Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27319 del 29/12/2016


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Cassazione civile, sez. trib., 29/12/2016, (ud. 15/11/2016, dep.29/12/2016),  n. 27319

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 12922/2010 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del suo legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

IL GLOBO S.N.C.;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Liguria, n. 113/03/09, depositata l’11/05/2009.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15

novembre 2016 dal Relatore Cons. Dott. Emilio Iannello;

udito per la ricorrente l’Avvocato dello Stato Roberta Guizzi;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DEL CORE Sergio, il quale ha concluso, in via principale, per la

nullità delle sentenze di merito e remissione degli atti alla

C.T.P. competente; in subordine per l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Pronunciando in controversia relativa all’impugnazione proposta dalla società “Il Globo s.n.c.” avverso un avviso di accertamento con il quale l’Ufficio, in relazione agli anni di imposta dal 1996 al 1999, aveva rettificato il reddito d’impresa (sulla base di p.v.c. redatto dalla Guardia di Finanza che aveva evidenziato l’esistenza di movimentazioni bancarie, desumendo maggiori ricavi non dichiarati e operazioni non fatturate a fini Iva), la C.T.R. della Liguria, con sentenza depositata in data 11/5/2009, ha confermato la sentenza di primo grado che, in parziale accoglimento del ricorso della società contribuente, ha escluso dai ricavi gli importi relativi ai prelevamenti dai conti bancari.

2. Avverso tale decisione propone ricorso l’Agenzia delle entrate sulla base di due motivi.

L’intimata non ha svolto difese nella presente sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia violazione o falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 e dell’art. 53 Cost., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. escluso che i prelevamenti non giustificati dal contribuente possano di per sè giustificare la presunzione di maggiori ricavi e attribuito a tal fine all’Ufficio l’onere di dimostrare il collegamento degli stessi con l’attività della società.

4. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia “motivazione insufficiente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5” in relazione all’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui l’inclusione dei prelevamenti nei ricavi “determinerebbe un risultato economico molto anomalo e al di fuori della realtà, rispetto all’attività esercitata”: affermazione – rileva la ricorrente – del tutto apodittica ed astratta da ogni considerazione riferita alla concreta realtà economica locale ove opera la società e agli specifici motivi di appello al riguardo proposti.

5. Mette conto anzitutto dare atto della ritualità della notifica del ricorso per cassazione effettuata, a mezzo ufficiale giudiziario, a mani del difensore costituito per la società nel giudizio d’appello, non potendosi di contro attribuire rilievo al rifiuto da questo opposto di riceversi l’atto per “non essere più il rappresentante e difensore della società destinataria”.

5.1. Sotto il primo profilo occorre rammentare che, con recente pronuncia, le sezioni unite di questa Corte hanno affermato il principio secondo cui “in tema di ricorso per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie regionali, si applica, con riguardo al luogo della notificazione, la disciplina dettata dall’art. 330 c.p.c.; tuttavia, in ragione del principio di ultrattività dell’indicazione della residenza o della sede e dell’elezione di domicilio effettuate in primo grado, stabilito dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 17, comma 2, è valida la notificazione eseguita presso uno di tali luoghi, ai sensi del citato art. 330 c.p.c., comma 1, seconda ipotesi, nel caso in cui la parte non si sia costituita nel giudizio di appello, oppure, costituitasi, non abbia espresso al riguardo alcuna indicazione” (Sez. U, n. 14916 del 20/07/2016, Rv. 640602).

Nella fattispecie, non è dato dubitare che sussistano le condizioni per ritenere valida, alla stregua del sui esposto principio, la notificazione eseguita a mani del difensore costituito nel giudizio d’appello.

5.2. Quanto poi al rifiuto opposto dal difensore costituito in grado d’appello a riceversi, per i motivi sopra indicati, la notifica del ricorso per cassazione, vale rammentare che, secondo indirizzo altrettanto incontrastato della giurisprudenza di legittimità, il principio in forza del quale, ai sensi dell’art. 138 c.p.c., comma 2 e art. 141 c.p.c., la notificazione deve ritenersi validamente effettuata a mani proprie del domiciliatario, anche quando questi rifiuti di ricevere l’atto, allegando, ad esempio, la rinuncia o la revoca dell’incarico conferitogli dal notificando, qualora tali eventi non siano stati comunicati, ovvero siano stati comunicati senza porre il notificante in grado di eseguire la notificazione altrove, trova applicazione anche con riguardo al ricorso per cassazione (v. Sez. 5, n. 7938 del 20/04/2016, Rv. 639702; Sez. 5, n. 21324 del 03/10/2006, Rv. 593347; Sez. 2, n. 9067 del 20/04/2011, Rv. 616887).

6. Venendo quindi all’esame del ricorso va preliminarmente e con effetto assorbente rilevata, d’ufficio, la nullità della sentenza impugnata per omessa integrazione del contraddittorio, nei confronti dei soci della società.

Occorre infatti rammentare che, secondo consolidato orientamento, a partire dall’arresto di Cass. Civ., Sez. U, n. 14815 del 04/06/2008, Rv. 603330, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone o delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 e dei soci delle medesime, configura un’ipotesi di litisconsorzio necessario, con la conseguenza che il giudizio avente ad oggetto il reddito di una società di persone celebrato, come nel caso di specie, senza la partecipazione di tutti i soci, è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche d’ufficio.

Va pertanto dichiarata la nullità dell’intero giudizio di merito, con cassazione dell’impugnata sentenza e rimessione delle parti avanti al giudice di primo grado, che dovrà disporre l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 14 e procedere a nuovo esame.

Sussistono giusti motivi, in considerazione dell’epoca di proposizione del ricorso rispetto al formarsi della citata giurisprudenza, per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

PQM

La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa l’impugnata sentenza e dichiara la nullità dell’intero processo, compensandone le spese.

Rimette le parti avanti la Commissione Tributaria Provinciale di Savona.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre

2016

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