Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27313 del 19/12/2011
Cassazione civile sez. I, 19/12/2011, (ud. 17/11/2011, dep. 19/12/2011), n.27313
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –
Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –
Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 526-2006 proposto da:
P.D. (C.F. (OMISSIS)), V.V.,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA OVIDIO 20, presso l’avvocato
RESCIGNO DANIELA, rappresentati e difesi dagli avvocati GIARDINI LUCA
G., GIARDINI NERINO, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
M.C.M. (C.F.(OMISSIS)), nella
qualità di erede di P.S., elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso l’avvocato PANARITI BENITO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato AGOSTINI ANDREA, giusta
procura in calce al controricorso;
– controrlcorrente –
avverso la sentenza n. 528/2005 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,
depositata il 24/09/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
17/11/2011 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato BENITO PIERO PANARITI che
ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CAPASSO Lucio che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Il signor P.S. chioso al Tribunale di Pesaro di accertare la sua esclusiva proprietà delle somme e dei titoli depositati sui conti cointestati con il figlio P.D., presso la Banca Nazionale dell’Agricoltura di Pesaro, trattandosi di beni a lui pervenutile per eredità dal fratello P.M., deceduto il (OMISSIS). Alla domanda resistette P. D., e nel giudizio intervenne la madre di questi, V. V.. Entrambi sostennero che con la cointestazione del conto l’attore aveva inteso onorare e pagare, seppure parzialmente, il debito accumulato nei loro confronti in venticinque anni per il loro mantenimento.
2. Contro la sentenza del Tribunale di Pesaro, che aveva accolto la domanda attrice, proposero appello i signori P.D. e V.V.. La signora M.C.M., vedova e erede dell’attore nel frattempo deceduto, resistette al gravame.
La Corte d’appello di ancona, con sentenza 24 settembre 2005, respinse l’appello.
3. Per la cassazione della predetta sentenza notificata il 24 ottobre 2005 ricorrono P.D. e V.V. con atto notificato in data 21 dicembre 2005, per quattro motivi.
M.C.M. resiste con controricorso notificato spedito il 27 gennaio 2006 e con memoria.
4. Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’art. 2735 c.c., perchè la Corte non aveva riconosciuto valore di prova legale alla confessione stragiudiziale di P.S., riferita dalla teste C., giudicata inattendibile perchè amica di famiglia.
E’ preliminarmente da osservare che il giudice d’appello non ha qualificato il contenuto della citata deposizione come confessione stragiudiziale, e che il testo della deposizione riportato in ricorso non giustifica tale qualificazione, giacchè la teste, interrogata sull’episodio che si sarebbe svolto “in occasione della sua visita a Pe. dopo aver ricevuto la notizia dell’eredità”, non ha riferito chi fosse presente alla dichiarazione del P., e ancor meno a chi essa fosse rivolta. La premessa dalla quale muovono i ricorrenti non ha dunque riscontro nella sentenza impugnata. Il motivo è poi inammissibile con riguardo alla valutazione della prova, e specificamente dell’attendibilità del testimone, che è compito del giudice oli merito, non sindacabile in sede di legittimità.
5. Con il secondo motivo si censura l’affermazione del giudice di merito, circa l’irrilevanza della mancata comparizione dell’attore per rispondere all’interrogatorio forma – le deferitogli, perchè i capitoli erano estranei al punto relativo alla volontà dell’attore di adempiere le sue obbli-gazioni nei confronti della prole. Questo giudizio sarebbe in contraddizione con la precedente ammissione di essi.
5.1. Il motivo è inammissibile, perchè il ricorso non riproduce il testo dei capitoli della cui rilevanza si discute .
6. Con il terzo motivo si censura l’utilizzazione da parte della corte territoriale dell’interrogatorio reso da P.D. ai carabinieri di Pesaro. Si sostiene che la dichiarazione resa nella circostanza non poteva, quale confessione stragiudiziale resa a terzi, prevalere sulla prova legale a favore degli odierni ricorrenti; e che la dichiarazione in questione sarebbe pienamente compatibile con la tesi difensiva dello stesso P.D..
6.1. Il primo dei due rilievi è assorbito dal rigetto del primo motivo, che esclude l’esistenza della prova legale invocata. Il secondo rilievo attiene alla ricostruzione del fatto, non consentita nel presente giudizio di legittimità.
7. Con il quarto motivo si denuncia la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui ricostruisce le ragioni per le quali l’attore aveva voluto la cointestazione. Il giudizio espresso sul punto sarebbe in contraddizione con quanto sullo stesso punto si afferma nella sentenza di primo grado.
7.1. Anche a voler trascurare il fatto che il carattere decisivo del punto non è adeguatamente illustrato nel ricorso, è sufficiente ricordare che il vizio di contraddizione della motivazione postula che vi sia contraddizione interna alla sentenza, tra parti diverse di essa, e non è configurabile rispetto ad altri atti o documenti.
8. il ricorso è pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in motivazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione della Corte suprema di cassazione, il 17 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2011