tutto cio’ che deve pagarsi periodicamente ad
anno o in termini piu’ brevi”

e, in via di mera

esemplificazione, fa riferimento agli

“interessi”;

ne

consegue che in tanto gli interessi sono soggetti alla

legge o per contratto) che il creditore possa ottenerne
il pagamento a scadenze annuali (o inferiori); se
invece gli interessi possono essere reclamati dal
creditore solo unitamente alla somma capitale, gli
stessi non possono essere soggetti ad un termine di
prescrizione diverso, rispetto a quello applicabile al
capitale.
Questa conclusione è coerente non solo con la lettera,
ma anche con la

ratio legis ispirata al principio di

liberare il creditore dalle prestazioni scadute e non
richieste tempestivamente che dipendano da una
debendi

causa

continuativa (cfr. Cass. 29/1/1999 n. 802;

Cass. 13/2/1982 n. 916).
Diversamente

opinando

verrebbe

meno

lo

stesso

presupposto logico che giustifica la speciale
prescrizione breve prevista dalla norma in esame.
(così, in motivazione, Cass. n ° 802/99 cit. con

9

prescrizione quinquennale in quanto sia previsto (per

riferimento agli interessi accessori a debito da
restituzione di mutuo).
Per l’applicazione di questi principi è pertanto
necessario l’esame e l’interpretazione della clausola
contrattuale che prevedeva gli interessi convenzionali

periodica o se costituissero una obbligazione autonoma
rispetto a quella relativa al capitale e se, in altri
termini, fossero privi del carattere di autonomia,
essendo inscindibilmente legati al capitale e non
richiedibili indipendentemente da esso.
L”obbligazione relativa agli interessi è infatti
legata a quella principale sono nel suo momento
genetico, mentre le sue vicende sono indipendenti da
quelle del capitale e degli eventuali atti
interruttivi, con la conseguenza che, costituendo
l’oggetto di una prestazione dovuta in base ad una
causa debendi continuativa l’obbligazione soggiace alla
prescrizione quinquennale ex art. 2948 n. 4 c.c., a
meno che non vi sia una identità di

causa petendi tra

l’obbligazione accessoria e quella principale (come nel
caso di unico debito, comprensivo di capitale e
interessi, rateizzato in prestazioni periodiche (v.
Cass. 27/11/2009 n. 25047).

10

I

al fine di stabilire se gli interessi avessero cadenza

Nella specie,

le clausole contrattuali non sono

integralmente riportate
elementi

per

potere

in ricorso e non emergono
affermare

che

le

stesse

correttamente interpretate, attribuissero agli
interessi la stessa

causa debendi

del capitale e

unitamente alla somma capitale, né tali elementi sono
evincibili dalla sentenza impugnata dalla quale risulta
soltanto che era stato richiesto il pagamento degli
interessi moratori su tutte le somma dovute e non
pagate alle scadenze.
Il motivo deve pertanto essere rigettato.
3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la
violazione e falsa applicazione degli artt. 2943, 1219,
1282 c.c. e il vizio di motivazione della sentenza
nella parte in cui ha escluso l’interruzione della
prescrizione e ha ritenuto inidonea ad interrompere la
prescrizione una raccomandata da lei inviata il
20/9/1991 alla società Lombardini che veniva avvisata
di alcuni insoluti con avvertimento che in mancanza d
riscontro sarebbe stato addebitato lo sconto
condizionato al puntuale pagamento; in allegato, a dire
della ricorrente, era stata spedita anche la nota di
debito n. 94 del 28/6/1991 per interessi di mora per

I’

prevedessero che il creditore potesse reclamarli solo

ritardato pagamento; aggiunge che nella nota di debito
per interessi erano indicati i numeri e le date di due
fatture comprese tra le 21 esaminate dal CTU e sulle
quali andavano calcolati lo sconto e gli interessi
moratori.

raccomandata contenente la richiesta degli interessi
maturati fino a quella data costituisca valido atto
interruttivo della prescrizione, anche relativamente
agli interessi ancora da scadere.
3.1 La Corte di Appello ha escluso l’efficacia
interruttiva della raccomandata del 20/9/1991 non
perché non avesse l’astratta idoneità a interrompere la
prescrizione, ma perché contenente una richiesta di
pagamento (con fattura del 28/6/1991) di forniture
estranee al giudizio; la ricorrente sostiene che alla
raccomandata sarebbe stata allegata una nota di debito
per interessi di mora e che la fattura ritenuta
estranea era invece una nota di debito per interessi su
fatture che erano ricomprese tra quelle oggetto della
domanda giudiziale ed esaminate dal CTU.
La censura da un lato investe un apprezzamento di fatto
e dall’altro richiama una nota allegata non esaminata

12

Nel quesito la ricorrente chiede se l’invio di una

dalla sentenza senza indicare se e quando fosse stata
prodotta; ne discende il rigetto del motivo.
4. Con il quarto motivo la ricorrente deduce la
violazione e falsa applicazione degli artt. 344 e 112
c.p.c. e l’omessa pronunzia nel merito sull’appello

La Corte di Appello, secondo la ricorrente, non avrebbe
dovuto dichiarare inammissibile l’appello avverso la
sentenza

definitiva ma, dopo la riunione dei due

procedimenti (l’appello contro la sentenza non
definitiva e quello contro la sentenza definitiva),
avrebbe dovuto rigettarlo per le stesse ragioni per le
quali aveva rigettato l’appello contro la sentenza non
definitiva perchè fondato sugli stessi motivi per i
quali era stata appellata la sentenza non definitiva.
La ricorrente, dopo che nel giudizio di appello aveva
sostenuto l’inammissibilità dell’appello per difetto
dei motivi (v. pag. 5 della sentenza di appello) ora
invece sostiene che la Corte di Appello avrebbe errato
nel dichiarare l’appello inammissibile e avrebbe dovuto
rigettarlo;

questo errore avrebbe determinato la

pregiudizievole pronuncia di inefficacia del suo
appello incidentale tardivo che invece avrebbe dovuto

13

contro la sentenza definitiva.

essere deciso nel merito se non fosse stata dichiarata
l’inammissibilità dell’appello principale.
La ricorrente, formulando il quesito, chiede se, una
volta rigettato l’appello contro la sentenza non
definitiva, quello proposto contro la sentenza

debba essere rigettato con identica motivazione e non,
invece, dichiarato inammissibile.
4.1 La Corte di Appello ha ritenuto che l’appello
avverso la sentenza definitiva fosse inammissibile
perché non conteneva alcuna censura alla sentenza
definitiva, con la quale era stabilito il quantum e che
era assolutamente autonoma rispetto alla sentenza non
definitiva sull’an

debeatur,

ma si limitava a

riprodurre integralmente i motivi di appello avverso la
sentenza non definitiva.
Pertanto il motivo è manifestamente infondato in quanto
la pronuncia di inammissibilità è pienamente coerente
con la costante giurisprudenza di questa Corte a far
data dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 16 del 2000,
secondo la quale l’appello ha la funzione di

revisio

prioris istantiae fondata sulla denunzia di specifici
“vizi” di ingiustizia o nullità della sentenza
impugnata e, quindi, se l’atto introduttivo è carente

14

definitiva, fondato sui medesimi motivi del primo,

del requisito della specificità dei motivi l’appello è
inammissibile.
In

materia

d’impugnazioni,

il

requisito

della

specificità dei motivi dell’appello postula che alle
argomentazioni

della

sentenza

vengano

impugnata

inficiare il fondamento logico-giuridico delle prime
(cfr. ex

multis

Cass. 27/1/2011 n. 1924); non è

ammissibile un appello che, come nella specie, sia
fondato su motivi del tutto avulsi rispetto alle
argomentazioni

e

alla

decisione

della

sentenza

definitiva, ma fondato su censure che attengono alla
sentenza non definitiva sull’an

debeatur,

a nulla

rilevando, in contrario, la circostanza che i due
processi fossero riuniti in appello in quanto le due
sentenze appellate mantenevano la loro autonomia.
5. In conclusione il ricorso deve essere rigettato; le
spese,

liquidate come in dispositivo,

seguono la

soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società
ricorrente a pagare alla società Cave Strade s.r.l. le
spese di questo giudizio che liquida in euro 2.500,00
per compensi oltre euro 200,00 per esborsi.

15

contrapposte quelle dell’appellante, finalizzate ad

Così deciso in Roma, il 11/12/2013.

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